Skinner - Beyond freedom and dignity - Lettura (24d)
//: t 1.0
1. Una tecnologia del comportamento
La proposta di una scienza del comportamento per risolvere le crisi globali, in alternativa agli approcci tecnologici tradizionali.
Il testo delinea i limiti della scienza e della tecnologia fisica e biologica nel risolvere i problemi urgenti dell'umanità, come la sovrappopolazione, la guerra nucleare, la fame e l'inquinamento. Viene affermato che "le cose peggiorano costantemente" e che la tecnologia stessa è sempre più in difetto, poiché i suoi successi hanno spesso aggravato le situazioni. La soluzione identificata non risiede in una comprensione più profonda delle questioni umane, ma nello sviluppo di una "tecnologia del comportamento" paragonabile per potenza e precisione a quella fisica e biologica, attualmente carente. Si sostiene che "dobbiamo apportare vasti cambiamenti nel comportamento umano" che le scienze tradizionali non possono realizzare. Viene evidenziato il contrasto tra l'enorme progresso delle scienze fisiche e biologiche e la stagnazione nella comprensione del comportamento umano, notando che l'uomo è "la cosa che comprende meno". Il fallimento delle teorie comportamentali antiche, che "non hanno portato da nessuna parte" a differenza delle loro controparti scientifiche, sottolinea la necessità di un nuovo approccio.
//: t 2.1
Analisi delle Cause del Comportamento Umano 2
Il paradosso della fattibilità: il confronto tra il progresso tecnologico e lo stallo nelle scienze del comportamento.
Sommario
Il testo confronta la complessità degli avanzamenti tecnologici, come l'missione lunare, resa possibile dalla sua fattibilità, con la mancanza di progressi analoghi nella comprensione del comportamento umano, dove "non siamo vicini a soluzioni". Si afferma che "i metodi della scienza sono stati a malapena applicati al comportamento umano", poiché manca un trattamento scientifico delle cause. Viene tracciata un'evoluzione storica: dopo aver abbandonato le spiegazioni basate su divinità, la fisica e la biologia hanno progressivamente respinto cause personificate, come forze vitali o qualità occulte. Al contrario, le scienze comportamentali persistono nell'attribuire il comportamento a "agenti interni", come una personalità disturbata, forze psichiche (ego, super-io e es), stati interni (giubilo, impetuosità, forza di volontà) e nature innate. L'analisi prosegue notando che il comportamento è ancora comunemente attribuito a "natura umana" e tratti caratteriali. Questa prospettiva prescientifica, che cerca le cause in "atteggiamenti", "orgoglio" o "istinto di morte", è descritta come pervasiva in tutte le discipline che si occupano di affari umani, dalla politica alla psicologia, come evidenziato dall'affermazione che per lavorare per la pace "dobbiamo affrontare la volontà di potenza".
//: t 3.2
Blocco 3: La Critica al Mentalismo e le Alternative per una Scienza del Comportamento
Un'analisi delle obiezioni al modello mentalistico e la proposta di un approccio scientifico allo studio del comportamento umano, basato sulle relazioni con l'ambiente.
Sommario
Il blocco contesta la validità esplicativa del mentalismo, la tradizione che attribuisce a "stati della mente" non fisici, come sentimenti, propositi e tratti caratteriali, la causa primaria del comportamento. Si afferma che "il mondo della mente ruba la scena" e che "il comportamento non è riconosciuto come un argomento a sé stante", essendo spesso trattato come un mero sintomo di dinamiche interiori. Questa prospettiva, definita "cibo standard" e raramente messa in discussione, pone problemi insormontabili, come quello di spiegare "come cose non fisiche come propositi, deliberazioni, piani, decisioni, teorie, tensioni e valori possano avere un ruolo nel produrre cambiamenti fisici nel mondo fisico". La spiegazione mentalistica, funzionando da principio autonomo e non mediato, "porta la curiosità al termine" e "spiega solo le cose che non siamo ancora in grado di spiegare in altri modi". L'alternativa proposta è uno studio scientifico del comportamento che, seguendo l'esempio di fisica e biologia, trascuri "presunti stati mentali mediatori" e si concentri direttamente "sulla relazione tra il comportamento e l'ambiente". Si sostiene, ad esempio, che i giovani "abbandonano la scuola, rifiutano di trovare un lavoro e si associano solo con altri della loro età non perché si sentono alienati ma a causa di ambienti sociali carenti". Vengono infine esaminate le ragioni del ritardo di una simile scienza, tra cui la difficoltà di trovare alternative e il fatto che "l'uomo interiore è stato creato a immagine di quello esteriore".
//: t 4.3
Blocco 4: Il Valore di un'Analisi Scientifica del Comportamento
L'utilità di un'analisi sperimentale del comportamento e le sfide poste dal linguaggio comune nel discorso scientifico.
Sommario
Il blocco difende l'uso di principi derivati da un'analisi sperimentale del comportamento per interpretare fenomeni osservati in condizioni meno controllate. "Un'analisi sperimentale del comportamento offre vantaggi simili" a quelli di altre scienze, poiché permette di identificare caratteristiche significative e respingere spiegazioni tradizionali che "sono state provate e trovate carenti in un'analisi sperimentale". Le istanze di comportamento citate non sono prove, poiché "la prova si trova nell'analisi di base", ma i principi utilizzati hanno una plausibilità superiore. Un tema minore riguarda le difficoltà linguistiche: il testo può apparire incoerente poiché deve servirsi di un linguaggio non tecnico per discutere questioni importanti per il non specialista. L'inglese, come tutte le lingue, è "pieno di termini prescientifici" e "il suo uso di espressioni comuni è quindi molto più probabile che sia contestato", richiedendo spesso una traduzione in termini più rigorosi. Il blocco prosegue sostenendo la necessità di una tecnologia del comportamento, la cui sviluppo è stato lento perché la scienza comportamentale continua "a ricondurre il comportamento a stati mentali, sentimenti, tratti del carattere, natura umana". La difficoltà sta nel ruolo dell'ambiente, che "non spinge o tira, seleziona", una funzione difficile da analizzare. Questo approccio scientifico sposta la responsabilità e il merito dall'individuo all'ambiente, sollevando quindi questioni concernenti "i valori", come la libertà e la dignità, che sono "i possessi dell'uomo autonomo della teoria tradizionale".
Riferimenti
Frasi 252-285.
//: t 5.4
La letteratura della libertà 5
Analisi della natura, degli obiettivi e dei limiti della letteratura progettata per liberare dalle forme di controllo avversivo.
Sommario
Il blocco definisce la "letteratura della libertà" come un corpus di opere verbali con "uno status oggettivo semplice", il cui scopo non è impartire una filosofia ma "indurre le persone ad agire" per liberarsi da controlli intenzionali. Questa letteratura opera rendendo più avversive le condizioni di vita, "aumentando la miseria" di coloro che vuole salvare, e identificando i bersagli da cui fuggire o da attaccare, come "tiranni, sacerdoti, generali, capitalisti". Prescrive modi d'azione per indebolire il potere, come rovesciare i tiranni, mettere in discussione la legittimità di un governo e organizzare scioperi. L'importanza di questa letteratura è innegabile, poiché senza di essa le persone "si sottomettono a condizioni avversive in modo sorprendente", come osservato da Darwin sui Fuegiani. Tuttavia, la letteratura della libertà ha tradizionalmente definito il suo compito come un cambiamento di "stati mentali e sentimenti", considerando la libertà un "possesso" e il suo fine ultimo il permettere a un individuo di "sentirsi libero". Questo approccio diventa inaffidabile quando i controllori passano a misure non avversive, come le ricompense, che sono "rinforzi positivi" i cui effetti "tendono a essere differiti". Un problema sorge quando un comportamento generato da un rinforzo positivo ha conseguenze avversive differite, un rischio presente nell'uso di "rinforzi condizionati" come il denaro o l'approvazione sociale, che possono essere "contraffatti" e portare a un "controcontrollo" da parte di chi li subisce.
//: t 6.5
Controllo e Libertà 6
La critica alle teorie tradizionali della libertà e l'analisi delle forme di controllo non avversivo.
Il testo analizza i limiti del controcontrollo, esercitato solo da chi subisce conseguenze avversive senza rinforzi positivi. Le leggi contro il gioco d'azzardo o il lavoro minorile sono spesso osteggiate da coloro che dovrebbero proteggere, come "il giocatore che si oppone alle leggi antigioco" e "il bambino [...] che può essere disposto a lavorare per ciò che viene offerto". La letteratura sulla libertà, esaminata attraverso le citazioni di Leibnitz e Voltaire, ha trascurato le tecniche di controllo che non provocano reazioni evidenti, poiché ha affrontato il problema "in termini di stati mentali e sentimenti". Viene quindi proposta una ridefinizione operativa del volere: "Una persona vuole qualcosa se agisce per ottenerla quando se ne presenta l'occasione". Il sentimento del volere è un epifenomeno; la libertà è invece "una questione di contingenze di rinforzo, non dei sentimenti che le contingenze generano". Questa distinzione è cruciale per comprendere i controlli non avversivi, come illustrato dall'esempio dell'Agricultural Adjustment Act, dove ai agricoltori venivano corrisposti "pagamenti di affitto o benefici" per non produrre, un contingenza che non genera fuga ma acquiescenza.
//: t 7.6
Blocco 7: La critica alla letteratura della libertà e il concetto di controllo
Una riconsiderazione del controllo comportamentale e dei suoi effetti, oltre la dicotomia semplicistica tra libertà e oppressione.
Sommario
Il testo contesta la generalizzazione, presente nella letteratura della libertà, secondo cui ogni forma di controllo è intrinsecamente aversiva e da condannare, poiché "tutte le istanze [di controllo] sono da evitare" e "il controllo è chiaramente l'opposto della libertà". Questa visione ha portato a identificare chi manipola il comportamento come "uomini malvagi" e a incoraggiare la "fuga da o l'attacco verso tutti i controllori". Tuttavia, viene fatto notare come questa posizione ignori deliberatamente l'esistenza di "controllo che non ha conseguenze avversive in alcun momento" e che molte "pratiche sociali essenziali per il benessere della specie implicano il controllo di una persona da parte di un'altra". La conseguenza di questa generalizzazione errata è stata quella di "perpetuare misure punitive" e di mascherare pratiche utili.
Il problema vero, quindi, non è liberare l'uomo dal controllo in sé, ma "liberare gli uomini, non dal controllo, ma da certi tipi di controllo". La soluzione proposta non è distruggere l'ambiente sociale, bensì "ridisegnarlo" per rimuovere gli stimoli aversivi. Parallelamente, il testo introduce il tema della dignità, minacciata dall'attribuzione del comportamento a circostanze esterne, poiché "sembra minacciare la sua dignità o valore". Mentre la libertà riguarda le "conseguenze avversive del comportamento", la dignità concerne "il rinforzo positivo" e l'atto di elogiare una condotta che si trova rinforzante.
//: t 8.7
8. L'attribuzione del credito e l'invisibilità del controllo
La relazione inversa tra il credito accordato e l'evidenza delle cause che controllano il comportamento.
Sommario
Il testo analizza il principio per cui "diamo credito generosamente quando non ci sono ragioni ovvie per il comportamento". Il credito è massimo quando esistono "ragioni ben visibili per comportarsi diversamente", come quando "l'arte, la musica e la letteratura [sono] inapprezzate" o quando un amante è maltrattato. Si commenda la lealtà "in proporzione all'intensità della persecuzione" e la generosità "in proporzione ai sacrifici che comporta". Questo rapporto inverso è evidente quando il comportamento è controllato da stimoli: si dà poco credito a chi imita o segue istruzioni, mentre il credito massimo è per chi agisce "senza aiuto", poiché il suo comportamento "è stato modellato completamente dalle contingenze relativamente poco appariscenti". Lo stesso vale per il comportamento verbale, dove il credito minimo è per chi ripete, e quello massimo per l'osservazione "originale". Si cerca attivamente di "guadagnare credito mascherando o nascondendo il controllo", ad esempio usando un teleprompter nascosto o "facendo più del richiesto". Al contrario, quando si attribuisce credito agli altri, si "minimizza l'evidenza delle cause del loro comportamento" con ammonimenti gentili o suggerimenti. Questo sistema può essere una questione di "buona economia": "non ha senso lodare una persona per fare quello che farebbe comunque", e il credito è trattenuto se "non produrrà alcun cambiamento" o se il comportamento è accidentale. Pertanto, le ricompense e le puniture sono considerate "giuste o ingiuste" in base a ciò che una persona "merita giustamente".
//: t 9.8
Il controllo attraverso la punizione e le strategie per evitarla 9
La persistenza delle sanzioni punitive e le complesse reazioni che generano.
Il testo analizza la pervasività del controllo sociale attraverso la punizione, nonostante le dichiarazioni a favore della libertà. Viene descritto il funzionamento delle contingenze punitive, il cui effetto primario non è l'eliminazione del comportamento ma l'incentivazione di strategie per evitare la punizione stessa. Si osserva che "chi difende la libertà e la dignità" è spesso responsabile del mantenimento di queste misure. Il meccanismo della punizione si basa sull'idea che un individuo punito sia "meno incline a comportarsi nuovamente nello stesso modo", ma la realtà è più complessa: il "comportamento punito è probabile che riappaia una volta che le contingenze punitive sono ritirate". La risposta più importante è la creazione di una "condizione avversiva" che porta a comportarsi "al fine di evitare la punizione". Vengono quindi esaminate numerose strategie di evitamento, sia individuali che sociali. Tra le risposte individuali, alcune sono disadattive, come la fantasia, la sublimazione, lo spostamento dell'aggressività, la proiezione e la razionalizzazione, interpretate come modi per "evitare la punizione". Altre strategie più efficaci includono l'evitamento delle occasioni a rischio, la modifica dell'ambiente e la riduzione della probabilità del comportamento punibile, ad esempio controllando la propria "condizione fisiologica". Dal punto di vista sociale, la punizione può essere evitata attraverso interventi tecnologici e ambientali che riducono le occasioni di punizione naturale o sociale. Le strategie principali sono la limitazione delle opportunità, come nell'"archetipo del chiostro" dove, in assenza di tentazioni, nessuno è soggetto a punizione; il controllo dell'ambiente, esemplificato dal "Proibizionismo", uno "sforzo di controllare il consumo di alcol rimuovendo l'alcol dall'ambiente"; e l'eliminazione dei rinforzi positivi per il comportamento indesiderato, ad esempio facendo in modo che "i cibi siano meno appetitosi".
//: t 10.9
Controllo Punitivo e Attribuzione di Bontà 10
L'internalizzazione del controllo sociale attraverso coscienza e superego, e la graduale attribuzione di bontà e libertà in relazione alla visibilità delle contingenze punitive.
Sommario
Il blocco analizza i meccanismi del controllo punitivo e la loro internalizzazione, identificati nella coscienza giudaico-cristiana e nel superego freudiano. Questi "agenti interiori" sono descritti come "i vicari della società", con origini esterne riconosciute, che parlano a favore di "ciò che è buono per gli altri". La loro formazione non deriva semplicemente dalla minaccia della punizione, ma da una serie di "pratiche ausiliarie" che rendono le sanzioni più efficaci, come avvertimenti, consigli e leggi che descrivono le contingenze punitive. Seguire regole derivate da altri, come massime ("Prima di saltare, guarda") o precetti ("Non rubare"), permette di evitare la punizione. Quando il processo di apprendimento di queste regole diventa invisibile, "l'individuo dice a se stesso cosa fare e cosa non fare", e si tende a dare credito all'individuo per il buon comportamento, perdendo di vista il ruolo della comunità verbale. Un esempio è l'istruzione alla guida, dove si insegnano regole in ambienti sicuri per evitare di ricorrere direttamente a contingenze punitive pericolose.
Il testo procede esaminando l'attribuzione di bontà, che mostra "la stessa relazione inversa con la visibilità del controllo". Si attribuisce la massima bontà a chi "non si è mai comportato male e quindi non è mai stato punito", come Gesù, mentre una bontà minore è attribuita a chi si comporta bene solo dopo essere stato punito o per seguire regole altrui. Si attribuisce "nessuna bontà" a chi si comporta bene solo sotto costante supervisione. Questa bontà, come la libertà, cresce al diminuire del controllo visibile, e tendono ad essere associate, come sostenuto da John Stuart Mill. Tuttavia, la distinzione tra proibire qualcosa e renderla avversiva è una questione di tecniche di controllo, non di bontà intrinseca. Lo stesso principio si applica ai bambini e ai popoli primitivi, la cui presunta mancanza di "prontezza" per la libertà riflette piuttosto l'assenza di una storia di contingenze specifiche. Il concetto di responsabilità, che rende una persona "meritevole" di punizione, solleva questioni simili, spostando l'attenzione dai fatti oggettivi verso "l'uomo interiore", come l'intenzionalità o la conoscenza del bene e del male.
//: t 11.10
Titolo 11: Controllo e dipendenza nelle relazioni tra comportamento e ambiente
Vantaggi e limiti del controllo esercitato dalle contingenze naturali e sociali sul comportamento umano, in opposizione al controllo istituzionale.
Sommario
Il blocco esamina i vantaggi di un comportamento plasmato dall'esposizione diretta alle contingenze ambientali, in quanto produce un'agire più abile rispetto a chi segue semplicemente delle istruzioni. Si afferma che "una persona il cui comportamento nella guida di un'automobile è plasmato dalla risposta dell'automobile si comporta in modo più abile di uno che segue delle istruzioni" e che "coloro che vanno d'accordo con le persone come risultato dell'esposizione diretta alle contingenze sociali sono più abili di quelli a cui è stato semplicemente detto cosa dire e fare". Viene dipinto un mondo ideale dove, grazie a questo controllo naturale, tutti "si comporterebbero bene con i propri simili", "lavorerebbero in modo produttivo e attento" e "imparerebbero cose che interessano naturalmente". Tuttavia, si sottolinea con forza che "le cose non prendono facilmente il controllo", poiché queste contingenze complesse, da sole, "possono, senza aiuto, avere un effetto molto limitato su un individuo nel corso della sua vita". Il controllo esercitato dalle cose non è privo di rischi, in quanto "il mondo delle cose può essere tirannico" e può indurre comportamenti distruttivi come agire in modo superstizioso o "lavorare inutilmente fino all'esaurimento". Si precisa che "la dipendenza dalle cose non è indipendenza" e che "una persona non diventa mai veramente autonoma", rimanendo invece dipendente da chi ha determinato le sue dipendenze. Il testo conclude affrontando una contraddizione: chi si oppone alla manipolazione del comportamento "fa gli sforzi più vigorosi per manipolare le menti", poiché la minaccia alla libertà e alla dignità è percepita solo quando "il comportamento è cambiato cambiando fisicamente l'ambiente".
//: t 12.11
12. Urgare, persuadere e cambiare la mente
L'analisi dei metodi per influenzare il comportamento, distinguendo tra l'urgere e il persuadere, e la riconduzione dei cambiamenti mentali a cambiamenti nella probabilità di azione.
Sommario
Il blocco distingue inizialmente l'urgere, che punta a "conseguenze negative passate" come un basso saldo bancario, dal persuadere, che rende "una situazione più favorevole per l'azione" descrivendo conseguenze rinforzanti. Entrambi sono efficaci solo se esiste "una qualche tendenza a comportarsi". Ciò che viene cambiato non è uno stato mentale interno ma "una probabilità di azione". Viene quindi analizzato come concetti tradizionali come fede, fiducia e convinzione siano in realtà il prodotto di esperienze passate e rinforzi. Ad esempio, la fiducia che un pavimento regga si costruisce camminandoci sopra, un effetto del rinforzo, o tramite "assicurazioni verbali" sulla sua solidità; la differenza sta nella "vistosità delle misure" adottate. Il testo procede affermando che cambiamenti in attributi della mente come preferenze, percezioni, bisogni e opinioni sono ugualmente riconducibili a modifiche delle contingenze ambientali: "Cambiamo il modo in cui una persona guarda qualcosa... cambiando le contingenze; non cambiamo qualcosa chiamato percezione". Allo stesso modo, "cambiamo il comportamento verso qualcosa, non un atteggiamento verso esso" e "campioniamo e cambiamo il comportamento verbale, non le opinioni". L'ultima parte esamina il fornire "ragioni per cui una persona dovrebbe comportarsi in un dato modo", dove le ragioni sono conseguenze contingenti al comportamento, illustrando la scelta di appellarsi alla "ragione" per correggere l'uso pericoloso di un coltello da parte di un bambino, quando altri metodi come la punizione diretta producono "effetti collaterali indesiderati".
//: t 13.12
13. La natura del valore e del rinforzo
La distinzione tra le proprietà fisiche degli oggetti e il loro effetto rinforzante, che definisce il giudizio di valore.
Sommario
Il testo contesta l'esistenza di una proprietà fisica comune a tutte le cose buone, affermando che "quasi certamente" non esiste. Propone invece che "le cose buone sono rinforzatori positivi", classificando il valore in base all'effetto rinforzante di uno stimolo. Questo effetto, distinto dalla cosa in sé, è fondamentale per la scienza del comportamento e ha le sue radici nelle "contingenze della sopravvivenza" che hanno plasmato l'evoluzione della specie. Viene esaminato il ruolo dei sentimenti, concludendo che "non c'è un'importante connessione causale tra l'effetto rinforzante di uno stimolo e i sentimenti a cui dà origine". Il testo distingue quindi tra la cosa rinforzante, che è l'elemento cruciale, e il sentimento che essa produce, sostenendo che "l'unica cosa buona sono i rinforzatori positivi, e le uniche cose cattive sono i rinforzatori negativi". L'analisi si estende al comportamento sociale, descrivendo come le persone possano agire "per il bene degli altri" quando sono sottoposte a specifiche contingenze di rinforzo, siano esse avversative o positive. Viene infine discussa la natura dei rinforzatori verbali come "Buono!" e "Cattivo!", il cui potere deriva dall'associazione con altri rinforzatori, e viene tracciata una distinzione tra il giudicare un comportamento "buono o cattivo" e "giusto o sbagliato".
//: t 14.13
14. Il controllo istituzionale e la reazione individuale
L'evoluzione e la sfida al controllo esercitato dalle agenzie organizzate.
Il blocco analizza il passaggio dal controllo informale del gruppo a quello formale di agenzie specializzate—governo, religione, economia, educazione—che codificano i comportamenti "per il bene degli altri" in leggi, comandamenti, contratti e programmi. Questi sistemi, sostenuti da specialisti e rinforzi specifici, ridefiniscono i concetti di "buono" e "cattivo" in "legale" e "illegale", "pio" e "peccaminoso". L'individuo non agisce per sentimenti intrinseci come lealtà o devozione, ma perché "l'agenzia religiosa ha predisposto delle contingenze". Tuttavia, quando questi controlli diventano eccessivi o conflittuali, l'individuo può sfidarli, evaderli o distruggerli, portando a una condizione di "mancanza di valori", che non è un vuoto interiore ma l'assenza di rinforzi efficaci. La soluzione proposta non è agire su stati d'animo, ma modificare le contingenze stesse, poiché "ciò che deve essere cambiato sono le contingenze".
//: t 15.14
Evoluzione Culturale e Sopravvivenza 15
Il parallelo tra l'evoluzione biologica e quella culturale, i suoi limiti e le implicazioni per la sopravvivenza e i valori.
Sommario
Il blocco stabilisce un parallelo tra l'evoluzione delle specie e quella delle culture, descrivendo una cultura come un insieme di pratiche trasmesse dai suoi membri, la cui sopravvivenza dipende dall'adattamento all'ambiente. "La stessa gente trasmette sia una cultura che un patrimonio genetico". Tuttavia, la trasmissione culturale è di tipo lamarckiano, poiché "le pratiche acquisite sono trasmesse", e non esiste un isolamento paragonabile a quello genetico, permettendo la diffusione delle pratiche tra culture diverse. L'evoluzione culturale è guidata dall'emergere di nuove pratiche che, se contribuiscono alla sopravvivenza di chi le pratica, tendono a essere trasmesse. "Una cultura evolve quando nuove pratiche favoriscono la sopravvivenza di coloro che le praticano". Viene introdotto il "bene della cultura" come un terzo valore, oltre ai beni personali e sociali, sebbene la motivazione degli individui a lavorare per la sopravvivenza a lungo termine della propria cultura sia problematica e spesso legata a rinforzi condizionati piuttosto che a una preoccupazione pura. Viene infine sollevata la questione dei valori, chiedendosi se l'evoluzione di una cultura costituisca un progresso e quale sia il suo fine.
//: t 16.15
16. Analisi Strutturale, Sviluppo e Contingenze
Un'indagine sui limiti dello strutturalismo e del developmentalismo puro nell'evoluzione culturale e individuale, a favore di una spiegazione basata sulle contingenze ambientali.
Sommario
Il blocco contesta la validità esplicativa di un'analisi puramente strutturale o developmentalista, che considera l'evoluzione come una semplice "sequenza temporale di forme" dove "una forma cresce da un'altra". Viene invece sostenuto che il cambiamento, sia culturale che individuale, "non avviene a causa del passaggio del tempo, ma a causa di ciò che accade mentre il tempo passa". Per la cultura, lo sviluppo nell'uso di materiali o nelle forme di potere economico, e per l'individuo, l'acquisizione del linguaggio o di concetti, non sono funzioni di una sequenza predeterminata bensì il risultato di "contingenze di rinforzo" sociali e non sociali. Si afferma che "se gli stadi di sviluppo si susseguono in un ordine fisso, è perché uno stadio costruisce le condizioni responsabili del successivo". Viene criticata l'analogia con la crescita biologica e il concetto di "maturità" come stato terminale, poiché questo "enfatizza uno stato terminale che non ha una funzione". Il testo conclude che il vero motore non è un fine, ma la relazione temporale per cui "il comportamento è seguito da un rinforzo; non lo persegue e non lo raggiunge".
//: t 17.16
Evoluzione e Progettazione Culturale 17
Lo sviluppo di specie e comportamenti attraverso la selezione per sopravvivenza e rinforzo, e il ruolo del progettista culturale nell'accelerare pratiche che portano sotto controllo conseguenze remote.
Sommario
Lo sviluppo di una specie e del comportamento individuale è spiegato dall'azione selettiva delle "contingenze di sopravvivenza" e delle "contingenze di rinforzo", dove sia l'organismo che la sua condotta si formano e si mantengono attraverso i loro effetti sul mondo. Questo processo non è privo di direzione, poiché l'evoluzione tende a rendere gli organismi "più sensibili alle conseguenze della loro azione". Un aspetto cruciale è l'emergere di culture, definite come l'ambiente sociale che "plasma e mantiene il comportamento di coloro che vi vivono". Una cultura evolve quando nuove pratiche, selezionate per il loro contributo alla forza della cultura in competizione, inducono i membri a "lavorare per la sua sopravvivenza", introducendo un bene che è "una questione del bene della cultura, non dell'individuo". Il compito del progettista culturale è quindi "accelerare lo sviluppo di pratiche che portano in gioco le conseguenze remote del comportamento". La progettazione esplicita, facilitata da una scienza del comportamento, promuove questo bene agendo come una mutazione importante, con lo scopo di portare le persone "sotto il controllo di sempre più conseguenze del loro comportamento". La nozione di "meglio" in questo contesto è legata ai rinforzatori, e mentre è difficile definire una cultura migliore di un'altra, un'analisi scientifica aiuta a definire gli obiettivi e i metodi, offrendo una risposta a problemi sociali descritti altrimenti in termini vagamente psicologici.
//: t 18.17
18. Le contingenze e la progettazione di una cultura
Analisi delle critiche e delle possibilità di applicare una scienza del comportamento alla sopravvivenza culturale.
Sommario
Il blocco affronta la sfida di applicare una scienza del comportamento alla progettazione di una cultura che favorisca la sopravvivenza, rispondendo allo scetticismo sull'utopia comportamentale. Si sostiene che "qualcosa non va nelle contingenze che inducono gli uomini a lavorare con industriosità e attenzione" e che, nonostante si possiedano le tecnologie per "salvare noi stessi", il problema sia come spingere le persone a usarle. Viene confutata l'obiezione che il laboratorio sia troppo semplificato e artificiale rispetto al mondo reale: si afferma che "la differenza tra condizioni artificiali e naturali non è seria" e che, nonostante la semplificazione sia necessaria, "procediamo in avanti solo nella misura in cui i nostri successi lo consentono". Si riconosce la complessità dello studio del comportamento, poiché lo scienziato "è fin troppo consapevole del proprio comportamento come parte del suo oggetto di studio", ma si contesta la "davvero grande semplificazione" dell'approccio mentalistico tradizionale. La proposta di una cultura progettata suscita timori di fallimento e di soppressione dell'innovazione accidentale; tuttavia, si osserva che "ciò che non è pianificato anche va storto" e che "l'unica speranza è una diversificazione pianificata". Si conclude che "non c'è virtù nella natura accidentale di un accidente" e che, per l'evoluzione culturale, "non possiamo aspettare che [le nuove pratiche] emergano per caso", sottolineando che "la scienza massimizza gli accidenti" esplorando attivamente nuove possibilità.
//: t 19.18
Origini e Limiti dell'Evoluzione 19
Dalle basi biologiche alla costruzione culturale dei valori e i pericoli dell'adattamento.
Sommario
Il blocco esamina l'interazione tra evoluzione biologica e culturale, sostenendo che la seconda, resa possibile dalla prima, ha portato l'organismo umano sotto un "controllo molto più ampio dell'ambiente". Afferma che i giudizi etici non derivano da valori assoluti ma dalle conseguenze avversive di certe azioni, come uno stato totalitario o "la vendita di droghe dannose". Una scienza del comportamento può quindi specificare un mondo migliore in senso etico, poiché la moralità non è "al di là della sopravvivenza". La pratica scientifica stessa è presentata come un modello di contingenza ambientale che minimizza i rinforzi personali immediati; l'integrità dello scienziato non è un tratto innato ma un prodotto del suo ambiente di lavoro, che sottopone i risultati a un "rapido controllo da parte di altri". Si nega che l'uomo possieda "un bisogno o una richiesta innata di standard etici"; piuttosto, è una specie che ha "costruito una cultura etica o morale". La capacità di generare un ambiente sociale morale è ciò che distingue l'uomo dagli altri animali, e "il disegno intenzionale di una cultura" è essenziale per il suo sviluppo. Tuttavia, né l'evoluzione biologica né quella culturale sono una garanzia di progresso verso un mondo migliore, come testimoniano "specie e culture estinte". L'ottimo evolutivo di Darwin e Spencer è contrastato dalla realtà dei fallimenti. Il valore di sopravvivenza dei tratti cambia con le condizioni: una forte suscettibilità al cibo, al sesso e al danno aggressivo, un tempo vantaggiosa, ora porta a "eccessi di cibo e malattie", "sovrappopolazione" e interferenze con le relazioni sociali. La cultura ha la funzione di "correggere queste disposizioni innate" attraverso tecniche di controllo e autocontrollo. Anche in condizioni stabili, una specie può acquisire tratti non adattivi; il condizionamento operante ne è un esempio: se una rapida risposta al rinforzo ha avuto valore, rende anche l'organismo "più vulnerabile a contingenze avventizie", dove un rinforzo accidentale fortifica qualsiasi comportamento in corso, creando ciò che "chiamiamo il risultato superstizioso".
//: t 20.19
20. La sfida del tempo libero e il controllo del comportamento per la sopravvivenza culturale
La progettazione culturale come risposta necessaria alla sopravvivenza, al di là delle obiezioni sollevate dalle letterature della libertà e della dignità.
Sommario
Il blocco affronta la tensione tra i diritti individuali e la sopravvivenza di una cultura, sostenendo che "i diritti dell'individuo... hanno solo una lieve incidenza sulla sopravvivenza di una cultura". La sfida del tempo libero è citata come esempio emblematico, poiché qualsiasi tentativo di controllare ciò che una persona fa quando non deve fare nulla è "particolarmente probabile che venga attaccato come un'intromissione ingiustificata". La figura del progettista di una cultura è paragonata a quella di un genetista, entrambi parte di un processo naturale: "Egli non interviene per disturbare un processo naturale, è parte di un processo naturale". L'azione di controllo, quindi, non è di per sé negativa, poiché "buon governo è tanto una questione di controllo del comportamento umano quanto il cattivo". Le letterature della libertà e della dignità commettono l'errore di "supporre che sopprimano il controllo piuttosto che correggerlo", un atteggiamento che disturba il controllo reciproco attraverso cui una cultura evolve e che, rifiutando di esercitare un controllo disponibile, "promuove invece misure punitive". La cultura possiede gli strumenti per salvarsi, ma se continua a privilegiare la libertà o la dignità rispetto alla propria sopravvivenza, questa potrebbe rivelarsi una "letale mutazione culturale", condannando i suoi difensori a un destino simile a quello del Satana di Milton, con l'illusione che "qui almeno saremo liberi". La cultura è infine definita come "un insieme di contingenze di rinforzo" e la tecnologia del comportamento che ne emerge, sebbene eticamente neutrale, trova nella sopravvivenza della cultura il suo valore fondamentale quando applicata alla progettazione, un principio semplificato ma chiaro anche nella letteratura utopica, che ha il merito di enfatizzare il "valore di sopravvivenza: l'utopia funzionerà?".
//: t 21.20
21. La percezione, la conoscenza e la coscienza come prodotti ambientali
Un'analisi comportamentale dell'origine ambientale del percepire, del conoscere e dell'essere coscienti.
Sommario
Il blocco delinea una teoria della percezione e della conoscenza come prodotti di contingenze ambientali, non di atti mentali interni. Si afferma che "impariamo a percepire nel senso che impariamo a rispondere alle cose in modi particolari a causa delle contingenze di cui sono parte". La percezione di un neonato del volto della madre, ad esempio, avviene perché "le espressioni facciali della madre umana sono state associate a sicurezza, calore, cibo e altre cose importanti". L'analisi rovescia la prospettiva comune: "è l'ambiente che agisce sulla persona che percepisce, non la persona che percepisce che agisce sull'ambiente". Viene esaminato il conoscere astratto, che sorge da contingenze verbali, definito come "il prodotto di un particolare tipo di ambiente, non di una facoltà cognitiva". La conoscenza scientifica, descritta come "descrizioni di contingenze di rinforzo", permette di agire efficacemente senza esposizione diretta. Il testo si addentra poi nel problema della coscienza e della conoscenza di sé, sostenendo che "la coscienza è un prodotto sociale" generato da una comunità verbale che pone domande come "Cosa hai fatto ieri?" e "Come ti senti al riguardo?". Senza questo aiuto, "tutto il comportamento sarebbe inconscio". Tuttavia, la natura privata degli stimoli interni rende imprecise queste contingenze, portando a vocabolari introspettivi inaccurati. Si conclude che la consapevolezza, da sola, non è né necessaria né sufficiente per un comportamento efficace, poiché "si può non essere consapevoli del proprio comportamento o delle condizioni che lo controllano per comportarsi in modo efficace".
//: t 22.21
22. Controllo ambientale ed evoluzione dell'individuo
Dall'analisi scientifica del comportamento alla costruzione culturale dell'uomo.
Sommario
Il blocco contesta la nozione di un uomo autonomo e intenzionale, sostenendo che il comportamento individuale è selezionato e controllato dalle conseguenze ambientali. "Una analisi scientifica del comportamento spossessa l'uomo autonomo e volge all'ambiente il controllo che egli si diceva esercitasse". Questo principio, applicato al condizionamento operante, spiega l'acquisizione di abilità complesse, come suonare scale al pianoforte, non per una "precedente intenzione", ma perché "le scale suonate con scioltezza sono rinforzanti per molte ragioni, e selezionano i movimenti abili". L'evoluzione biologica della mano umana è presentata come un processo analogo, dove "lo scopo" non è una causa precedente, ma una conseguenza delle "contingenze di sopravvivenza". L'argomento si estende alle mutazioni genetiche, riconoscendo che potrebbero non essere del tutto casuali, ma affermando che la "non casualità non è necessariamente la prova di una mente creativa"; il vero scopo, se presente, andrebbe cercato nella cultura che induce i genetisti ad agire.
La discussione si sposta quindi sul controllo ambientale e culturale, affrontando l'obiezione che questo riduca l'individuo a una "vittima". Se da un lato "l'individuo è dunque da controllare dal mondo che lo circonda, e in gran parte da altri uomini", dall'altro "l'uomo stesso può essere controllato dal suo ambiente, ma è un ambiente che è quasi interamente di sua propria creazione". Viene descritta in dettaglio la natura artificiale, sia fisica che sociale, di questo ambiente costruito, sottolineando come "l'evoluzione di una cultura è in effetti una specie di gigantesco esercizio di autocontrollo". L'uomo, quindi, non è uno spettatore passivo, ma ha "controllato il proprio destino" attraverso la cultura che ha escogitato, poiché "l'uomo che l'uomo ha fatto è il prodotto della cultura che l'uomo ha escogitato". Il testo esplora la tensione tra l'individuo come agente di cambiamento e come prodotto della cultura, notando che "la persona che introduce una pratica culturale nuova è solo uno tra possibilmente miliardi che ne saranno influenzati", e che quando una persona cambia il suo ambiente "intenzionalmente", "interpreta due ruoli: uno come controllore, e un altro come controllato". L'unicità individuale è riconosciuta, ma l'individuo è anche visto come "meramente uno stadio in un processo", senza "responsibilità ultima" per i tratti della specie o le pratiche culturali. Il blocco si conclude affrontando il problema della morte per l'individualista, il quale, avendo "rifiutato di agire per il bene degli altri" e "di preoccuparsi per la sopravvivenza della sua cultura", non trova conforto in ciò che gli sopravviverà e deve affrontare "la prospettiva dell'annichilimento personale".
//: t 23.22
Blocco di Testo 23
Una disamina dei concetti di causalità, comportamento operante e rinforzo, con riferimenti bibliografici.
Sommario
Il blocco definisce il concetto di causa nelle scienze del comportamento come "le variabili indipendenti di cui il comportamento... è una funzione", distinguendolo dalla causalità "push-pull" ottocentesca. Viene introdotto il comportamento operante e le sue applicazioni pratiche, citando il testo "Control of Human Behavior". Sono menzionati i rinforzatori positivi e i rinforzatori condizionati, con un riferimento specifico alle "schedule di rinforzo". Il testo include anche un tema minore sull'aggressione, citando studi sull'"aggressione indotta da shock" e sull'"opportunità per l'aggressione come rinforzo operante". Un ulteriore tema minore riguarda il ruolo dell'ambiente e i sentimenti, con rimandi a opere specifiche. Le citazioni di autori come Butterfield, Popper, Dodds, William James, Descartes, E. B. Holt, Joseph Wood Krutch, John Stuart Mill e i fratelli Goncourt forniscono il contesto storico e filosofico per i concetti discussi.
//: t 24.23
24. Riferimenti e critiche al controllo del comportamento
Un'indagine sulle basi intellettuali del controllo culturale e comportamentale, attraverso una rassegna di fonti e obiezioni.
Il blocco presenta una serie di riferimenti bibliografici e citazioni che sostengono e contestano una tecnologia del comportamento. Si esamina l'idea di progettare culture e controllare il comportamento umano attraverso il condizionamento operante e la gestione delle contingenze di rinforzo. Viene citato il concetto di "doveri" e "bisogni" in relazione al comportamento, con riferimenti a Mill e all'idea di "bisogno innato". Si menzionano utopie comportamentali, come Walden Two dell'autore, descritto come "una comunità progettata essenzialmente sui principi che appaiono nel presente libro". Le critiche principali sono rappresentate dalle obiezioni di Joseph Wood Krutch, il quale riporta che T.H. Huxley sembrava dire che "avrebbe, se avesse potuto, essere una termite piuttosto che un uomo", e da Bertrand Russell, che afferma: "non dobbiamo giudicare la società del futuro considerando se a noi piacerebbe o meno viverci". Vengono toccati temi minori come l'evoluzione culturale, il ruolo dei sentimenti, la coscienza e il problema dei valori ultimi nel giudicare un modo di vita.