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K.M. - La questione ebraica - Lettura (10d)

//: 2025-10-19 12:18:41 +0200


//: t 1.0

Sulla questione ebraica 1

Il dibattito sull'emancipazione ebraica nella Germania del 1843, tra la richiesta di parificazione civile e la risposta di Bruno Bauer.

Il testo analizza la richiesta di emancipazione civile e politica avanzata dagli ebrei tedeschi e la replica di Bruno Bauer, il quale sostiene che "nessuno in Germania è politicamente emancipato" e che "noi stessi non siamo liberi", ponendo la questione "Come potremmo liberare voi?". Bauer accusa gli ebrei di egoismo per la pretesa di "un'emancipazione particolare" e afferma che dovrebbero invece lavorare per "l'emancipazione politica della Germania" e per "l'emancipazione umana". Il testo esplora il paradosso per cui, chiedendo la parificazione, gli ebrei riconoscerebbero come legittimo "lo Stato cristiano" e il "regime dell'asservimento generale", accettando così il "giogo generale" mentre contestano il proprio "giogo particolare". Viene infine introdotto il tema dei privilegi nello Stato cristiano, dove "l'ebreo possiede il privilegio di essere ebreo" e "come ebreo egli ha dei diritti", mettendo in discussione la natura stessa dei diritti in quel contesto politico.


//: t 2.1

La questione ebraica nei diversi Stati 2

La variazione geopolitica del problema religioso e della sua critica

Il testo analizza come "la questione ebraica assume un aspetto differente secondo lo Stato nel quale si trova l'ebreo". In Germania, priva di uno Stato politico compiuto, essa è "una pura questione teologica" dove la critica rimane "critica della teologia cristiana e della teologia ebraica", muovendosi "ancor sempre nel campo della teologia". In Francia, Stato costituzionale, il problema diventa "la questione del costituzionalismo" e "della incompletezza della emancipazione politica", conservando "l'apparenza di un contrasto religioso, teologico".

Solo "nei liberi Stati dell'America del Nord" la questione perde "il suo significato teologico per diventare una questione realmente mondana", poiché là "non esiste una religione di Stato, né una religione dichiarata quella della maggioranza, né preminenza di un culto su un altro. Lo Stato è estraneo a tutti i culti". Nonostante questa separazione istituzionale, "non si crepe negli Stati Uniti che un uomo senza religione possa essere un onesto uomo", caratterizzando il Nord America come "per eccellenza il paese della religiosità". A questo punto, "la critica diviene allora critica dello Stato politico" e "cessa di essere critica" quella puramente teologica.

Riferimento

( Marie ou l'esclavage aux Etats-Unis etc., par G. de Beaumont, Paris 1835, p. 214, 224, 225 )


//: t 3.2

Argomento 3: La contraddizione tra Stato democratico e Stato cristiano

L'analisi della relazione tra Stato e religione attraverso la critica di Bauer allo Stato cristiano.

Il testo contrappone lo Stato democratico, che "non ha bisogno della religione per il proprio completamento politico" e può "astrarre dalla religione poichè in esso il fondamento umano della religione è attuato mondanamente", allo Stato cristiano, il quale "si comporta politicamente verso la religione e religiosamente verso la politica", abbassando sia le forme statali che la religione ad apparenza. Per illustrare questa contraddizione, si esamina la costruzione di Bauer, il quale osserva che "di recente per dimostrare la impossibilità o non-esistenza di uno Stato cristiano si è rimandato molto spesso a quei precetti del Vangelo, che lo Stato non solo non segue, ma neppure può seguire, se non vuole dissolversi completamente", ma "la questione non si risolve con tanta facilità".

I precetti evangelici esigono "la rinunzia soprannaturale a se stessi, la sottomissione all'autorità della rivelazione, l'allontanamento dallo Stato, la soppressione dei rapporti mondani", e lo Stato cristiano "esige ed effettua" tutto questo, appropriandosi dello "Spirito del Vangelo" ed esprimendolo in forme statali che, sebbene prese a prestito dall'essenza dello Stato, nella rigenerazione religiosa "vengono abbassate ad apparenza".


//: t 4.3

Argomento 4: Religione, Stato e Democrazia Cristiana

La persistenza della coscienza religiosa nell'emancipazione politica e il dualismo tra società civile e vita statale.

Il blocco analizza il ruolo della religione come "coscienza ideale, non mondana" dei membri dello Stato, evidenziando come essa permanga nonostante l'emancipazione politica, poiché "l'emancipazione politica dalla religione lascia sussistere la religione, anche se non una religione privilegiata". Il dualismo tra vita individuale e specie, tra società civile e politica, rende i membri religiosi in quanto "l'uomo si comporta verso la vita statale posta al di là della sua vera individualità come verso la sua vita vera". La democrazia politica è definita cristiana perché "l'uomo, non soltanto un uomo ma ogni uomo, vale come essere sovrano, come essere supremo", sebbene si tratti di un uomo "non educato, non sociale", in una "esistenza casuale". La perfezione dello Stato cristiano è identificata nello Stato che "si riconosce come Stato, e fa astrazione dalla religione dei suoi membri", mentre la coscienza religiosa trova valore nella "ricchezza del contrasto religioso e della varietà religiosa", dove il cristianesimo assume un "significato religiosouniversale" senza imporre specifiche dottrine.


//: t 5.4

La libertà religiosa come diritto umano nell'argomento 5

Diritti di coscienza e libero esercizio dei culti nelle costituzioni del Settecento

Il blocco analizza il riconoscimento della libertà religiosa quale diritto umano in documenti costituzionali del XVIII secolo. "La libertà per ogni uomo di esercitare il culto religioso al quale è attaccato" appare nella Costituzione francese del 1791, mentre la Dichiarazione dei diritti del 1793 sancisce "il libero esercizio dei culti". La Costituzione della Pennsylvania afferma che "Tutti gli uomini hanno ricevuto dalla natura il diritto imprescrittibile di adorare l'Onnipotente secondo le ispirazioni della loro coscienza", principio ribadito nel New Hampshire dove "i diritti di coscienza" sono definiti inalienabili.

L'argomento evidenzia come la religione non sia in conflitto con i diritti umani, bensì "il diritto di essere religiosi, di essere religiosi in qualsiasi modo, di praticare il culto della propria religione particolare, viene anzi espressamente annoverato tra i diritti dell'uomo". Emerge inoltre la distinzione tra "diritti dell'uomo" e "diritti del cittadino", sottolineando come la libertà di coscienza appartenga alla sfera universale della persona. La necessità di proclamare tali garanzie viene collegata esplicitamente alla "presenza o il ricordo recente del dispotismo".


//: t 6.5

Argomento 6: La proprietà privata, l'uguaglianza e la sicurezza nella società civile

Diritti individuali e limiti sociali nella Costituzione del 1795.

Il testo analizza il diritto di proprietà privata definito nella Costituzione del 1793 come "il diritto di godere e di disporre a suo piacere dei suoi beni, dei suoi redditi, del frutto del suo lavoro e della sua industria", interpretato come il diritto di agire arbitrariamente, senza riguardo per gli altri, diventando così "il diritto dell'egoismo". Questa libertà individuale, che permette a ogni uomo di trovare nell'altro "non già la realizzazione, ma piuttosto il limite della sua libertà", costituisce il fondamento della società civile. Vengono poi esaminati gli altri diritti dell'uomo: l'uguaglianza, che nel suo significato non politico è l'uguaglianza di questa libertà, per cui "ogni uomo viene ugualmente considerato come una siffatta monade che riposa su se stessa", e la sicurezza, che "consiste nella protezione accordata dalla società a ciascuno dei suoi membri per la conservazione della sua persona, dei suoi diritti e delle sue proprietà". La sicurezza è definita "il più alto concetto sociale della società civile", un'assicurazione dell'egoismo che non eleva la società al di là di esso, in linea con la definizione hegeliana di società civile come "Lo Stato del bisogno e dell'intelletto".


//: t 7.6

Argomento 7: La rivoluzione politica e la dissoluzione della società civile

La trasformazione dello Stato in affare universale e l'emancipazione dell'individuo egoista.

La rivoluzione politica ha abbattuto la potenza sovrana, costituendo "lo Stato politico come affare universale" e sopprimendo il carattere politico della società civile. Questo evento ha spezzato "tutti gli stati, corporazioni, arti, privilegi" e ha svincolato lo spirito politico, costituendolo come "la sfera della comunità, dell'universale attività del popolo". Le determinate attività e condizioni di vita decaddero a "significato solo individuale" e non formarono più "il rapporto universale dell'individuo nei confronti della totalità dello Stato".

Il compimento dell'idealismo dello Stato ha realizzato contemporaneamente "il compimento del materialismo della società civile". L'emancipazione politica è stata anche "l'emancipazione della società civile dalla politica", riconoscendo come fondamento "l'uomo egoista". Attraverso i diritti dell'uomo, viene riconosciuta "la libertà dell'uomo egoista" e lo "sfrenato movimento degli elementi spirituali e materiali". L'uomo non è stato liberato dalla religione o dalla proprietà, ma ha ricevuto "la libertà religiosa" e "la libertà della proprietà", in un processo dove "la costituzione dello Stato politico e la dissoluzione della società civile negli individui indipendenti" si adempiono nello stesso atto.

Riferimenti testuali: Frasi 378-398


//: t 8.7

Argomento 8: La critica teologica dell'emancipazione ebraica

La trasformazione della questione ebraica da problema sociale a dibattito filosofico-teologico.

Bauer concepisce l'emancipazione ebraica come atto filosofico-teologico, riducendo l'essenza dell'ebreo alla sua sola dimensione religiosa. Secondo la sua analisi, "il giudaismo è un fatto oltraggioso per l'occhio religioso del cristiano" (frase 434), ma questa condizione cessa quando si abbandona la prospettiva religiosa. Bauer afferma che "l'ebreo non dà nulla all'umanità quando sdegna per se stesso la sua legge limitata" (frase 431), sostenendo che la liberazione richieda all'ebreo di compiere "non soltanto il suo proprio lavoro, ma anche il lavoro del cristiano" (frase 437).

L'autore propone una rottura con la formulazione teologica della questione, trasformando "la questione della capacità dell'ebreo ad emanciparsi [...] nella questione di quale particolare elemento sociale sia da superare per sopprimere il giudaismo" (frase 441). Emerge così la necessità di analizzare "il rapporto del giudaismo verso l'emancipazione del mondo di oggi" (frase 442), superando l'approccio puramente dottrinale. Bauer conclude che "questo è affar loro: essi determineranno a se stessi il proprio destino; la storia però non si lascia beffare" (frase 438), sottolineando l'autonomia del processo emancipativo.


//: t 9.8

Argomento 9: Critica del Giudaismo Pratico e Emancipazione

Sulla natura mondana e l'autoemancipazione dal giudaismo reale.

Il testo individua nel giudaismo un "universale elemento attuale antisociale", identificando "il traffico" e "il denaro" come suo culto e Dio mondani. L'emancipazione dal "giudaismo pratico, reale" viene presentata come "l'autoemancipazione del nostro tempo". Si afferma che un'organizzazione sociale che eliminasse "i presupposti del traffico" renderebbe "impossibile l'ebreo", dissolvendone la coscienza religiosa "come un vapore inconsistente". Viene descritto il paradosso per cui l'ebreo, pur potendo essere "privo di diritti" in piccoli Stati, con la sua "potenza finanziaria determina il destino di tutto l'Impero" e "decide delle sorti dell'Europa". Il significato ultimo dell'emancipazione è così definito: "l'emancipazione dell'umanità dal giudaismo".


//: t 10.9

Argomento 10: Il denaro come divinità mondana e la dialettica giudaismo-cristianesimo

Il denaro quale forza alienante e la sua relazione con la società civile e le religioni

Il denaro viene presentato come divinità onnipotente e valore universale che spoglia il mondo del suo valore proprio, avvilendo tutti gli dei e trasformandoli in merce. "Il denaro è il geloso Dio d'Israele, di fronte al quale nessun altro Dio può esistere" e "avvilisce tutti gli Dei dell'uomo e li trasforma in una merce". Questa essenza estranea domina l'uomo, che la adora, mentre "il Dio degli ebrei si è mondanizzato" diventando il Dio reale della cambiale. La concezione della natura sotto il dominio della proprietà privata comporta "il reale disprezzo, la pratica degradazione della natura", con Tommaso Münzer che dichiara insopportabile il fatto che "tutte le creature siano diventate proprietà".

Il giudaismo rappresenta la religione del bisogno pratico il cui vertice coincide col perfezionamento della società civile, realizzato però soltanto nel mondo cristiano. "Il cristianesimo è scaturito dal giudaismo" e in esso "si è nuovamente dissolto", poiché "il cristiano era fin da principio l'ebreo teorizzante" mentre "l'ebreo è perciò il cristiano pratico". La società civile, separata completamente dalla vita dello Stato sotto la signoria cristiana, pone "l'egoismo, il bisogno particolaristico, al posto di questi legami con la specie". L'emancipazione sociale dell'ebreo viene identificata con "l'emancipazione della società dal giudaismo", sopprimendo l'essenza empirica del traffico e dei suoi presupposti.