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Joseph Priestley - Experiments and Observations on Different Kinds of Air - Lettura | 22m

https://www.gutenberg.org/files/29734/29734-h/29734-h.htm https://librivox.org/experiments-and-observations-on-different-kinds-of-air-by-joseph-priestley/


1. Prefazione all’opera: tra umiltà scientifica e ambizione conoscitiva

Un manifesto metodologico tra etica della condivisione, critica all’orgoglio intellettuale e fede nel progresso collettivo della scienza.

Il blocco definisce gli intenti, i principi e le tensioni che animano la ricerca di Priestley: un’operosità scientifica che rifiuta «le filosofie volatiche e prepostere» («philosophiis istis volaticis et preposteris») a favore di un’indagine umile e sistematica dei «lavori del Creatore» («volumen creaturarum»), dove l’errore non è una colpa ma un passaggio necessario. L’autore giustifica la pubblicazione immediata dei risultati — contro la tentazione di accumularli per «stupire il mondo con un sistema completo» («astonish the world with a system as complete as it is new») — come atto di gratitudine verso la «fonte di ogni conoscenza» e di amore per l’umanità, minacciata dall’«ingratitudine» di chi tace le scoperte per vanità. La scienza è descritta come un cammino infinito, paragonato alla scalata alpina di Pope: «più si sale, più si scoprono nuove vette e difficoltà» («Hills peep o’er hills, and Alps on Alps arise»), dove ogni risposta genera nuovi interrogativi e ogni «dubbio risolto ne crea diversi» («we cannot solve one doubt without creating several new ones»).

Priestley difende la trasparenza metodologica — «non nascondo le reali intenzioni dei miei esperimenti» («not to conceal the real views with which I have made experiments») — come strumento per rendere la narrazione più «interessante» e incoraggiare altri ricercatori, anche a rischio di «errori in cose minori» («mistakes in things of less moment»). La scienza è un’caccia in cui «chi batte il terreno a lungo può non trovare preda», mentre «un passante occasionale» («a mere passenger») potrebbe imbattervisi: merito e fortuna si intrecciano, ma il vero fine è «avvalersi dei poteri della natura» per «rendere più sicura e felice la condizione comune» («contribute to make our common situation more secure and happy»). Critica aspramente l’arroganza dei «piccoli animi invidiosi» che «si compiacciono di esporre gli errori altrui» («little and envious souls [...] take a malignant pleasure in detecting [mistakes]»), e celebra invece la «venerazione per il Dio della natura» come antidoto a «ogni boasting*» intellettuale.

Il testo si chiude con una riflessione sul ruolo sociale della scienza: mentre «la politica impegna i potenti», sono «gli uomini di spirito e ingegno dei ceti medi» a trainare il progresso, preferibile alla «fama effimera» dei politici perché «benefica per tutta l’umanità e per ogni epoca» («the benefactor of all mankind, and of every age»). Priestley cita Beccaria per deplorare che «il mondo politico, così passeggero, rubi il grande Franklin a quello della natura» («the political world [...] should take the great Franklin from the world of nature»), e auspica che la conoscenza, «come un’onda del mare», estirpi «ogni errore e pregiudizio» («extirpating all error and prejudice»), minacciando «gerarchie corrotte» — «anche una pompa pneumatica o una macchina elettrica» può «far tremare» i «nemici del progresso» («an air-pump, or an electrical machine»). L’opera si propone infine come «materiale per future storie» della scienza, con la promessa di aggiornamenti e una struttura che «preserva l’ordine storico» dei risultati.


2. Le scoperte fondamentali sull’aria: proprietà, generazione e applicazioni prima degli esperimenti moderni

Dalle prime osservazioni sull’elasticità dell’atmosfera alle scoperte su gas letali, infiammabili e medicinali: un quadro delle conoscenze preesistenti su peso, composizione e reattività dell’aria, tra miniere, fermentazioni e acque termali.


Sommario

Il blocco delinea le basi storiche e scientifiche dello studio dell’aria, partendo da proprietà fondamentali come il “peso” e l’“elasticità”, note “dopo il risveglio della filosofia in questa parte occidentale del mondo”. Si sottolinea come l’aria atmosferica, pur essendo un “fluido comprimibile e dilatabile”, non sia l’unica forma gassosa: “elastic fluids” diversi per densità e comportamento vengono generati da “sostanze solide”, come osservato da Boyle, anche se “due tipi notevoli di aria artificiale” — il “soffocante” (“choke damp”) e l’“infiammabile” (“fire damp”) — erano già noti ai minatori per i loro effetti letali o esplosivi. Quest’ultimo, “trovato sempre così diluito nell’aria comune da essere respirato senza pericolo”, non era stato ancora riconosciuto come nocivo in forma pura.

Le ricerche si concentrano poi sull’“aria fissa” (“fixed air”), identificata da Van Helmont come “gas” (o “spirito”) e associata a processi di fermentazione, calcare e sali alcalini. Black ne dimostra il ruolo nel “rendere miti” queste sostanze, mentre la sua rimozione le trasforma in “caustiche”, capaci di “corrodere o bruciare” materia animale e vegetale. Le applicazioni pratiche includono l’uso antisetico, suggerito da Macbride per combattere “la malattia putrida dello scorbuto” tramite “mosto” (infuso di malto), e la presenza dell’aria fissa nelle “acque minerali acidule”, come quelle di Pyrmont, cui Brownrigg attribuisce “sapore peculiare, vivacità e virtù medicinali”. Hales, pur non distinguendo tra “questi tipi di aria e l’aria comune”, getta le basi sperimentali per studi successivi, mentre Cavendish ne misura la “densità” (1,5 volte quella dell’aria normale per l’aria fissa, dieci volte più leggera per quella infiammabile) e Lane ne indaga l’“assorbimento in acqua”, che diventa “una forte soluzione calcarea” dopo aver sciolto ferro.

Il testo chiude ribadendo che tali scoperte, “lungi dall’essere esaustive”, costituiscono il “necessario preambolo” per comprendere trattati successivi, escludendo “alcuni particolari” che verranno integrati “nel corso dell’opera”.


Note

Identificativi delle frasi citate (in ordine di apparizione):

(142), (143), (145), (146), (148), (149), (150), (151), (152), (153), (154), (155), (157), (158).


3. Metodi sperimentali per la manipolazione di aria, topi e sostanze in ambiente controllato

Tecniche pratiche per l’isolamento, il trasferimento e la misurazione di gas, liquidi e organismi viventi in condizioni di laboratorio, con particolare attenzione alla gestione termica, all’esclusione dell’acqua e all’uso di strumenti adattati.


Il blocco descrive procedure dettagliate per condurre esperimenti su topi, piante e sostanze gassose o liquide, enfatizzando l’importanza del controllo ambientale. La temperatura viene mantenuta costante (un ripiano sopra il caminetto della cucina, dove il fuoco non si spegne mai), mentre l’acqua funge da barriera per trasferire oggetti senza contaminazione (passandoli attraverso l’acqua). Si osservano comportamenti inaspettati, come la sopravvivenza dei topi senza bere acqua per tre o quattro mesi, pur rimanendo in perfetta salute. Le tecniche includono l’uso di tappi sagomati, fili metallici e siringhe per manipolare recipienti immersi in mercurio o acqua, evitando l’ingresso di aria esterna (tenendo la bocca del vaso protesa sopra lo scaffale). Vengono descritte soluzioni per generare, trasferire e misurare gas (versando aria da un recipiente a bocca larga a uno stretto) e per testarne le proprietà (accendere una candela in un cilindro di vetro), nonché metodi per impregnare liquidi con gas specifici (agitando il flacone per accelerare l’assorbimento). Strumenti come sifoni di vetro, vesciche flosce e tubi flessibili sono adattati per operazioni precise, mentre il mercurio sostituisce l’acqua per gas solubili in essa. Si accenna anche a esperimenti elettrici (scoccare scintille in un tubo riempito di aria) e all’uso di specchi ustori per riscaldare sostanze in fiale di vetro sottili. Tematiche minori includono la convivenza forzata tra topi (due o tre vivono pacificamente, salvo un caso di aggressione) e la classificazione problematica dei gas (i termini ‘aria fissa’, ‘mefitica’ e ‘infiammabile’ sono inadeguati).


4. Esperimenti sull’assorbimento dell’aria fissa e produzione di acque minerali artificiali

Metodi per impregnare liquidi con l’aria fissa, osservazioni sugli effetti chimici e biologici, e tentativi di replicare le proprietà terapeutiche delle acque termali naturali.


Sommario

Il blocco descrive una serie di esperimenti volti a incorporare l’aria fissa (fixed air, oggi nota come anidride carbonica) in acqua e altri liquidi, al fine di replicare le caratteristiche delle acque minerali come quella di Pyrmont o Seltzer. L’autore documenta metodi pratici per impregnare l’acqua, tra cui l’agitazione in recipienti aperti (pouring the water from one into the other, 306), l’uso di mercurio o olio per confinare l’aria (vessels standing in quicksilver, 308), e l’osservazione che in about two days, made a quantity of water to imbibe more than an equal bulk of fixed air (309). Si sottolinea come l’aria fissa conferisca all’acqua un pleasant acidulous taste (305) e proprietà medicinali, tanto da proporne l’uso per prevenire lo scorbuto in mare (preventing or curing the sea scurvy, 316).

Vengono esplorati anche effetti collaterali e limiti: l’aria fissa si disperde con il calore (the heat of boiling water will expel all the fixed air, 326), mentre il freddo ne ostacola l’assorbimento (no part of the air was absorbed in two days and two nights quando l’acqua è ghiacciata, 333). Si notano reazioni chimiche come la dissoluzione del ferro (water thus impregnated with fixed air readily dissolves iron, 317) e alterazioni organolettiche (a very disagreeable taste, 347), talvolta simili a tar-water (348). Gli esperimenti su organismi viventi rivelano che l’aria fissa è letale per piante (sprigs of mint [...] will often become quite dead in one day, 357) e nociva per insetti e anfibi (a large strong frog was much swelled, 354), sebbene alcuni animali possano riprendersi se esposti all’aria fresca.

Si accenna infine a potenziali applicazioni mediche (all the medicinal virtues of genuine Pyrmont, 330) e a metodi per potenziare l’assorbimento, come l’uso di una condensing engine (341), pur riconoscendo che the delicate and agreeable flavour [...] can hardly be perceived in wine, or any liquors which have much taste of their own (329).


5. La vegetazione come restauratrice dell’aria viziata: esperimenti con piante e combustione

Scoperte accidentali e prove sistematiche sulla capacità delle piante di purificare l’aria alterata da candele e respirazione.


Sommario

Il blocco documenta una serie di osservazioni e sperimentazioni volte a dimostrare che «la vegetazione» (439) agisce come «uno dei restaurativi che la natura impiega» (438) per ripristinare l’aria resa «inadatta» (437) dalla combustione o dalla respirazione. L’autore descrive dapprima un esperimento fallito con la pompa pneumatica, per poi concentrarsi su «il metodo di restaurare l’aria» (438) attraverso piante come «menta», «balsamo» (463) e «spinacio» (466), quest’ultimo «il più efficace» (466) tra quelli testati. Le piante, se «in stato vegetativo» (462), riescono a «ripristinare in quattro o anche due giorni» (467) l’aria in cui «una candela aveva bruciato» (452), mentre «foglie fresche di cavolo» (450) la alterano ulteriormente. Si nota che «l’effetto non dipende da effluvi aromatici» (464), poiché anche «erbe maleodoranti come il *groundsel**» (464) ottengono lo stesso risultato.

Gli esperimenti, condotti «senza variazioni» (453) tra «agosto 1771» (452) e «luglio 1772» (463), dimostrano che «l’aria viziata» (440) viene «depurata» (454) solo dove «la pianta cresceva» (454), mentre «senza vegetazione» (462) non si osservano cambiamenti «nemmeno dopo mesi» (455). Si evidenziano dettagli sulle condizioni delle piante in «spazi confinati» (443): «foglie sempre più piccole» (445), «radici marce» (446) e «filamenti bianchi» (447) non impediscono la sopravvivenza, purché «si rimuovano le foglie morte» (449) per evitare «putrefazione» (450). Le prove includono «diverse sostanze infiammabili» (460), come «alcol» (461) e «fiammiferi di zolfo» (461), confermando che «il restauro dipende dallo stato vegetativo» (462) e non dalla «natura specifica della pianta» (464).


Note metodologiche


6. Esperimenti sull’alterazione e il ripristino dell’aria viziata da respirazione e putrefazione

L’osservazione dei limiti di sopravvivenza in ambienti ad aria corrotta e i tentativi di purificazione attraverso metodi naturali e artificiali.

Il blocco descrive una serie di esperimenti volti a indagare le cause della tossicità dell’aria esposta a respirazione animale o putrefazione, nonché i metodi per renderla nuovamente respirabile. Si evidenzia come l’aria, una volta resa noxious (nociva), provochi negli animali „convulsions“ (convulsioni) e morte immediata, anche dopo un’unica inspirazione, suggerendo che „the cause of their death is not the want of any pabulum vitæ“ (la causa della loro morte non è la mancanza di un principio vitale) ma l’accumulo di sostanze irritanti. Vengono testate diverse ipotesi di ripristino: l’agitazione in acqua, l’esposizione alla luce, l’uso di „fumes of burning brimstone“ (fumi di zolfo bruciato), effluvi di salnitro o calore intenso, ma la maggior parte si rivela inefficace. Si nota che „young mice will always live much longer than old ones“ (i topi giovani sopravvivono sempre più a lungo di quelli vecchi), introducendo variabili legate alla resistenza individuale. Nonostante gli insuccessi, l’autore afferma di aver identificato „two of the methods employed by nature“ (due dei metodi usati dalla natura) per rigenerare l’aria, accennando a una scoperta successiva legata all’„aria nitrosa“ („nitrous air”), presentata come soluzione più affidabile per testare la purezza dell’ambiente.

Le prove condotte su air infected with animal respiration, or Putrefaction (aria infettata da respirazione animale o putrefazione) includono anche osservazioni su come „a fresh mouse being introduced to them has been instantly thrown into convulsions, and died“ (un topo fresco introdotto tra loro sia stato immediatamente colpito da convulsioni e morto), confermando che la tossicità aumenta con il tempo. Si sottolinea l’incertezza dei risultati a causa di fattori come l’età degli animali o l’abitudine graduale allo „stimulus“ (stimolo nocivo), mentre si escludono metodi come la semplice immersione in acqua stagnante, che „instead of being meliorated, it has seemed to become even more deadly“ (invece di migliorare, sembra diventare ancora più letale). La sezione si chiude con un riferimento ai fallimenti di approcci basati su „the nitrous acid“ („acido nitroso”) o sul calore forzato, preannunciando però una soluzione alternativa non ancora dettagliata.


7. Effluvi putridi e trasformazioni dell’aria: osservazioni su decomposizione animale e vegetale in ambienti controllati

Processi di putrefazione e generazione di gas in sostanze organiche, con differenze tra regni animale e vegetale.


Didascalia

Esperimenti su aria, acqua e materia in decomposizione: dinamiche di assorbimento, infiammabilità e tossicità tra effluvi animali e vegetali.


Sommario

Il blocco documenta osservazioni sistematiche sugli effetti della putrefazione di sostanze animali e vegetali in condizioni controllate, evidenziando come queste producano “due tipi di aria”: una “dolce e gradevole” e un’altra “insopportabilmente offensiva”, con capacità opposte di alterare il volume dell’aria comune (“una l’avrebbe aumentata, l’altra diminuita”). La decomposizione, influenzata da “tempo e altre circostanze”, genera effluvi putridi, aria fissa o infiammabile, con comportamenti distinti: le sostanze animali, come “un pezzo di manzo o montone”, emettono “aria per settimane” in calore moderato, mentre quelle vegetali (“cavolo putrido”) esauriscono rapidamente la produzione di gas, prevalentemente “aria fissa”. Gli esperimenti con topi sommersi in mercurio o acqua rivelano che “l’effluvio putrido si mescola all’acqua”, saturandola di “odore estremamente fetido”, e che tale aria, “non miscibile con l’acqua”, spegne le fiamme e risulta “nociva agli animali”, sebbene alcuni insetti (“mosche, farfalle, afidi”) vi sopravvivano “come nell’aria aperta”.

Le piante mostrano reazioni contrastanti: “rametti di menta muoiono all’istante” in aria fortemente putrida, ma se resistono “vegetano in modo sorprendente”, con una crescita “più vigorosa che in qualsiasi altra condizione”, pur essendo lo stesso ambiente “immediatamente letale per la vita animale”. La difficoltà nel raccogliere “aria putrida non assorbita dall’acqua” suggerisce una possibile identità con “aria fissa mista a materia flogistica”, sebbene gli esperimenti non abbiano confermato una “diminuzione dell’aria comune” per semplice miscelazione. Le dinamiche di assorbimento e rigenerazione degli effluvi (“cambiando l’acqua, la maggior parte dell’aria putrida viene riassorbita”) sottolineano la complessità dei processi chimici in gioco, con differenze “notevoli” tra decomposizione animale (“odore putrido in un giorno o due”) e vegetale (“aria quasi interamente fissa”).


8. Effetti delle piante sulla purificazione dell’aria viziata: osservazioni sperimentali e implicazioni naturali

La capacità delle piante di rigenerare l’aria corrotta da respirazione e putrefazione, tra prove di laboratorio e riflessioni sull’equilibrio atmosferico.

Il blocco documenta una serie di esperimenti condotti per dimostrare come le piante, in particolare la menta, „invece di alterare l’aria allo stesso modo della respirazione animale, ne invertano gli effetti“ („plants, instead of affecting the air in the same manner with animal respiration, reverse the effects of breathing“), rendendo nuovamente salubre un’atmosfera resa nociva da animali morti o in decomposizione. Le osservazioni si basano su prove ripetute: topi sopravvivono in aria „restaurata“ da vegetali, mentre muoiono istantaneamente in porzioni della stessa aria „tenuta nella medesima esposizione, ma senza piante“ („kept in the very same exposure, but without any plant growing in it“). Si nota tuttavia una variabilità nei risultati, con casi in cui l’aria „ricadde nel suo stato nocivo precedente“ („relapsing of this restored air to its former noxious state“), soprattutto se le piante non vengono sostituite o se le foglie marciscono nei contenitori.

Le implicazioni vanno oltre il laboratorio: si ipotizza che „il danno continuo arrecato all’atmosfera dalla respirazione di innumerevoli animali e dalla putrefazione di masse vegetali e animali sia, almeno in parte, compensato dalla creazione vegetale“ („the injury which is continually done to the atmosphere [...] is, in part at least, repaired by the vegetable creation“), grazie alla „prodigiosa profusione di vegetali sulla faccia della Terra“. La corrispondenza con Benjamin Franklin sottolinea come „la creazione vegetale ripristini l’aria guastata dalla parte animale“ („the vegetable creation should restore the air which is spoiled by the animal part of it“), paragonando il processo a fenomeni naturali di purificazione come „il fuoco che distilla e filtra l’acqua“ o „la conversione di sostanze putride in vegetali dolci“ quando mescolate alla terra. Si accenna infine a un metodo alternativo per bonificare l’aria nociva (agitazione continua in una vasca d’acqua privata del suo aria), efficace anche su „aria viziata da respirazione, putrefazione, fumi di carbone o metalli calcinati“.


9. Esperimenti sulla diminuzione dell’aria per effetto del flogisto: carbone, metalli e vernici al piombo

Processi di alterazione dell’aria mediante combustione, calcinazione e reazioni chimiche, con osservazioni su residui gassosi, proprietà tossiche e ipotesi sul ruolo del flogisto.


Sommario

Il blocco documenta una serie sistematica di esperimenti volti a indagare come l’aria venga «diminuita» — ossia privata di una frazione del suo volume — quando esposta a «fumi di carbone» o a «calcinazione di metalli» come piombo e stagno, nonché a «effluvi di vernice al piombo». L’autore ripete i test con varianti metodologiche (acqua, acqua di calce, mercurio) per isolare fenomeni ricorrenti: in tutti i casi, l’aria residua «estingue la fiamma», «è nociva agli animali» e «non effervesce con l’aria nitrosa», segni che la sua «natura è irreversibilmente alterata». La «diminuzione di un quinto» del volume emerge come proporzione costante, indipendentemente dalla sostanza usata, suggerendo un «meccanismo comune» legato al «flogisto», principio allora ipotizzato come componente infiammabile dei corpi.

Le osservazioni rivelano dettagli critici: il carbone trattato a «calore intenso» non produce «aria infiammabile», a differenza di quello carbonizzato a temperature inferiori, mentre i metalli calcinati generano «fumi giallastri» e «incrostazioni bianche» sulle pareti dei recipienti. L’acqua assorbe parte del flogisto, acquisendo «odore pungente» e «sapore acre», ma lo perde rapidamente se esposta all’atmosfera. L’autore nota anche che «l’aria già diminuita non subisce ulteriori riduzioni», confutando l’ipotesi di «assorbimento progressivo» avanzata da precedenti studiosi come «Dr. Hales». Le prove con «vernice al piombo» confermano il modello: l’aria si altera in modo analogo, diventando «tossica» e «irriducibile» se non trattata con acqua.

Temi minori includono speculazioni sulle applicazioni mediche dell’«acqua impregnata di flogisto» e sul possibile ruolo delle piante nel «ripristinare l’aria viziata», assorbendo «materia flogistica» attraverso radici e foglie. L’autore conclude che il flogisto, «separato dai corpi durante la combustione o la calcinazione», satura l’aria fino a un limite oltre il quale «nessun ulteriore processo» — né chimico né termico — «può modificarla», aprendo interrogativi su «la natura stessa di questa trasformazione».


10. Ipotesi sul phlogiston e le trasformazioni dell'aria: saturazione, combustione e processi naturali

Dall’analisi dei fenomeni di diminuzione dell’aria alla teoria del phlogiston come principio unificante

Il blocco esamina le ipotesi sulla natura del phlogiston come agente responsabile della "diminuzione dell’aria" in contesti sperimentali e naturali, tra cui la putrefazione, la calcinazione dei metalli e la combustione. Si suggerisce che il phlogiston, una volta liberato, saturi l’aria rendendola incapace di sostenere ulteriori reazioni: «la diminuzione dell’aria [...] può essere effetta dagli stessi mezzi» (930), ovvero la saturazione con phlogiston. L’autore ipotizza che materiali organici in decomposizione «rilascino materia flogistica» (931), mentre metalli come il ferro, in reazione con zolfo e acqua, «perdono phlogiston» (934) trasformandosi in calce. La combustione del carbone e l’evaporazione di vernici a base di piombo sono altri esempi di processi che liberano phlogiston, così come l’azione dell’"aria nitroso" (936), legata all’affinità di quest’ultima con il principio flogistico.

Si affronta poi l’apparentemente paradossale comportamento dell’"aria diminuita" (saturata di phlogiston), che «dovrebbe essere infiammabile» (937) ma non lo è, a meno che non venga applicato «un grado maggiore di calore» (940). L’infiammabilità dipenderebbe da «un particolare modo di combinazione» (938) o dalla presenza di «altri principi» (939) oltre al phlogiston e all’aria comune, come suggerito dai depositi osservati in reazioni con ferro e zinco. Il testo accenna anche al ruolo delle piante, che «ripristinano l’aria nociva assorbendo il phlogiston» (943), citando una congettura di Benjamin Franklin sulla «separazione del fuoco solido» (944) durante la combustione. In chiusura, una nota (946) riferisce esperimenti di Lavoisier che mettono in dubbio la calcinazione dei metalli in «aria infiammabile o nitroso», anticipando una possibile revisione delle teorie flogistiche.


Riferimenti impliciti

11. Reazioni e proprietà dell’"aria alcalina" in combinazione con altre sostanze e gas

Osservazioni sperimentali su interazioni chimiche, cristallizzazioni e comportamenti anomali di un gas definito "aria alcalina", con focus su salificazioni, assorbimenti e fenomeni di combustione atipici.


Sommario

Il blocco documenta una serie di esperimenti condotti sull’"aria alcalina" (oggi identificabile come ammoniaca gassosa), descrivendone le reazioni con altre "arie" (gas), liquidi e solidi. L’incontro tra "aria alcalina" e "aria acida" (cloridrica) produce una «nuvola bianca» che «riempì l’intero recipiente», seguita dalla formazione di «un sale bianco solido», identificato come «sal ammoniaco» o «acido marino unito all’alcalino volatile» (1121-1122). Il sale risulta «deliquescente» se esposto all’aria comune, ma può essere stabilizzato modificando «la proporzione dei due tipi di aria nel composto» (1123-1125), mentre un eccesso di uno dei componenti ne accentua «l’odore pungente», «manifestamente acido o alcalino» a seconda della prevalenza (1126-1127).

L’"aria alcalina" reagisce diversamente con altri gas: con «aria nitrosa» genera una «nuvola biancastra» e assorbimento parziale (1128-1130), mentre con «aria fissa» (anidride carbonica) forma «cristalli allungati a rete» (1132-1133). Non interagisce con «aria infiammabile» (idrogeno) né con oli (1134-1145), ma viene assorbita da «spugne, carbone, stoffa» che ne acquisiscono «un odore pungente quasi intollerabile» (1146-1149). Particolare è l’effetto su «allume», che diventa «bianco opaco» senza alterare la forma esterna, suggerendo una «cattura del vapore alcalino» che sostituisce l’acqua strutturale (1150-1154).

L’"aria alcalina" mostra inoltre «una lieve infiammabilità», con fiamme «giallo-pallide» che si estendono nel recipiente (1162-1164), e un peso specifico maggiore rispetto all’«aria infiammabile comune» (1166). Gli esperimenti con «acido vitriolico» e «spirito di sale» confermano la formazione di «sali bianchi» (1158-1160), mentre l’«aria alcalina» non altera le proprietà di «aria comune» o «aria acida» se miscelata senza reagenti (1137-1139). Le osservazioni finali su «scintille elettriche rosse» (1165) e la «separazione stratificata» dei gas (1168-1171) completano il quadro delle sue caratteristiche fisico-chimiche.


12. Lettera a Sir John Pringle: confutazione degli errori sul pericolo delle paludi putride e sperimentazioni sull’aria corrotta

Un resoconto scientifico tra polemica e osservazione empirica: dalla critica a un trattato medico alle prove sulla tossicità dell’aria stagnante.

Il blocco consiste in una lettera indirizzata a Sir John Pringle, in cui l’autore espone i risultati di esperimenti sull’“aria” (gas) derivante da acque putride, confutando esplicitamente una tesi sostenuta dal Dott. Alexander di Edimburgo: «non c’è nulla da temere dal vicinato di paludi putride». L’autore, pur riconoscendo «molte osservazioni nuove, curiose e preziose» nei trattati di Alexander, ne contesta una conclusione «mal fondata e, per sua natura, pericolosa», richiamandosi all’autorità di Pringle stesso, che «ha spiegato chiaramente i grandi danni di tale situazione» nei suoi studi sulle malattie militari. La confutazione si basa su prove sperimentali: l’aria raccolta da acqua stagnante e nera, «offensiva ma non al punto da dissuadere dal suo uso», si rivela «estremamente nociva» se inalata, come dimostrato dall’impossibilità di far ardere una candela al suo interno dopo pochi minuti di contatto. L’autore sottolinea il rischio che «molte persone possano essere indotte a trascurare il pericolo» a causa della «plausibilità» delle argomentazioni di Alexander, pur ammettendo che «l’aria non è sempre malsana» se proviene da fonti diverse, come dimostrato da un esperimento condotto in una pozza vicino a Wakefield, dove le bolle «erano aria comune buona». Il tono oscilla tra il rigoroso resoconto scientifico e la preoccupazione per le conseguenze pratiche di teorie errate, con un accenno finale alla «sincerità e benevolenza» di Alexander, a cui si auspica giunga la correzione con spirito costruttivo.


13. Reazioni tra aria nitrosa, alcali volatili e metalli: osservazioni su nubi bianche, affinità chimiche e alterazioni dei materiali

Fenomeni di precipitazione e combinazione in ambienti gassosi controllati


Sommario

Il blocco descrive esperimenti in cui l’aria nitrosa (trad. di nitrous air) interagisce con alcali volatili (trad. di volatile alkali) e metalli, producendo nubi bianche (trad. di white clouds) simili a neve e alterazioni cromatiche su superfici metalliche. Le osservazioni si concentrano sulle condizioni che favoriscono o inibiscono la formazione di questi fenomeni: la presenza di aria comune (trad. di common air) e di effluvi putridi o alcalini (trad. di putrid, or alkaline effluvium) risulta determinante, mentre l’aria infiammabile (trad. di inflammable air) o l’assenza di umidità impediscono la reazione. Si nota che l’acido dell’aria nitrosa ha un’affinità più stretta col suo flogisto che con l’alcali volatile (trad. di “the acid of the nitrous air has a nearer affinity with its phlogiston than with the volatile alkali”), ma il flogisto, a sua volta, ha un’affinità più stretta con qualcosa nell’aria comune (trad. di “the phlogiston having a nearer affinity with something in the common air”), liberando l’acido per unirsi all’alcali. Le variabili sperimentali includono la quantità di superficie esposta, la tempistica di introduzione dei reagenti e l’uso di sali volatili (trad. di volatile salt) contenuti in reticelle di filo metallico, che subiscono corrosione e colorazione blu o rossa a seconda del metallo (ottone o ferro).

Un tema minore riguarda la diminuzione dell’aria comune (trad. di “diminution of common air”), legata alla formazione di calce (trad. di calx) e alla capacità dei gas di assorbire aria fissa (trad. di fixed air), senza però che la presenza dell’alcali volatile incida sensibilmente sul processo. Si accenna inoltre alla dispersione rapida dei fumi quando il sale viene esposto a spirito di nitro fumante (trad. di smoking spirit of nitre) o riscaldato con uno specchio ustorio, senza alterazioni misurabili dell’aria. Le conclusioni sottolineano come la comparsa delle nubi bianche funga da test per la respirabilità dell’aria (trad. di “a test of the fitness of air for respiration”), analogamente al rossore (trad. di redness) osservato nelle miscele con sola aria nitrosa.


14. Effetti dell’interazione tra aria nitrosa e ferro: variazioni, assorbimenti e fenomeni collaterali

Osservazioni sperimentali su reazioni impreviste, tempi di assorbimento e alterazioni chimiche in presenza di metalli, liquidi e agenti esterni.


Didascalia

Dall’estinzione delle candele ai residui di ruggine: dinamiche incerte e risultati contrastanti nella riduzione dell’aria nitrosa per azione del ferro.


Sommario

Il blocco documenta una serie di esperimenti sull’aria nitrosa esposta a ferro in condizioni variabili, evidenziando fenomeni anomali e differenze inspiegabili. L’autore nota come „senza alcuna agitazione in acqua, [l’aria nitrosa] fosse diminuita da aria nitrosa fresca, e che una candela bruciasse in essa in modo del tutto naturale“ (1415), un comportamento atipico rispetto ad altri casi, dove „il tempo in cui la diminuzione si completa è estremamente variabile“ (1418), oscillando „tra pochi giorni e una o due settimane“ a seconda del tipo di ferro impiegato. L’incertezza persiste anche con il mercurio: „non posso dire quali siano le variazioni del risultato quando l’esperimento avviene nel mercurio“ (1420), sebbene si osservi che „l’aria nitrosa non subì cambiamenti sensibili dopo nove giorni di esposizione al ferro nel mercurio, mentre in acqua si alterava notevolmente in meno della metà di quel tempo“.

Emergono fenomeni collaterali, come la „fiamma bluastra“ che „sembra allargarsi ai bordi“ (1422) poco prima che una candela si spenga nell’aria nitrosa, o la capacità dell’aria nitrosa „estremamente rarefatta“ di „dissolvere il ferro e diminuire quanto quella nel suo stato naturale“ (1421). La scarica elettrica riduce l’aria nitrosa „a un quarto della sua quantità originale“ (1423), analogamente a „limatura di ferro e zolfo“ o „fegato di zolfo senza calore“ (1423), mentre „l’aria diventa rossa“ se confinata con „acqua tinta di orchella“ (1425). Un ulteriore effetto inaspettato riguarda i chiodi e i fili di ferro usati per diminuire l’aria nitrosa: „dopo essere stati esposti all’aria aperta quasi quindici giorni, ridussero l’aria comune in cui erano confinati, diminuendola di un quinto in ventiquattr’ore“ (1426-1427), un potere che „diminuisce progressivamente“ (1428) fino a esaurirsi. L’ipotesi avanzata attribuisce il fenomeno al „flogisto, sia dell’aria nitrosa sia del ferro, in qualche modo intrappolato nella ruggine“ (1430).

Le osservazioni si estendono a miscele di limatura di ferro e zolfo, che „assorbono fino a tre o quattro barattoli di aria nitrosa“ (1431), sebbene „l’assorbimento diventi estremamente lento“ nelle fasi finali. La „superficie esterna“ della miscela, „raschiata via“, rivela una „materia che, esposta al fuoco di una lente, riduceva l’aria confinata rendendola nociva“ (1434), pur senza rilasciare gas apprezzabili nel mercurio. Si sottolinea inoltre come l’aria nitrosa „diminuita da limatura di ferro e zolfo“ non possa „essere ulteriormente ridotta molto oltre un quarto del suo volume“ (1435), a differenza dell’aria nitrosa pura, che „può essere diminuita fino a un ventesimo“ (1435). Tale comportamento „è simile all’effetto del flogisto sull’aria fissa e su quella acida“ (1436-1437), dove la „costituzione“ del gas viene alterata „fino a renderlo incapace di mescolarsi con l’acqua“.


15. Esperimenti su combustione e reazioni in differenti tipi d’aria: osservazioni su carta trattata, polvere da sparo e fenomeni gassosi

Ignizione controllata, espansioni anomale e rischi calcolati tra vapori, metalli e miscele esplosive

Sommario

Il blocco documenta una serie di esperimenti condotti su materiali combustibili — in particolare carta imbevuta di soluzioni metalliche in acido nitrico e polvere da sparo — esposti a differenti tipi d’aria (aria comune, infiammabile, acida, alcalina, nitrosa) per osservarne le reazioni. La carta trattata con rame, descritta come «easily fired, either by a burning lens, or the approach of red-hot iron», brucia in tutte le varianti d’aria tranne nel vuoto, generando un «addition to their bulk» composto da «nitrous air» e «inflammable air». Si notano fenomeni paradossali: in «inflammable air» la combustione della carta «did not ignite the air itself», ma il volume gassoso prima aumenta fino a riempire il recipiente, poi «one third of the whole quantity disappeared» senza spiegazione. Con «acid air», la carta «turned yellow» e l’aria si riduce a «one third of the original quantity», assumendo un «colour reddish, exactly like common air in a phial containing smoking spirit of nitre»; l’accensione successiva produce invece «air which more than filled the phial», simile a «pure nitrous air».

La polvere da sparo, testata con cautela per evitare esplosioni («I was rather afraid of firing gunpowder in inflammable air»), non altera sensibilmente le proprietà dell’aria se non in quella comune, dove «would not afterwards admit a candle to burn in it». Gli accorgimenti tecnici includono l’uso di pompe a vuoto («Mr. Smeaton’s construction») e recipienti riempiti di mercurio per «avoid any mixture of common air», fondamentale per prevenire «hazardous» reazioni con l’«inflammable air». Si accenna infine a tentativi con metalli alternativi (mercurio, zinco, ferro), che conferiscono alla carta «in a small degree, the same property» del rame, e a esperimenti in «exhausted receiver», dove la polvere «will not explode» e l’aria prodotta, miscelata a quella comune, risulta «very inconsiderable».

Note
Metodologia

16. Teorie sulla composizione dell’aria e il ruolo del flogisto nei processi naturali

Ipotesi sulla natura dell’aria comune, le sue trasformazioni e l’interazione con acqua, vulcani e sostanze organiche.


Sommario

Il blocco esplora la possibilità che l’“aria comune” sia composta da “acido aereo” (presunto costituente base) e “flogisto”, due principi che, combinati, generano “aria infiammabile” e, attraverso processi naturali, aria respirabile. L’“acqua” svolge un ruolo chiave: “può contenere una quantità considerevole di flogisto” e, tramite “lunga agitazione”, cedere o assorbire tale principio, alterando le proprietà dell’aria fino a “spegnere una candela” o a “renderla nuovamente combustibile”. Si ipotizza che “l’aria infiammabile” possa trasformarsi direttamente in aria “che estingue le candele” senza stati intermedi, mentre “l’agitazione in acqua” — analogamente a fenomeni come la “separazione della panna dal latte” — ne modifica la composizione, “senza aggiunta di aria fissa”.

I “vulcani” sono indicati come possibile origine dell’atmosfera: “le prodigiose quantità di aria infiammabile prodotte dalla combustione di legna o carbone” suggeriscono che “i vulcani, che un tempo ricoprivano quasi tutta la superficie terrestre, potrebbero aver generato la nostra atmosfera”. Il “flogisto in eccesso” emesso sarebbe stato assorbito “dalle acque del mare” o “dalle piante”, mentre “vapori acidi” — evidenti nel “diverso stato dell’atmosfera in climi caldi e freddi” (es. “i metalli arruginiscono a Barbadoes, ma non in Hudson’s Bay”) — si combinerebbero con il flogisto, “arricchendo la massa d’aria comune”. Si menzionano anche “fermentazioni vegetali” e “putrefazione” come fonti di “aria fissa” e “aria elastica permanente”, sebbene “sovraccarica di flogisto”.

La “natura contraddittoria” dei componenti — “un vapore acido così corrosivo” e un “flogisto” che, uniti, formano “sostanze miti come lo zolfo o l’aria” — non stupisce, data “la forte affinità” tra i due principi. Tuttavia, si ammette che “non è facile concepire” come il flogisto “diminuisca l’aria indipendentemente dalla precipitazione dei suoi componenti”, e si scarta l’ipotesi che “comunichi levità assoluta”. Le “variazioni di gravità specifica” e gli “esperimenti con topi in aria infiammabile agitata” (che sopravvivono “quasi come in aria comune”) suggeriscono meccanismi ancora da chiarire, mentre si auspicano “ulteriori indagini” per “determinare la natura del flogisto”.


Note


17. Teoria del flogisto, elettricità e luce: ipotesi su un principio unificante

Dalle proprietà chimiche del nitrato alle speculazioni sull’identità tra flogisto, elettricità e fenomeni luminosi: un tentativo di spiegare combustione, contrazione muscolare e conduttività attraverso un unico agente.

Il blocco esamina il flogisto come principio attivo nella combustione, nell’elettricità e nella generazione di luce, proponendo un’ipotesi unificante per fenomeni apparentemente distinti. Si parte dall’osservazione empirica che il “fumo infiammabile” (1721) – identificato come “aria infiammabile carica di materia eterogenea” – si accende al contatto con una fiamma, mentre “l’acqua carica delle parti più grossolane del combustibile” (1721) la spegne, dimostrando “differenze essenziali” (1722) tra i due. La polvere da sparo, capace di “prendere fuoco e esplodere in ogni tipo d’aria” (1724), suggerisce che “l’acido nitrico, formato per unirsi al flogisto, lo riceve istantaneamente” (1725), generando zolfo che si decompone “in una reazione che richiede un’atmosfera incumbente” (1726) per produrre l’esplosione. L’analisi si estende all’“aria nitrosa” (1727), descritta come “vapore acido nitrico unito a flogisto”, e alla sua decomposizione a contatto con l’aria comune, dove “il flogisto si lega all’acido della comune aria” (1728), precipitando “aria fissa” e assorbendo “ogni alcalino volatile presente”. L’autore contesta l’ipotesi dominante che “l’acido nitrico sia più forte di quello marino” (1729), citando esperimenti in cui “l’acido marino, sebbene chiamato debole, separa sia l’acido vitriolico che quello nitrico dal flogisto” (1729), e nota come “l’aria nitrosa prodotta dal ferro sia meno della metà di quella infiammabile” (1731), suggerendo una “combinazione più intima” (1732) tra flogisto e acido nitrico.

La seconda parte collega il flogisto all’elettricità e alla luce, partendo dall’osservazione che “l’elettricità del torpedo e dell’anguilla tremolante” (1743) – capace di “compiere un circuito anche in acqua, sostanza conduttrice” (1743) – potrebbe derivare da una “conversione del flogisto in fluido elettrico” (1758) operata dagli animali. L’autore ipotizza che “il cervello sia il laboratorio che trasforma il flogisto assunto con il nutrimento” (1758) in “elettricità generata”, distribuita “attraverso i nervi ai muscoli” (1758) per indurne la contrazione, come dimostrato dagli “effetti convulsivi dello shock elettrico” (1750). La “luce emessa da alcuni animali” (1763) e il “bagliore notturno di felini e insetti” (1765) vengono ricondotti a “fenomeni elettrici” (1766), mentre la “luce stessa è definita una modificazione del flogisto” (1771), poiché “solo le sostanze contenenti flogisto possono accendersi e diventare luminose” (1772). Il calore, invece, è “uno stato vibrazionale” (1773) indotto dal “rilascio di flogisto”, che in corpi “infiammabili” (1775) autoalimenta la reazione fino alla “riduzione in cenere”, mentre in altri richiede “calore esterno” (1776). L’autore difende il termine flogisto come “principio trasferibile” (1778) – distinto dal “fuoco”, termine “ambiguo” (1783) – e lo associa alla conduttività elettrica: “i metalli conducono finché contengono flogisto” (1790), mentre “l’acqua, pur contenendone traccia, non è infiammabile per l’unione intima” (1791). La conclusione suggerisce che “il flogisto, l’elettricità e la luce siano stati diversi di una stessa sostanza” (1788), con “vibrazioni specifiche” (1800) a determinarne le trasformazioni.


Note

(1721–1733) Le citazioni in inglese sono tradotte in italiano nel sommario. (1734–1744) Riferimenti a esperimenti su “spirito di nitro” e “mercurio” omessi per coerenza con il focus teorico. (1795–1800) L’accenno a “vuoto perfetto” e “conduttività” è escluso in quanto marginale al nucleo argomentativo.


18. Esperimenti sull’acidità e le reazioni chimiche in acque distillate e soluzioni (1772)

Indagini sistematiche sugli effetti di acidi, alcali e "aria fissa" in combinazione con sapone, latte e soluzioni metalliche: osservazioni su coagulazione, effervescenza e precipitazione.


Sommario

Il blocco documenta una serie di esperimenti condotti su acque distillate modificate con sostanze acide o alcaline, finalizzati a verificare reazioni chimiche specifiche. L’attenzione si concentra sull’olio di vetriolo (acido solforico), che, anche in quantità minime, altera il colore di uno sciroppo di violette conferendogli una „tinta purpurea (1814) e modifica il sapore dell’acqua, rendendolo „più gradevole“ (1816). Le prove includono l’aggiunta di sapone, che produce „grumi“ (1817) e schiuma con difficoltà, e di „spirito di sal ammoniaco“ o „sale di tartaro“ (1817), senza generare effervescenza. L’“aria fissa” (anidride carbonica) viene testata in soluzioni alcaline e lattee: non provoca „effervescenza“ (1818) con alcali fissi o volatili, né „grumi“ (1820) nel latte bollito, ma coagula il sapone, sebbene „in misura minore“ (1822) rispetto all’acido solforico. Acque di fiume e di pompa, confrontate con quelle distillate, mostrano „grumi più abbondanti“ (1825), suggerendo differenze nella composizione.

Un secondo filone esamina l’interazione tra „aria fissa“ e „saccarum saturni“ (acetato di piombo), che genera una „nuvola bianca e precipitazione“ (1829) e separa il piombo in „polvere bianca“ (1830). Gli esperimenti mirano a distinguere se la coagulazione del sapone dipenda dall’“acidità“ (1816) o dalla neutralizzazione degli alcali: l’“aria fissa“ trattata con „sale di tartaro“ (1827) non altera il risultato, confermando che „la presenza di un acido“ (1816) non è l’unico fattore. Le osservazioni si chiudono con un accenno a una lettera esterna (1832), segnalando applicazioni mediche dell’“aria fissa“ somministrata „per clistere“ (1832).


Note

19. Trattamento sperimentale della febbre putrida con aria fissa: il caso di Mr. Lightbowne (1772)

Un resoconto clinico dettagliato sugli effetti terapeutici dell’aria fissa in un caso di febbre putrida, con descrizione delle procedure, delle reazioni del paziente e delle innovazioni tecniche adottate.


Sommario

Il testo documenta il decorso e la cura di un giovane, Mr. Lightbowne, colpito da «fever [...] attended with those symptoms that indicate a putrescent state of the fluids» (1835), caratterizzata da «tongue [...] black» (1836), «thick black pellicle» (1838), «stools [...] watery, black, and fœtid» (1842) e «subsultus tendinum» (1844). Le terapie iniziali, basate su «Peruvian bark», «tormentil-root» (1836), «tincture of iron» (1837) e «astringent clyster» (1838), si rivelano inefficaci nel contrastare la «putrid ferment» (1845), che sembra «destroy the vis vitæ» (1845). La svolta avviene con l’introduzione dell’aria fissa (anidride carbonica), somministrata per via orale e rettale: «the introduction of fixed air into the alimentary canal» (1846) viene giustificata come «the most powerful corrector of putrefaction» (1846), ispirata dagli esperimenti del destinatario della lettera. Il metodo include «brisk orange-wine, which contained a good deal of fixed air» (1849), «water impregnated with fixed air from fermenting wort» (1850) e «air injected [...] from a fermenting mixture of chalk and oil of vitriol» (1851), con un dispositivo appositamente modificato per «prevent the rejection of air» (1854). I risultati sono rapidi: «his stools were less frequent; their heat [...] and fœtor were considerably diminished» (1853), «all the symptoms of putrescency had left him» (1859), fino alla «recovery» (1861), nonostante una recidiva febbrile attribuita a «having caught cold» (1861).

Il testo descrive anche le limitazioni del metodo: in altri due casi, l’aria fissa «did not produce a crisis before the period at which such fevers usually terminate» (1870), suggerendo che «the use of fixed air [...] was some disadvantage» (1871) senza l’ausilio del «orange-wine» (1871). Vengono infine menzionate innovazioni tecniche, come l’uso di «a flexible tube [...] for conveying the fume of tobacco» (1873) adattato per «continue the injection of air at pleasure» (1873), e accenni a potenziali applicazioni future dell’«nitrous air» (1875), scoperta successiva agli esperimenti qui riportati.


Note

Procedura di iniezione dell’aria fissa

Il metodo descritto (1855–1856) prevede:

  1. Un «six ounce phial» riempito per metà con «bits of chalk».
  2. Aggiunta di «oil of vitriol» per generare «fixed air».
  3. Un «bladder» collegato a un «flexible tube» (originariamente per «fume of tobacco») e a un «clyster-pipe».
  4. Inserimento del «clyster-pipe into the anus» prima della reazione chimica, per «prevent the rejection of air».
Terminologia

20. Trattamento clinico di una dissenteria emorragica persistente e progressione dei sintomi

Evoluzione terapeutica e decorso di un caso grave: dall’uso di radice di colombo e clisteri gassosi ai segni di scompenso sistemico.


Sommario

Il blocco documenta le fasi di gestione di un quadro di dissenteria con emissioni involontarie e sangue nero, grumoso e maleodorante (1960), trattato inizialmente con infuso di radice di colombo (1958) e dosi crescenti di astringenti come Gummi rubrum (1962). Nonostante gli interventi — tra cui clisteri di aria fissa (1963) per alleviare tensione addominale e flatulenza (1968), e vescicatorî applicati tra le spalle e sulle braccia (1964, 1974) — i sintomi persistono: il polso diventa duro e veloce (1961), poi debole, irregolare (1976), mentre il paziente mostra stupore (1961) e delirio (1977). La diarrea cessa solo temporaneamente (1973), ma compaiono dispnea lieve (1977) e urina pallida (1978), segni di peggioramento sistemico. Le prescrizioni si susseguono con aggiunte di Tinctura Serpentariæ (1974) e Confectio Damocratis (1971), mentre i clisteri rimangono l’unico sollievo parziale per il ventre gonfio (1979).

Temi minori includono l’osservazione degli effetti collaterali — come la perdita del fetore nelle feci (1966) dopo i trattamenti — e la progressione verso uno stato di sonnolenza e discorsi incoerenti (1977), suggellato dall’impiego di canfora in mucillagine (1981) nelle ultime prescrizioni. La narrazione clinica si concentra su tentativi terapeutici empirici, descrivendo sia i fallimenti (i sintomi continuavano come prima – 1973) sia i brevi miglioramenti (il paziente più tranquillo dopo i clisteri – 1968).


21. Decorso clinico e trattamenti sperimentali in casi di febbri putride e affezioni sistemiche

Tra terapie d’urgenza, sintomi critici e l’impiego controverso di rimedi gassosi nella pratica medica del XVIII secolo.

Sommario

Il blocco documenta l’evoluzione di tre casi clinici caratterizzati da febbri maligne, sintomatologia putrida e deterioramento progressivo, con particolare attenzione agli interventi terapeutici adottati e ai loro esiti contrastanti. Nei primi due episodi, descritti con precisione cronologica, si alternano fasi di apparente miglioramento — „la sua testa era meno confusa, e il sonno sembrava ristoratore“ (2031), „le feci erano meno frequenti, avevano perso il loro fetore“ (2062) — a ricadute drammatiche: „ogni sintomo sembrava indicare l’avvicinarsi della morte“ (2041), „fu colto da una violenta convulsione in cui spirò“ (2051). I trattamenti includono pratiche invasive (clisteri d’aria mefitica, salassi, pediluvi) e somministrazioni di „vino in quantità“ (2048) o „decotto di corteccia di china“ (2066), spesso giustificate dall’intento di „evitare i sintomi di putrefazione“ (2053) piuttosto che di guarire la malattia sottostante, giudicata „troppo maligna“ (2054).

Emergono temi minori come l’uso sperimentale di „aria fissa“ (anidride carbonica) per contrastare la „disposizione putrida dei fluidi“ (2083), la cui efficacia viene discussa in relazione a casi specifici: se nel primo paziente il rimedio „rispondeva agli scopi per cui era stato somministrato“ (2052) senza salvare la vita, nella giovane Elizabeth Grundy „i clisteri correggono il fetore delle feci“ (2077) e „la pulsazione scende a 110 battiti“ (2062), consentendo una ripresa. Il terzo caso, interrotto, introduce complicanze aggiuntive (tumori suppuranti, „materia saniosa e marrone“ (2072)) e accenna a terapie alternative per lo scorbuto, come „il mosto di malto“ (2085) o „i fumi di gesso e olio di vetriolo“ (2089), evidenziando un approccio empirico e talora disperato alla gestione delle „acrimonie generali“ (2086) e delle „alterazioni del sangue“ (2087).

Note
Terapie citate
Sintomatologia ricorrente
Contesto storico

Riferimenti a figure come Dr. Priestley (2084) e al College of Physicians collocano il testo nella seconda metà del ‘700, periodo di sperimentazione sui „gas medicinali“ e sulle proprietà antisettiche.


22. Opere polemiche e devozionali sulla dissidenza protestante: un catalogo di scritti tra dottrina, controversia e pratica religiosa (1770–1780 ca.)

Pubblicazioni a stampa tra saggi filosofico-teologici, catechismi, prediche e pamphlet indirizzati ai Protestant Dissenters, con focus su questioni ecclesiastiche, sacramentali e disciplinari. Il corpus include risposte a critici, difese del senso comune in teologia, e strumenti per l’istruzione religiosa familiare e giovanile, spesso in edizioni riviste o ampliate.


Il sommario evidenzia un nucleo tematico coeso intorno alla dissidenza protestante inglese del XVIII secolo, articolato in tre filoni principali: controversie dottrinali, pratica sacramentale e pedagogia religiosa. Le opere si rivolgono sia a un pubblico interno ai Dissenters (A Free Address to Protestant Dissenters, 2307; as such, 2334) sia a interlocutori esterni, come dimostrano le risposte a figure quali il Rev. Venn (in Answer to his Examination, 2314) o il dottor Priestley (Letters to the Author of Remarks, 2338). La difesa del senso comune (on the Principles of Common Sense, 2302) e la critica alle false nozioni di religione (the Corruption of it by false Notions, 2329) suggeriscono un impegno apologetico, mentre i catechismi per bambini (2317, 2320) e le forme di preghiera familiare (2322) rivelano un’intenzione normativa. Le edizioni ampliata (2336) o con aggiunte (2309) segnalano un dibattito in evoluzione, così come la presenza di sconti per la distribuzione gratuita (An Allowance is made to those who buy this Pamphlet to give away, 2337) indica una strategia di diffusione militante. Tematiche minori includono la ragione in materia di religione (The Use of Reason, 2342) e il libero arbitrio (The Power of Man to do the Will of God, 2344), trattate in chiave polemica.


Note

Frasi in lingua originale tradotte: