Joseph Priestley - Experiments and Observations on Different Kinds of Air - Dettagli | 15m
1. Il conflitto tra scienza e politica: priorità, riconoscimento e posterità
Scienza trascurata dagli élite, ma vitale per il progresso: un’analisi delle dinamiche sociali che ostacolano o favoriscono la conoscenza, tra disinteresse aristocratico, mecenatismo borghese e la supremazia intellettuale di figure come Franklin, Bacon e Newton. La scelta di dedicarsi alla ricerca come atto di beneficenza universale, contro l’effimero delle carriere politiche.
Il testo delinea una tensione tra due mondi: quello „transitorio“ della politica, dove „il successo [...] raramente si estende oltre un paese e un’epoca specifici“, e quello „immutabile“ della scienza, capace di rendere un uomo „benefattore di tutta l’umanità, e di ogni tempo“. L’autore denuncia l’indifferenza delle classi agiate britanniche — „mai così scarsa dai tempi di Bacon“ — verso le discipline scientifiche, compensata però dall’impegno di „uomini di agio, spirito e ingegno“ nei ceti medi, garanzia di „progresso nella conoscenza utile“. Emergono temi minori: il ruolo della ricchezza come „vantaggio decisivo“ per la ricerca (pur non essenziale alla sua sopravvivenza), la superiorità morale e intellettuale della scienza („il sistema della natura è superiore a qualsiasi sistema politico“), e la critica ai „progetti miserabili“ dei politici che tentano di „costruire“ sulle macerie della reputazione altrui, come quella di Franklin, „estesa quanto la scienza stessa“.
La decisione di sospendere una „storia della filosofia sperimentale“ — non per disamore, ma per mancanza di „ragionevole indennizzo“ — rivela la frammentarietà dei sostegni economici alla ricerca, mentre la promessa di continuare a „comunicare al pubblico“ i risultati sottolinea una vocazione alla condivisione disinteressata. La struttura dell’opera riflette questa etica: un’„ordine storico“ che preserva la cronologia delle scoperte, pur adottando „un arrangiamento diverso“ per „illustrazione reciproca“ dei contenuti. La citazione di Beccaria — „mi spiace che il mondo politico [...] rubi il grande Franklin al mondo della natura“ — funge da monito contro la subordinazione della scienza a interessi effimeri, mentre l’autore si riserva di pubblicare, „a suo agio“, una storia dell’aria, „probabilmente molto ampliata“, come atto finale di una carriera dedicata a „materiali“ per future generazioni.
2. Metodi e proprietà dell’acqua impregnata di aria fissa: preparazione, applicazioni e osservazioni chimiche
Preparazione artificiale di acque effervescenti, analisi delle loro reazioni con metalli e sostanze alcaline, e confronto con le acque termali naturali per usi medici e pratici.
Procedura di impregnazione e conservazione
L’aria fissa (oggi nota come anidride carbonica) può essere trattenuta in recipienti riempiti d’acqua se separata da uno strato di olio spesso circa „half an inch“ („mezzo pollice”), garantendone la conservazione prolungata. L’agitazione vigorosa accelera l’assorbimento: „più di un volume equivalente di aria può essere trasmesso a una grande quantità d’acqua nel giro di pochi minuti“, sebbene questo metodo riduca la quantità assorbibile rispetto a tecniche più lente, come l’uso del mercurio. L’autore sottolinea l’efficacia di materiali economici — „gesso e olio di vetriolo“ (acido solforico) — per generare l’aria fissa, pur ammettendo che „alcune persone preferiscono ceneri di perla, marmo pestato o altre sostanze calcaree o alcaline“, senza però esprimere una preferenza definitiva.
L’acqua così trattata acquisisce proprietà metalliche: „dissolve facilmente il ferro“, trasformandosi in una „chalybeate forte e dal sapore più mite e gradevole“. Viene inoltre segnalata l’assenza di residui acidi volatili („non contiene la minima quantità percettibile di quell’acido“) dopo l’esame chimico, sebbene si osservi una minore reattività con il sapone, fenomeno attribuito all’aria fissa stessa e non a contaminanti. L’aria fissa è descritta come „di natura acida, sebbene debole e peculiare“, capace di „cambiare il succo blu di tornasole in rosso“ — effetto reversibile all’esposizione all’aria aperta.
Applicazioni mediche, limiti e varianti
L’autore propone l’uso terapeutico dell’acqua impregnata come surrogato delle „acque di Pyrmont o Seltzer“, le cui „virtù medicinali dipendono dall’aria fissa in esse contenuta“. Si ipotizza l’efficacia contro lo „scorbuto marino“, analogamente alla birra fermentata raccomandata dal dottor Macbride, e si suggerisce di potenziare l’effetto aggiungendo „limatura di ferro“ per ottenere una soluzione chalybeate. Esperimenti con ghiaccio dimostrano che „il freddo non favorisce l’assorbimento”: l’aria fissa non viene assorbita dai cubetti immersi, mentre „non appena il ghiaccio si scioglie, l’aria viene assorbita come di consueto“.
Le bevande alcoliche („birra, vino o sidro“) possono essere „rivitalizzate“ reinettandovi aria fissa, sebbene il „sapore acidulo caratteristico“ risulti meno percettibile in liquori dal gusto marcato. Si nota infine che l’acqua impregnata „sembra più forte e frizza di più“ dopo un periodo di conservazione, ma questo indica anche una „maggiore facilità di rilascio dell’aria“, riducendone l’efficacia terapeutica a livello gastrico. L’autore esclude la possibilità di impregnare il ghiaccio, confermando che „l’assorbimento avviene solo allo stato liquido“.
Note
[2] L’esperimento con „un lungo tubo di vetro riempito di sali alcalini“ mira a verificare l’eventuale presenza di acido solforico volatile, senza riscontri positivi. Il tornasole (tournesole) citato è un indicatore naturale di pH.
3. Esperimenti sulla mescolanza e la stabilità di aria fissa e aria infiammabile
Saggi e osservazioni su reazioni inaspettate, assorbimenti e persistenze in miscele gassose conservate per anni.
Sommario
Il blocco documenta una serie di esperimenti volti a verificare l’ipotesi che la combinazione di “aria fissa” e “aria infiammabile” — considerate “il contrario l’una dell’altra in diverse proprietà notevoli” — potesse generare “aria comune”. L’autore ammette l’errore iniziale di aver creduto nel successo della mescolanza a causa di “vesciche sottili” che “non impedivano sufficientemente all’aria in esse contenuta di mescolarsi con l’aria esterna”, e descrive i metodi adottati per isolare i gas, come l’uso di “tappi di sughero” con “un po’ d’acqua nel collo” dei recipienti o l’immersione in “mercurio”. Nonostante “qualunque metodo adottato per promuovere la mescolanza” si rivelasse “del tutto inefficace”, alcune miscele conservate “quasi tre anni” mostrano “effetti parziali”: in un caso, l’“acqua irruppe all’istante” nel recipiente, “riempiendone quasi metà”, mentre in un altro, l’“aria infiammabile risultava estremamente rarefatta”, pur senza “assorbimento spiegabile”.
Si esplorano poi le reazioni con sostanze affini al “flogisto” (come “olio di vetriolo” e “spirito di nitro”), osservando che l’“aria infiammabile” mescolata ai “fumi dello spirito di nitro” “scoppia in un’unica esplosione”, simile a una miscela con “aria comune”, ma senza alterazioni permanenti. L’autore nota anche che “tre quarti dell’aria infiammabile” vengono “assorbiti dall’acqua” in due giorni, mentre il residuo, “debolmente infiammabile”, sembra “diventare adatto alla respirazione” dopo agitazione. Le conclusioni evidenziano “effetti inaspettati” e “nuove osservazioni sulle affinità” tra gas e acqua, senza però fornire una spiegazione definitiva per “la diminuzione di quantità d’aria” oltre i fenomeni di assorbimento noti.
4. Sull’inefficacia dei metodi tradizionali nel purificare l’aria viziata da respirazione e putrefazione
L’impossibilità di rigenerare l’aria corrotta mediante acqua, calore, agitazione o sostanze volatili.
L’autore documenta una serie di esperimenti volti a ripristinare l’aria resa nociva dalla respirazione animale o dalla putrefazione, tutti falliti. L’aria „caricata di effluvi nocivi“ (577) non trae beneficio dall’immersione prolungata in acqua dolce o salata, né dall’agitazione manuale, dal riscaldamento o dall’esposizione alla luce. Anche l’uso di „fumi di zolfo ardente“ (584) o di „effluvi del sale di nitro“ (586) si rivela inefficace, così come la condensazione, la rarefazione o il contatto con terra vegetale. Le proprietà dell’aria viziata — capacità di „estinguere la fiamma“ (598), tossicità per gli animali, odore offensivo — rimangono inalterate, suggerendo una „affinità“ (593) con l’aria comune che non consente miscelazioni spontanee attraverso barriere liquide.
Si osserva tuttavia una parziale riduzione del volume quando l’aria viene fatta passare in acqua, fenomeno attribuito alla separazione di un „principio costitutivo“ (605), probabilmente „aria fissa“ miscibile con l’acqua. La contrazione è più evidente dopo putrefazione o respirazione prolungata, mentre l’aria infiammabile mantiene le sue proprietà anche dopo settimane di isolamento. L’identità tra aria viziata da respirazione e quella da putrefazione è confermata dalla loro „stessa azione su fiamme, animali e olfatto“ (598), portando a ipotizzare un ruolo dei polmoni nel „portar via un effluvio putrido“ (599) che, altrimenti, colpirebbe il corpo vivo come quello morto.
5. Effetti delle piante sull’aria putrida: esperimenti con menta, insetti e topi
Osservazioni sulla capacità delle piante di rigenerare aria viziata da decomposizione o respirazione animale.
Sommario
Il blocco documenta una serie di esperimenti condotti per verificare come le piante interagiscano con „aria putrida“, letale per gli animali ma apparentemente „più vigorosa per la vegetazione“ („in no other circumstances have I ever seen vegetation so vigorous as in this kind of air“). Gli insetti, come afidi, „proliferano“ („so fast did they multiply“) su piante esposte a tale aria, mentre „foglie di menta muoiono se immerse in aria fortemente putrefatta“ („sprigs of mint have presently died“), salvo poi „crescere in modo sorprendente“ („thrive in a most surprizing manner“) se sopravvivono. Le piante, a differenza degli animali, „invertirebbero gli effetti della respirazione“ („reverse the effects of breathing“), rendendo l’aria „più salubre“ („sweet and wholesome“) dopo che topi vi hanno respirato o sono morti. Esperimenti ripetuti confermano che „un topo sopravvive in aria ‘rigenerata’ dalla menta, ma muore all’istante in quella non trattata“ („a mouse lived perfectly well in that part of the air in which the sprig of mint had grown, but died the moment it was put into the other part“), sebbene la qualità dell’aria restaurata risulti „inferiore di circa un quarto rispetto a quella fresca“ („the restored air wanted about one fourth of being as wholesome as common air“). Si ipotizza che „le piante assorbano gli effluvi putridi tramite le foglie“ („the putrid effluvium is in some measure extracted from the air, by means of the leaves“), anche se „in autunno alcuni esperimenti falliscono“ („towards the end of the year some experiments did not answer so well“), richiedendo verifiche successive. La crescita „di germogli vecchi e nuovi“ („three old shoots had extended themselves about three inches, and several new ones had made their appearance“) in aria nociva suggerisce un meccanismo di purificazione attivo, sebbene non costante.
Note
Le frasi (638–643) introducono il contesto empirico; (644–647) espongono l’ipotesi centrale e il protocollo; (648–651) segnalano variabilità nei risultati; (652–662) dettagliano prove ripetute con misurazioni quantitative. Le citazioni in corsivo sono traduzioni letterali dall’inglese.
6. Sulla scoperta e le proprietà dell’“aria nitrosa”: esperimenti, reazioni e anomalie osservate
Un resoconto sistematico delle indagini su un gas inedito, tra metodi di produzione, effetti sulla miscela con l’aria comune e implicazioni inaspettate.
Sommario
Il testo documenta la scoperta accidentale e lo studio approfondito di un’“aria nitrosa” ottenuta per soluzione di metalli in acido nitrico („spirit of nitre“), un gas che l’autore si trova costretto a nominare in assenza di precedenti: «non mi piace del tutto il termine, ma né io né i miei amici abbiamo trovato di meglio». La descrizione si apre con il riferimento a un esperimento di Dr. Hales — «una miscela torbida rossa» in cui «parte dell’aria comune veniva assorbita» — che, pur citato, era rimasto «così poco notato» da non aver mai ricevuto un nome. L’autore estende la ricerca a metalli come ottone, ferro, rame, stagno, argento, mercurio, bismuto e nichel, notando come il gas prodotto conservi «le stesse proprietà» indipendentemente dalla fonte, con un «odore forte e caratteristico, simile a quello dell’acido nitrico fumante» e una reazione termica marcata.
Il fenomeno centrale è la «diminuzione notevole» del volume quando l’aria nitrosa si mescola a quella comune: «un quantitativo di aria che, per così dire, divora una quantità d’aria di un altro tipo grande la metà di sé», senza però aumentare il proprio volume, anzi riducendosi. Gli esperimenti quantificano la contrazione — «circa un nono del volume originale» in pochi minuti, fino a «un quinto in meno» dopo giorni — e rivelano asimmetrie: l’aggiunta di ulteriore aria nitrosa a una miscela satura «non produce alcuna rossore» né effetti visibili, mentre «la più piccola quantità di aria comune» in grandi volumi di aria nitrosa «aumenta il volume di circa metà oncia». Si ipotizza che la diminuzione coinvolga «sia l’aria comune che quella nitrosa», con prove in mercurio (anziché acqua) che mostrano «una riduzione minore» e un «rossore persistente». Le osservazioni suggeriscono comportamenti anomali, come la «diminuzione straordinaria» dell’aria nitrosa stessa, lasciando aperte domande sulla natura del fenomeno.
7. Variazioni e proprietà dell’aria nitroso-flogistica in reazione con metalli e agenti chimici
Esperimenti sulla riduzione progressiva e le trasformazioni dell’aria nitrosa a contatto con ferro, zolfo e soluzioni, con osservazioni su inflammabilità, estinzione e riacquisizione di respirabilità.
Sommario
Il blocco descrive le alterazioni subite dall’aria nitrosa (oggi ossido di azoto) quando esposta a ferro, zolfo o fegato di zolfo (solfuro di potassio), evidenziando come la sua quantità si riduca fino a „un ventesimo della quantità originale“ (1409) e come, oltre una certa soglia („tre quarti della quantità originale“ – 1410), non consenta più la combustione di una candela. Si nota una differenza rilevante: mentre il ferro e il fegato di zolfo portano l’aria a uno stato in cui „non ammette una candela a bruciare“ (1410), la miscela di limatura di ferro e zolfo „non la riduce mai a tale stato“ (1411) e, dopo il processo, „non è più capace di diminuire l’aria comune“ (1411). Tale divergenza viene attribuita all’agitazione in acqua, che annulla queste proprietà e rende l’aria „equamente adatta alla respirazione“ (1412) in entrambi i casi.
Si ipotizza che le variazioni dipendano „dal modo di combinazione del suo acido con il flogisto, o dal rapporto tra questi due ingredienti“ (1414), suggerendo che una maggiore precisione nei parametri (come „gradi di calore uguali“ – 1413) potrebbe chiarire „tutto il mistero di questa proporzione e combinazione“ (1414). Vengono segnalate anomalie: in un esperimento, l’aria esposta a ferro per „una o due settimane in più“ (1417) ha permesso la combustione „senza agitazione in acqua“ (1415), fenomeno „di cui non so spiegare la causa“ (1416). La velocità di riduzione varia („a volte pochi giorni, altre una o due settimane“ – 1418) a seconda del tipo di ferro (1419) e del mezzo (acqua o mercurio – 1420), mentre l’aria nitrosa „estremamente rarefatta“ (1421) dissolve il ferro „altrettanto quanto nello stato naturale“ (1421).
Si osservano effetti collaterali: la fiamma di una candela, prima di spegnersi, „sembra allargarsi ai bordi, con una fiamma bluastra“ (1422); la scintilla elettrica riduce l’aria „a un quarto della quantità originale“ (1423), portandola „allo stesso stato“ (1424) della reazione con limatura e zolfo, e ne altera il colore se confinata con „acqua tinta di orcella“ (1425). Infine, il ferro usato per ridurre l’aria nitrosa, se esposto all’aria comune, „la diminuisce di un quinto in ventiquattr’ore“ (1427), effetto attribuito al „flogisto intrappolato nella ruggine“ (1430) che si libera gradualmente („il potere diminuisce col tempo“ – 1428). La limatura di ferro e zolfo, dopo aver assorbito „tre quarti dell’aria nitrosa“ (1431), continua a reagire con „nuova aria nitrosa“ (1432), seppur „molto lentamente“ (1431), e riacquista capacità assorbente se „si gratta via lo strato esterno“ (1433).
8. Applicazione terapeutica dell’"aria fissa" in un caso di febbre putrida: esperimenti chimici e resoconto clinico
Trattamenti innovativi con gas e soluzioni chimiche tra osservazioni di laboratorio e pratica medica d’urgenza.
Sommario
Il blocco documenta due ambiti interconnessi: l’analisi chimica dell’"aria fissa" (anidride carbonica) e il suo impiego terapeutico in un caso di febbre putrida, descritto in una lettera indirizzata a Joseph Priestley. Le osservazioni iniziali (1829-1831) riguardano reazioni chimiche precise, come la formazione di un "white cloud and precipitation" quando l’"aria fissa" satura acqua distillata miscelata con una soluzione di "saccharum saturni" (acetato di piombo), o la separazione del piombo in "polvere bianca" dopo il passaggio del gas attraverso un sale alcalino. Tali esperimenti fungono da premessa scientifica per l’applicazione medica successiva.
Il resoconto clinico (1834-1853) dettaglia il decorso di un giovane colpito da febbre putrida, caratterizzata da sintomi gravi: lingua "ricoperta da una spessa pellicola nera", delirio, dissenterie con "feci nere, acquose e fetide" e "calore tale da bruciare" (1844), oltre a "tremori tendinei" (1843). Dopo terapie convenzionali fallimentari (corteccia di china, clisteri astringenti), si opta per l’iniezione rettale di "aria fissa", metodo ispirato dagli studi di Priestley e Macbride. Il gas, somministrato tramite clisteri o bevande gassate (come "vino d’arancia effervescente"), corregge la putrefazione intestinale: già il 23 gennaio (1853) si registra una "diminuzione della frequenza e del fetore delle feci", la scomparsa del delirio e dei tremori. Il testo sottolinea il razionale terapeutico — "correggere il fermento putrido" (1845) per arrestare la diarrea e salvare il "vis vitæ" — e l’urgenza di sperimentare soluzioni innovative di fronte a una malattia letale. Emergono temi minori come le tecniche di somministrazione (clisteri, bevande impregnate), la collaborazione tra medici (1848) e l’adattamento delle terapie alle condizioni del paziente (es. rifiuto dei liquidi, sostituzione della china in polvere con tintura).
9. Applicazioni terapeutiche dell’“aria fissa” nella tisi polmonare e nelle ulcere purulente
Uso clinico dei vapori antisetici tra sperimentazioni empiriche e limiti terapeutici
Sommario
Il blocco documenta l’impiego sperimentale dell’“aria fissa” (anidride carbonica) come rimedio antisetico in pazienti affetti da «phthisis pulmonalis» («tisi polmonare»), con particolare attenzione alle fasi avanzate della malattia, quando «a purulent expectoration takes place» («si verifica un’espettorazione purulenta»). L’autore giustifica l’approccio citando osservazioni in località termali come Bath e Buxton, dove «the bathers inspire it with impunity» («i bagnanti la inspirano senza danni»), e riporta casi clinici in cui «the hectic fever has in several instances been considerably abated» («la febbre ettica è stata in più casi notevolmente ridotta»), pur senza giungere a «effect a cure» («ottenere una guarigione»). Vengono descritte somministrazioni tramite «steams of an effervescing mixture of chalk and vinegar» («vapori di una miscela effervescente di gesso e aceto»), metodo poi sostituito da «vinegar and potash» («aceto e potassa»), mentre un collega, «Dr. Withering», dichiara successi parziali, tra cui «one Phthisical patient [...] has by a similar course intirely recovered» («un paziente tisico [...] è guarito completamente con un trattamento simile»).
Parallelamente, si esplorano applicazioni esterne su «foul ulcers» («ulcere fetide»), inclusi casi di «sanies of a cancer» («secrezioni cancerose»), dove l’aria fissa «has been sweetened by it, the pain mitigated» («ha attenuato l’odore, mitigato il dolore»), sebbene «a cure will not be effected» («non si otterrà una guarigione»). Un esperimento con «tincture of myrrh» («tintura di mirra») e altre soluzioni dimostra che «the medicinal action [...] cannot be ascribed to the extrication of fixed air» («l’azione medicinale [...] non dipende dall’emissione di aria fissa»), suggerendo che l’efficacia dei vapori antisetici derivi da altri meccanismi. Le osservazioni concludono con riferimenti a casi in corso presso «the Manchester infirmary», dove il trattamento «has been assiduously applied, but without any further success» («è stato applicato con costanza, ma senza ulteriori risultati»). Emergono temi minori come la distinzione tra palliativo e cura, la variabilità dei risultati tra pazienti e la critica ai metodi tradizionali di fumigazione.
10. Casi clinici e sperimentazioni terapeutiche con l’“aria mefitica”: resoconto di un trattamento d’urgenza (1772)
Resoconto medico di un intervento su un paziente in condizioni critiche, tra bilanci terapeutici, prescrizioni empiriche e ipotesi su applicazioni future.
Sommario
Il testo documenta un episodio clinico del 1772 in cui un uomo di quarantaquattro anni, descritto come «corpulent, inactive» («corpulento e sedentario») e con «habits of intemperance» («abitudini intemperanti»), viene colpito da sintomi premonitori di un «apoplexy» (ictus o attacco apoplettico), seguiti da «bilious looseness» («diarrea biliare») ed «hœmorrhage from the nose» («emorragia nasale profusa»). Il medico, chiamato «on the 9th» («il 9 [luglio]»), registra un quadro allarmante: «countenance was bloated» («volto gonfio»), «pulse hard, full, and oppressed» («polso duro, pieno e oppresso»), «griping pains in his bowels» («dolori lancinanti alle viscere») e «stools [...] very offensive» («feci [...] molto maleodoranti»). Il paziente era già stato sottoposto a salasso («eight ounces of blood») e a una «saline mixture» («miscelazione salina») su indicazione di un altro chirurgo.
Il resoconto si sofferma sulla prescrizione dettagliata di un «draught» (bevanda medicinale) a base di «Aq. Cinnam.» (acqua di cannella), «Succ. Limon.» («succo di limone recente»), nitrato e sciroppo, da assumere ogni quattro ore, integrata da «rhubarb» (rabarbaro) la sera. Il caso si inserisce in una riflessione più ampia sull’efficacia dell«aria mefitica» (gas tossici o vapori nocivi), già sperimentata con esiti «salutary» («benefici») in altri due episodi citati in apertura. L’autore ipotizza un’estensione del metodo alla «Dysentery» («dissenteria»), definendo la proposta «worthy of trial» («degna di sperimentazione»), pur senza fornire esiti del trattamento descritto. Emergono temi minori come la collaborazione tra medici (il riferimento a «Mr. Hall, a surgeon of eminence»), la prassi terapeutica dell’epoca (salassi, purgante) e la descrizione minuziosa dei sintomi fisici come base per la diagnosi.
11. Effetti terapeutici dell’aria fissa e delle sostanze fermentanti: osservazioni cliniche e sperimentazioni del XVIII secolo
Trattamenti empirici e ipotesi mediche su scorbùto, tumori, convulsioni e alterazioni umorali attraverso l’uso di aria fissa, birra effervescente, infusi di malto e vapori chimici.
Sommario
Il blocco documenta applicazioni e risultati contrastanti di rimedi basati su aria fissa (anidride carbonica) e sostanze fermentanti in casi clinici eterogenei. Inizialmente si registrano miglioramenti: le feci del paziente perdono il “fœtor”, la diarrea “si attenua” e le ferite mostrano “materia di colore e consistenza migliori”, meno maleodorante. Tuttavia, l’interruzione del trattamento coincide con la comparsa di un “grosso tumore sotto l’orecchio destro”, che ostacola la deglutizione e induce il rifiuto di cibo e medicine; si ipotizza un peggioramento rapido, con “questo giovane amabile” destinato a “spirare sotto il suo male”. Parallelamente, si esplorano usi alternativi: l’“aria fissa” in acqua o infusi di malto viene proposta per “correggere la disposizione putrida dei fluidi” e “dare nuova forza a tutto il sistema”, con riferimenti a sperimentazioni navali promosse dal “Collegio dei Medici” e dalla “Marina di Sua Maestà”. Si citano casi di “eruzioni scorbutiche” trattate con “fumi di gesso e olio di vetriolo”, che, pur causando “prurito e punture”, riducono le secrezioni sierose; analogamente, la “birra di Burton in vivace effervescenza” arresta “immediatamente” i “conati convulsivi” di una paziente, effetto attribuito al “potere cordiale” e all’“abbondanza di aria fissa” nei liquidi fermentati.
Emergono temi minori: il dubbio sulla “coagulazione del sangue” indotta dall’aria fissa, smentito da un esperimento su un giovane sano; la menzione di “vibici” (lividi) che scompaiono con l’uso del “mosto”; la corrispondenza con un medico di Bath che conferma un “sapore simile all’acqua catramosa” in acqua impregnata di aria fissa anni prima. Le osservazioni si chiudono con un invito a “stimolare l’attenzione dei medici” verso un rimedio “applicabile a molti importanti scopi medicinali”, senza però approfondire ulteriormente.
12. Osservazioni su un fenomeno ignoto: le fiamme sull’acqua nelle colonie americane
Un resoconto epistolare su un evento naturale inspiegabile tra scetticismo e tentativi di riproduzione.
Sommario
Il blocco documenta un fenomeno curioso osservato nelle acque di alcune regioni americane, descritto in una lettera di Benjamin Franklin a un corrispondente. L’evento consiste nell’“accensione improvvisa di una fiamma sulla superficie dell’acqua” (2161), innescata avvicinando una candela accesa a zone melmose dopo averle agitate: la fiamma, “così improvvisa e forte” (2164), dura alcuni secondi e danneggia persino gli indumenti di chi la provoca. Franklin riferisce testimonianze indirette raccolte nel New Jersey (1764), dove si ipotizza un legame con “qualcosa simile a un olio volatile di trementina” (2165) proveniente da paludi di pini, sebbene l’ipotesi non lo convinca appieno. Il fenomeno, inizialmente considerato “troppo strano per essere vero” (2169), viene confermato da una lettera del reverendo Finley (1765), letta alla Royal Society ma non pubblicata per timore di “ridicolo” (2169): qui si descrive un “bagliore come spiriti infiammati” (2171) in uno stagno melmoso, riproducibile in altri siti con fondali simili. Franklin tenta senza successo di replicare l’esperimento in Inghilterra (2176-2177), sottolineando la difficoltà di validare osservazioni lontane e la riluttanza della comunità scientifica ad accoglierle.
Il testo evidenzia temi minori come la circospezione verso resoconti anomali (“forse perché si pensava troppo strano per essere vero” (2169)), il ruolo del caso nelle scoperte (“la scoperta fu fatta per accidente” (2175)), e il contrasto tra testimonianze locali e fallimenti sperimentali in contesti diversi. Le citazioni dirette servono a ancorare il sommario a dettagli concreti: la “considerabile increspatura sulla superficie” (2173) necessaria all’innesco, la durata “di diversi secondi” (2173) della fiamma, e il riferimento a “fondali melmosi” (2174) come elemento ricorrente. L’insieme dipinge un quadro di scienza empirica in formazione, dove l’autorità delle osservazioni dipende dalla loro riproducibilità e dalla credibilità degli informatori.
13. Esperimenti con l'aria nitrosa e metalli pesanti: osservazioni su piombo, mercurio e precauzioni igieniche
Osservazioni chimiche e cautele sanitarie tra Settecento e contaminazione da metalli.
Sommario
Il blocco documenta una serie di esperimenti condotti con aria nitrosa (ossido di azoto) su metalli pesanti, in particolare piombo e mercurio, evidenziando reazioni chimiche e implicazioni pratiche. Si descrive come «i precipitati di entrambi al mattino fossero esattamente dello stesso tipo» e come l’acqua infusa con piombo mostrasse «segni di una impregnazione saturnina ancora più forte», suggerendo un processo di corrosione o dissoluzione analogo a quello dell’aria fissa (anidride carbonica) sul ferro. Lo sciroppo di violette aggiunto all’acqua nitrosa assume dapprima «un rosso pallido», poi «un colore marrone torbido» dopo un’ora, indicando una trasformazione progressiva. L’autore ipotizza che «il nitre [nitrato] possa formarsi nel terreno nelle grandi città» e che «il nitre fossile sia stato effettivamente trovato in tali situazioni», avvertendo dei rischi connessi all’uso di «pompe di piombo» per l’approvvigionamento idrico. Il tentativo di dissolvere «il mercurio con gli stessi mezzi» risulta invece «senza successo».
Il testo si chiude con una formula epistolare («con la più sincera stima, il vostro obbligato e obbediente servitore, Tho. Henry») e note bibliografiche che rimandano a trattati contemporanei su acque minerali, gestione ostetrica e applicazioni mediche esterne, tra cui «le osservazioni dell’autore sull’efficacia delle applicazioni esterne nelle ulcere della gola» e «le istruzioni per impregnare l’acqua con aria fissa» per replicare le proprietà delle «acque di Pyrmont». Le citazioni in nota includono riferimenti a casi clinici («languì una settimana, poi morì») e alla «potenza stimolante» di «vegetali efficaci contro lo scorbuto», accennando a temi minori come la terapia delle malattie carenziali e la sperimentazione omessa in edizioni successive.
14. Opere e scritti di riflessione religiosa e pedagogica per dissidenti protestanti
Elenco di pubblicazioni a carattere teologico, catechetico e disciplinare indirizzate a famiglie, comunità e leader religiosi dissidenti, con focus su educazione, dottrina e controversie interne al protestantesimo inglese del XVIII secolo.
Sommario
Il blocco documenta una produzione editoriale rivolta ai Protestant Dissenters, caratterizzata da testi di formazione religiosa, dibattiti dottrinali e strumenti pratici per la vita comunitaria. Le opere spaziano da catechismi per „Children and Young Persons“ (2317) e „Scripture Catechism“ (2320) — quest’ultimo strutturato come „Series of Questions, with References to the Scriptures instead of Answers“ — a trattati su „Church Discipline“ (2329) e „the Civil and Ecclesiastical Constitution of England“ (2325), riflettendo un interesse sia pedagogico che politico-teologico. Emergono tensioni interne, come nelle „Considerations on Differences of Opinion among Christians“ (2313) e nella „Preliminary Discourse concerning the Spirit of Christianity, and the Corruption of it by false Notions of Religion“ (2329), dove si denuncia la „corruzione“ della fede per „falsi concetti di religione“. Particolare rilievo assume la „resigning the Pastoral Office“ (2332) in un sermone del 1773, evento biografico che suggella il legame tra autore e comunità. Le edizioni multiple (es. „2d Edit.“ in 2317, 2322, 2325) segnalano una circolazione attiva, mentre i prezzi dettagliati (da „2d.“ a „2s.“) ne attestano la diffusione popolare.
Accanto ai testi dottrinali, si affiancano guide pratiche come „Forms of Family Prayer“ (2322) e „Serious Address to Masters of Families“ (2322), a sottolineare il ruolo centrale della famiglia nella trasmissione della fede. La ripetizione di titoli simili (es. „Free Address to Protestant Dissenters“ in 2329 e 2334) suggerisce una strategia comunicativa mirata, mentre l’anonimato in „By a Dissenter“ (2335) potrebbe riflettere cautela in un contesto di controversie. I riferimenti a „Mill Hill Chapel, in Leeds“ (2332) e alla „Civil and Ecclesiastical Constitution“ (2325) ancorano le opere a specifici contesti geografici e istituzionali, evidenziando la dimensione sia locale che sistemica del dissenso protestante.
15. Pubblicazioni religiose e polemiche teologiche: prezzi, edizioni e temi controversi del XVIII secolo
Elenco di opere a carattere teologico e apologetico, con indicazioni economiche, temi dibattuti e riferimenti a controversie giusridiche legate all’eresia.
Sommario
Il blocco elenca pubblicazioni del Settecento incentrate su questioni religiose, con prezzi dettagliati e formati commerciali. Le opere spaziano da pamphlet divulgativi a testi polemici, come le „Lettere all’autore di osservazioni su recenti pubblicazioni relative ai Dissidenti“ (fr. 2338), indirizzate a figure come il dottor Priestley, e l’„Appello ai seri e sinceri professori del Cristianesimo“ (fr. 2340), che affronta sei temi centrali: „l’uso della ragione in materia di religione“ (fr. 2342), „il potere dell’uomo di compiere la volontà di Dio“ (fr. 2344), „il peccato originale“ (fr. 2346), „elezione e riprovazione“ (fr. 2348), „la divinità di Cristo“ (fr. 2350) e „l’espiazione del peccato attraverso la morte di Cristo“ (fr. 2352). La quarta edizione di quest’ultima opera (fr. 2352) suggerisce un interesse duraturo, mentre i prezzi variabili — da „1 penny“ (fr. 2353) a „3 scellini e 6 penny a dozzina“ (fr. 2359) — riflettono strategie di diffusione accessibile, incluso uno sconto per „chi acquista il pamphlet da distribuire“ (fr. 2337).
Accanto ai trattati dottrinali, emergono riferimenti a casi giudiziari: „Il trionfo della verità“ (fr. 2361) documenta il processo per „eresia e bestemmia“ subito da „Mr. E. Elwall“ davanti al „giudice Denton“ (fr. 2361), segnalando tensioni tra autorità legali e dissenso religioso. Le „illustrazioni familiari di passi scritturali“ (fr. 2355) e le edizioni multiple (fr. 2352, fr. 2362) completano un quadro di produzione editoriale volta a un pubblico ampio, tra divulgazione, apologetica e cronaca dei conflitti teologici dell’epoca.