logged-posts

Hannah Arendt - La banalità del male - Lettura (21x)


Introduzione e Inizio del Processo Eichmann 1

Note editoriali e resoconto iniziale del processo a Gerusalemme.

Sommario

Le frasi delineano le edizioni del libro, con indicazioni come "Prima edizione in «Saggi» settembre 1992", "Prima edizione in «Campi del sapere» maggio 1999" e "Prima edizione nell'«Universale Economica» - SAGGI marzo 2001". Includono un'epigrafe di Bertolt Brecht: "O Germania - udendo i discorsi che risuonano dalla tua casa si ride. Ma chiunque ti vede dà di piglio al coltello".

Segue una nota di Hannah Arendt del giugno 1964, che descrive la genesi del resoconto sul processo Eichmann, seguito per "The New Yorker" nel 1961, pubblicato nel 1963 e rivisto in edizioni successive con correzioni e aggiunte, come "Le correzioni riguardano una decina di errori tecnici, che però non pregiudicavano in nulla il discorso del testo originario" e "L'unica aggiunta veramente sostanziale... sono alcune pagine sulla congiura anti-hitleriana dei 20 luglio 1944".

Il capitolo primo, intitolato "La Corte", introduce l'aula del tribunale a Gerusalemme, con descrizioni della disposizione: "Ai due capi del lungo tavolo... stanno gli stenografi", "Sotto gli interpreti, una di fronte all'altro... notiamo la gabbia di vetro dell'imputato e il recinto dei testimoni". Si nota la presenza di interpreti e la difficoltà con la traduzione in tedesco: "(Data la scrupolosa correttezza... il piccolo mistero si può spiegare soltanto con la ben più antica e tuttora potente «vitamina P,» come gli israeliani chiamano quella sorta di protezionismo)".

I giudici sono presentati come imparziali e professionali, guidati da Moshe Landau: "Si vede subito che sono tre uomini buoni e onesti", "Fin dall'inizio non c'è dubbio che è il giudice Landau a dare il tono; ed è lui che fa di tutto perché l'irruente teatralità del Pubblico ministero non trasformi questo processo in una semplice messinscena".

L'aula è descritta come un teatro, progettata per uno spettacolo: "Chiunque sia stato a progettare quest'aula... sicuramente aveva in mente un teatro, con tanto di orchestra e di loggione, di scena e proscenio e porte laterali per l'ingresso degli attori". David Ben Gurion è indicato come regista invisibile: "Ben Gurion, giustamente chiamato «l'architetto dello Stato,» resta il regista invisibile del processo".

Il focus della giustizia è sull'imputato Eichmann, non sulle sofferenze generali: "La giustizia vuole che ci si occupi soltanto di Adolf Eichmann... Qui si devono giudicare le sue azioni, non le sofferenze degli ebrei, non il popolo tedesco o l'umanità, e neppure l'antisemitismo e il razzismo". Si critica l'impostazione dell'accusa: "il processo doveva basarsi su quello che gli ebrei avevano sofferto, non su quello che Eichmann aveva fatto".

Temi minori emergono, come le polemiche suscitate dall'opera, menzionate nell'appendice: "Queste fonti nuove sono state inserite nella Bibliografia e sono discusse nell'Appendice, che è anch'essa un'aggiunta e in cui parlo delle polemiche suscitate dalla mia opera", e questioni irrisolte come il numero delle vittime: "una congettura è il totale degli ebrei massacrati nel quadro della «soluzione finale»: da quattro milioni e mezzo a sei milioni".

Il pubblico rappresenta il mondo: "Il pubblico doveva rappresentare il mondo intero, ed effettivamente nelle prime settimane fu costituito in prevalenza da corrispondenti di quotidiani e riviste". La giustizia prevale sulla spettacolarità: "La giustizia... richiede isolamento, vuole più dolore che collera, prescrive che ci si astenga il più possibile dal mettersi in vista".

Riferimenti minori

Citazioni tradotte e citate direttamente dalle frasi fornite, mantenute in italiano come originali.


Processi Nazisti in Germania Postbellica 2

La giustizia tedesca e l'ombra del passato: condanne miti e complicità diffuse dopo il processo Eichmann.

Sommario

Le frasi delineano le condanne inflitte a ex-nazisti in Germania, evidenziando pene lievi rispetto ai crimini commessi. Esempi includono il Dott. Otto Bradfisch, condannato a dieci anni per aver ucciso quindicimila ebrei, come riportato: "e così il Dott. Otto Bradfisch, che fece parte degli 'Einsatzgruppen', cioè delle unità mobili delle S.S. addette allo sterminio nei paesi dell'Europa orientale, è stato condannato a dieci anni di lavori forzati per avere ucciso quindicimila ebrei". Similmente, il dott. Otto Hunsche riceve cinque anni per la deportazione di milleduecento ebrei ungheresi, e Joseph Lechthaler tre anni e sei mesi per la liquidazione di ebrei in Russia. Tra gli arrestati figurano figure potenti come il generale delle S.S. Karl Wolff, che salutò con gioia il trasporto di cinquemila ebrei al giorno a Treblinka: "secondo un documento presentato nel 1946 a Norimberga, aveva salutato 'con gioia particolare' la notizia che 'ormai da due settimane un treno trasporta ogni giorno cinquemila membri del popolo eletto' da Varsavia a Treblinka".

Altri casi riguardano Wilhelm Koppe, direttore di camere a gas e capo S.S. in Polonia, poi gestore di una fabbrica di cioccolata, e Erich von dem Bach-Zelewski, condannato all'ergastolo per omicidi del 1933 ma non per massacri di ebrei in Bielorussia: "nessuna delle due sentenze pronunziate contro di lui accenna al fatto che egli fu uno dei capi della lotta antipartigiana sul fronte orientale e che partecipò al massacro degli ebrei di Minsk e di Mogilev". Le frasi suggeriscono distinzioni etniche nei processi e interrogano se le condanne severe, come per Bach-Zelewski che autoaccusò omicidi di massa, derivino da collassi nervosi o testimonianze contro il regime. L'epurazione di magistrati compromessi, con cinquemila giudici ex-hitleriani su undicimilacinquecento, non cambia la mitezza: Martin Fellenz, responsabile di quarantamila morti, riceve quattro anni.

Il processo Eichmann influenza la Germania, rivelando indifferenza verso criminali integrati: "i tedeschi non si preoccupano molto di prendere posizione in un senso o nell'altro, e non trovano gran che da ridire sulla presenza di tanti criminali nel loro paese". Adenauer prevede antipatia internazionale e intensifica arresti, ma non chiede estradizione di Eichmann, argomentando assenza di trattato e abolizione della pena capitale: "la posizione ufficiale del governo Adenauer, che ciò non era possibile perché tra Israele e Germania non esisteva un trattato di estradizione, era insostenibile". Fritz Bauer invita all'estradizione, ma è ignorato; si teme assoluzione per mancanza di mens rea.

Le frasi evidenziano complicità diffusa oltre il partito nazista, in ministeri, forze armate e affari, ma il processo evita di approfondirle: "lo stesso Hausner, pur giungendo al punto di produrre testimoni su testimoni che esponevano cose crudeli e vere, sì, ma che poco o nulla avevano a che fare con le azioni dell'imputato, evitò scrupolosamente di toccare una materia così esplosiva". Un caso menzionato è Hans Globke, coautore di leggi di Norimberga e ideatore di nomi ebraici obbligatori: "costui era stato coautore di un infame commento alle leggi di Norimberga e qualche tempo dopo era stato l'ideatore del brillante progetto di costringere tutti gli ebrei a prendere un secondo nome: 'Israele' oppure 'Sara'". Il processo, concepito da Ben Gurion come giudizio sull'antisemitismo storico, dal faraone a Haman, pone la storia al centro: "in questo storico processo, al banco degli imputati non siede un individuo, e neppure il solo regime nazista, bensì l'antisemitismo nel corso di tutta la storia".

Nota

Temi minori emergono sulla reintegrazione di ex-nazisti nella vita pubblica, come Adenauer che minimizza il nazismo diffuso: "la verità è infatti esattamente l'opposto della tesi sostenuta da Adenauer, secondo cui soltanto 'una percentuale relativamente piccola' di tedeschi era stata nazista".


Eichmann: Background e Carriera Iniziale 3

Dalle origini familiari all'ingresso nelle S.S. e prime delusioni professionali.

Sommario

Il blocco descrive le connessioni familiari di Eichmann con ebrei, come il cugino della matrigna, presidente dell'Automobile Club austriaco, sposato con la figlia di un industriale ebreo, e il direttore della Vacuum, signor Weiss, che gli procurò un impiego come commesso viaggiatore; Eichmann serbò riconoscenza, citando "gli ebrei che c'erano nella sua famiglia furono appunto una delle «ragioni private» per cui non aveva bisogno di nutrire sentimenti antisemiti", e nel 1943-1944 intervenne per parenti ebrei, insistendo su "personalmente non odiassi gli ebrei, giacché tutta l'educazione che avevo ricevuto da mia madre e da mio padre era rigorosamente cristiana", negando pregiudizi e menzionando amicizie infantili come con Sebba. Emerge un'amante ebrea a Vienna, criticando l'antisemitismo volgare di Streicher, e i felici anni alla Vacuum terminati nel 1933, con trasferimento a Salisburgo e perdita di "Arbeitsfreude", paragonata alla reazione allo sterminio: "Ora persi tutto, tutto il gusto di lavorare, tutta l'iniziativa, tutto l'interesse; mi sgonfiai, se così si può dire"; nel 1932 entrò nel partito e S.S. su invito di Kaltenbrunner, da famiglia borghese declassata, preferendo carriera nazista a vita ordinaria, nonostante frustrazioni.

Temi minori includono la mentalità gregaria, con iscrizioni a vari gruppi come Wandervogeln e quasi alla Schlaraffia, escluso per un peccato minore: "Contrariamente ai principi a cui ero stato educato da ragazzo, avevo osato invitare i miei compagni a bere un bicchiere di vino"; Eichmann si unì senza convinzioni ideologiche, "inghiottito dal partito senza accorgersene", attirato da ambizione e movimento storico; dopo il licenziamento, emigrò in Germania, addestrato in campi S.S., promosso ma annoiato, passando all'S.D. nel 1934 per delusione, scambiandolo per guardie del corpo: "Pensavo infatti che l'S.D. fosse quello di cui avevo letto sulla «Münchener Illustrierte Zeitung»", segnando l'inizio come esperto di questioni ebraiche sotto Himmler e Heydrich.

Riferimenti alle frasi

Frasi da 388 a 475, focalizzate su vita personale, famiglia, carriera e mancanza di antisemitismo.


La Situazione Ebraica nella Germania Nazista e l'Ascesa di Eichmann 4

Condizioni interne e politiche antisemite nel Terzo Reich tra il 1933 e il 1938.

Sommario

Nel 1936, anno delle Olimpiadi, il regime nazista ottenne consensi interni e internazionali, con Hitler ammirato come statista; internamente, fu un periodo di transizione dove il riarmo eliminò la disoccupazione e represse la resistenza operaia, focalizzandosi su antifascisti come comunisti, socialisti, intellettuali di sinistra ed ebrei in posizioni chiave, senza ancora una persecuzione accanita degli ebrei in quanto tali. Dal 1933, gli ebrei furono esclusi dai servizi pubblici, inclusi insegnamento e industria dell'intrattenimento, ma le attività private rimasero intatte fino al 1938, con restrizioni graduali su avvocatura e medicina, e esclusione degli studenti ebrei dalle università; l'emigrazione procedeva normalmente, con restrizioni valutarie ereditate dalla Repubblica di Weimar, e azioni individuali di esproprio da parte delle S.A. in piccole città, tollerate ma non incoraggiate dalle autorità per danni economici. Molti ebrei emigravano per mancanza di futuro, ma alcuni tornavano; Eichmann conciliava i suoi sentimenti con l'antisemitismo del partito citando "Chi mangia la minestra bollente si scotta", un proverbio comune tra ebrei che vivevano in un mondo illusorio, con Streicher che parlava di "soluzione legale" del problema ebraico, fino ai pogrom della Kristallnacht del 1938, quando vetrine di 7.500 negozi furono infrante, sinagoghe bruciate e 20.000 ebrei internati.

Le leggi di Norimberga del 1935 privarono gli ebrei di diritti politici ma non civili, rendendoli "Staatsangehörige" non "Reichsbürger", proibendo matrimoni misti e rapporti sessuali, e limitando domestiche sotto i 45 anni, norme che stabilizzarono la loro posizione percepita come un codice proprio, isolati dal resto della popolazione con un "muro" tra gentili ed ebrei, come testimoniato dal dott. Benno Colin: "Durante tutti i miei viaggi per la Germania non ricordo di aver mai parlato con un ariano." La Reichsvertretung ebraica vide le leggi come base per "tollerabili rapporti tra tedeschi ed ebrei", e un sionista aggiunse: "La vita è possibile sotto qualsiasi legge... si può essere cittadini utili e rispettati anche se si è membri di una minoranza." Dopo la purga di Röhm nel 1934, gli ebrei credettero in un modus vivendi, offrendosi di collaborare alla soluzione ebraica, con sionisti e assimilazionisti che parlavano di "grande rinascita" ebraica.

Eichmann, introdotto agli affari ebraici, lesse "Lo Stato ebraico" di Herzl, aderendo alle idee sioniste per una "soluzione politica" tramite espulsione, diffondendo il vangelo tra le S.S., imparando yiddish e studiando la storia del sionismo di Böhm, diventando addetto allo spionaggio sionista; i primi contatti con funzionari sionisti furono soddisfacenti, attratto dal loro "idealismo", definendolo come vivere per idee e sacrificare tutto, esemplificato dal dott. Kastner che sacrificò compagni per salvare "il miglior materiale biologico", negoziando con Eichmann durante le deportazioni ungheresi.

Nel 1938, dopo l'Anschluss, Eichmann fu mandato a Vienna per organizzare l'emigrazione forzata, espellendo ebrei indipendentemente dai desideri; promosso a Untersturmführer per conoscenza di metodi ebraici, ottenne risultati spettacolari: 45.000 ebrei lasciarono l'Austria in otto mesi, contro 19.000 dalla Germania, ripulendo l'Austria da 150.000 ebrei in diciotto mesi. L'idea, attribuita a Heydrich, estorceva denaro da ebrei ricchi per finanziare l'emigrazione dei poveri, risolvendo il problema della "plebaglia ebraica"; Eichmann usò Rajakowitsch per questioni giuridiche, scoprendo doti organizzative in loco.

Nota

Temi minori includono l'idealismo di Eichmann, il programma del partito nazista non attuato e la percezione ebraica delle leggi come stabilizzanti.


Blocco Testuale 5

Riflessioni e aneddoti dall'interrogatorio di Eichmann su fallimenti personali e incontri macabri.

Sommario

Eichmann descrive le sue delusioni personali e professionali con un tono di ricerca di comprensione umana, affermando: "Qualsiasi cosa preparassi e progettassi andava a finir male: tanto i miei affari personali quanto i miei sforzi, durati anni interi, per dare un po' di terra agli ebrei. Non so, era come se su tutto ci fosse il malocchio". Esprime stupore per la deposizione di un ex colonnello delle S.S., balbettando: "Sono veramente stupito che quest'uomo abbia mai potuto essere uno 'Standartenführer' delle S.S., sono proprio stupito. E' una cosa assolutamente, assolutamente inconcepibile". Le sue parole non mostrano sfida, ma un meccanismo automatico si attiva con termini come "S.S." o "Himmler", definito "Reichsführer delle S.S. e Capo della polizia tedesca", anche di fronte a un capitano ebreo.

La narrazione sfocia in un episodio orrido e comico, con la storia di Storfer, internato ad Auschwitz, che Eichmann incontra su richiesta: "Dissi tra me: In fondo quest'uomo si è sempre comportato bene e merita che io gli dedichi un po' del mio tempo... Andrò di persona a vedere che cosa vuole". Eichmann racconta l'incontro come "normale e umano", dove Storfer lamenta il lavoro duro e ottiene un compito leggero: "Se è cosi, dissi, farò un discorsino perché Storfer debba tenere in ordine i viottoli con la scopa (c'erano pochi viottoli, lì) e perché abbia il diritto di sedersi con la scopa su una panca". L'episodio termina con la morte di Storfer sei settimane dopo, fucilato, evidenziando temi minori di fatalità e ironia macabra nei ricordi di Eichmann.

Nota

Le citazioni sono estratte direttamente dalle frasi fornite, delimitate e formattate come richiesto.


La Carriera di Eichmann e le Strutture Naziste 6

Ascesa e delusioni di un esperto in questioni ebraiche durante il regime nazista.

Sommario

Eichmann si accorge di non poter più avanzare nella sua sezione, dopo una rapida ascesa iniziale: "si accorse che nella sezione in cui lavorava non poteva più salire di grado" e "per quattro anni, non sospettando ancora nulla, rimase lui stesso stupito della rapidità della sua ascesa". Riconosciuto come esperto in questioni ebraiche, emigrazioni e evacuazioni, vive il suo momento di gloria dopo la Kristallnacht, quando Göring istituisce un centro per l'emigrazione modellato su quello di Vienna: "Göring, probabilmente dietro suggerimento di Heydrich, decise d'istituire a Berlino un Centro nazionale per l'emigrazione degli ebrei". Tuttavia, il capo è Müller, esperto di polizia sovietica, che inizia una luminosa carriera, mentre Eichmann è inviato a Praga per un altro centro, deludente rispetto a Vienna: "A Praga non si fece che ricalcare il sistema di Vienna, e così tutto il meccanismo si avviò automaticamente". L'emigrazione si complica con la guerra e l'aumento di ebrei nei territori occupati, rendendo impossibile ripetere il "miracolo" viennese: "Centinaia di migliaia di ebrei avevano abbandonato le loro case nel giro di pochi anni, e altri milioni attendevano il loro turno".

Con lo scoppio della guerra, il regime diventa totalitario: "Fu soltanto quando scoppiò la guerra (primo settembre 1939) che il regime nazista divenne scopertamente totalitario e criminale". Si forma l'R.S.H.A. dalla fusione di S.S. e polizia, con Heydrich come capo: "Da questa fusione nacque l'Ufficio centrale per la Sicurezza del Reich (R.S.H.A.)". Eichmann è assegnato alla sottosezione Quarta-B-4 per gli ebrei, sotto Müller: "Eichmann fu alla fine assegnato (nel 1941) all'ufficio Quarta-B-4 dell'R.S.H.A.". La struttura nazista è complessa con uffici paralleli, concorrenza tra organismi e gerarchie multiple: "tutti questi potentisssimi organismi si facevano una concorrenza spietata - il che non tornava davvero a vantaggio delle loro vittime". Eichmann affronta il dilemma tra emigrazione forzata e impossibilità pratica, proponendo idee come il progetto Nisko, fallito per interferenze: "da un lato l'«emigrazione forzata» era sempre la formula ufficiale per risolvere la questione ebraica, ma dall'altro l'emigrazione non era più possibile".

Nota

Capitolo quinto introduce la seconda soluzione: concentramento, con riferimenti a Einsatzgruppen e campi.


I Progetti di Eichmann per gli Ebrei e il Loro Fallimento 7

Fallimenti delle iniziative naziste per l'evacuazione ebraica: dal piano Nisko al Madagascar, verso lo sterminio.

Sommario

Frank voleva gestire autonomamente gli ebrei nel suo Governatorato generale, rifiutando ulteriori arrivi: "Non voleva ricevere altri ebrei nel suo Governatorato generale. Quelli che arrivavano dovevano sparire immediatamente." Eichmann mirava a un territorio per gli ebrei per avanzare di carriera, sperando di diventare governatore di uno Stato ebraico, come nel progetto Nisko: "Il progetto Nisko «nacque» infatti nel periodo della sua rapida ascesa, ed è più che probabile che egli sperasse di divenire un giorno il governator generale (come Hans Frank in Polonia) o il «protettore» (come Heydrich in Cecoslovacchia) di uno «Stato ebraico»." Il fallimento insegnò limiti al suo ufficio, con rimpatri inusuali: "E sparirono, in effetti; alcuni furono addirittura rimpatriati, cosa che non era mai successa prima di allora e che mai più si sarebbe ripetuta".

Il piano Madagascar prevedeva l'evacuazione di quattro milioni di ebrei in un'isola francese, sotto giurisdizione di Himmler: "Il piano di evacuare quattro milioni di ebrei dall'Europa e di trasportarli nella grande isola francese al largo della costa sudorientale dell'Africa... Questo «Stato ebraico» doveva avere come governatore un funzionario della polizia e doveva restare sotto la giurisdizione di Himmler." Eichmann lo collegava erroneamente a Herzl, ma era idea polacca e francese precedente: "Eichmann, confondendo il Madagascar con l'Uganda, sostenne sempre che il suo progetto era stato un tempo il «sogno» del «fautore dell'idea dello Stato ebraico, l'ebreo Theodor Herzl»." Il piano mascherava preparativi per lo sterminio, preparando mentalmente alla soluzione finale: "La verità è che il piano del Madagascar doveva servire a mascherare i preparativi per lo sterminio fisico di tutti gli ebrei dell'Europa occidentale... Quando, un anno più tardi, il progetto del Madagascar fu dichiarato «superato,» tutti erano psicologicamente o meglio razionalmente preparati al passo successivo: dato che non esisteva un territorio in cui «evacuare» gli ebrei, l'unica «soluzione» era lo sterminio."

Eichmann negava intenti sinistri, attribuendo fallimenti a interferenze: "Ciò che fece fallire l'impresa del Madagascar fu, secondo lui, la mancanza di tempo, il fatto che molto tempo fu perduto a causa delle continue interferenze da parte di altri uffici." Documenti del 1939 distinguevano obiettivi finali segreti, che Eichmann interpretava come sterminio: "in uno di questi, una lettera di Heydrich... si distingueva per la prima volta tra «un obiettivo finale che richiede un lungo periodo di tempo,» obiettivo da considerare «segretissimo,» e «le fasi per raggiungere questo obiettivo finale»... Eichmann... disse senza esitazione che secondo lui «obiettivo finale» poteva significare soltanto «sterminio fisico»." La guerra con la Russia chiuse la fase di soluzioni territoriali, segnando declino del ruolo di Eichmann: "la guerra contro la Russia fu «un colpo improvviso, un fulmine a ciel sereno» che chiuse «la fase della ricerca di una soluzione equa per entrambe le parti» e segnò così la fine dei suoi sogni."

Il suo ufficio divenne strumento per deportazioni verso campi di sterminio, con collaborazioni industriali: "Queste «unità diverse» erano reparti scelti di sterminatori... A parte alcune industrie non molto importanti delle S.S., anche complessi famosi come la I.G. Farben, le fabbriche Krupp e le fabbriche Siemens-Schuckert avevano costruito loro impianti ad Auschwitz e nei pressi di Lublino." Eichmann si amareggiò per la perdita di iniziativa, consolato solo dalla promozione: "Logico quindi che egli rimanesse molto «amareggiato e deluso» quando il progetto del Madagascar fu abbandonato. L'unica cosa che poteva consolarlo era la promozione a "Obersturmbannführer", che venne nell'ottobre del 1941." Temi minori emergono nelle rivalità burocratiche e nella transizione da evacuazione a sterminio: "ogni ufficio aveva per così dire una «soluzione» propria e poteva applicarla o imporla contro le soluzioni degli altri... Tutti i suoi sforzi «fallirono a causa dell'incomprensione dei cervelli interessati,» a causa di «rivalità,» litigi, polemiche, dato che ognuno «aspirava alla supremazia»."

L'ultima iniziativa di Eichmann fu nel settembre 1941, legata alla promessa di Heydrich di ripulire il protettorato: "L'ultima volta che Eichmann ricordava di aver fatto qualcosa di propria iniziativa, era stato nel settembre del 1941... Per celebrare l'avvenimento aveva tenuto una conferenza-stampa in cui aveva promesso che in otto settimane il protettorato sarebbe stato ripulito dagli ebrei."


Testimonianza di Eichmann sugli orrori nazisti - 8

Visite ai siti di sterminio e reazioni personali di Eichmann.

Sommario

Eichmann descrive una scena orribile in una grande stanza dove gli ebrei vengono raggruppati e spogliati, poi caricati su un camion che parte con gli sportelli chiusi. Egli evita di guardare, sconvolto dalle grida, e riferisce a Müller senza profitto: "Non potevo; ne avevo abbastanza. Le grida e... Ero troppo sconvolto". Segue il camion fino a una fossa dove i corpi, ancora flessibili, vengono gettati e un civile estrae denti con tenaglie; Eichmann fugge in auto, rimanendo in silenzio per ore: "Era troppo. Ero finito".

Un medico gli propone di guardare dal buco del camion, ma Eichmann rifiuta: "Mi rifiutai di farlo. Non potevo. Avrei voluto sparire". Successivamente, Müller lo invia a Minsk per un rapporto sulle esecuzioni: "A Minsk uccidono ebrei passandoli per le armi". Arriva quando l'azione è quasi finita, vede giovani tiratori mirare alle teste in una fossa e una donna con braccia legate, causandogli debolezza: "E questo fu troppo per me".

Sulla via del ritorno, si ferma a Lwów, consolato dalla stazione ferroviaria costruita per Francesco Giuseppe, che evoca ricordi positivi della sua infanzia e della posizione sociale dei parenti ebrei della matrigna: "La vista della stazione ferroviaria fugò tutti i pensieri foschi". Tuttavia, commette un errore visitando il comandante delle S.S., criticando le azioni: "E' proprio orribile quello che si sta facendo qui attorno; i giovani si trasformano in sadici".

Vede un'altra fossa colma con uno zampillo di sangue: "Dalla terra, sprizzava uno zampillo di sangue, come una fontana. Una cosa del genere non l'avevo mai vista prima". Torna a Berlino e riferisce a Müller, spiegando di non essere abbastanza forte per tali visioni, non essendo un soldato. Nove mesi dopo, Müller lo rimanda a Lublino, dove Globocnik ha completato i preparativi, e Eichmann vede un posto irriconoscibile: "Il posto dove un tempo sorgevano le baracche era irriconoscibile".

Temi minori emergono nelle reazioni personali di Eichmann, come incubi e rifiuto di assistere, e nel contrasto tra orrori e ricordi nostalgici della stazione di Lwów.


Resistenza e Coscienza nel Regime Nazista 9

Riflessioni su morale, opposizione e sterminio durante il Terzo Reich.

Sommario del Blocco di Testo

Il blocco esamina questioni morali sollevate dal processo Eichmann, come le domande di Harry Mulisch: «La morte degli ebrei sarebbe stata meno grave se si fosse trattato di un popolo senza una civiltà, come gli zingari, che furono anch'essi sterminati? Eichmann è processato come sterminatore di esseri umani o forse come distruttore di civiltà?» (frasi 1300-1301), evidenziando divergenze con il Procuratore Hausner: «Lui [Hausner] pensa di sì, e io penso di no.» (frase 1302). Si collega al film «Il Dottor Stranamore» (tradotto da "Dr. Strangelove"), dove uno scienziato propone di selezionare sopravvissuti per Q.I. superiore in rifugi sotterranei (frasi 1303-1306). Il testo discute l'importanza data dai nazisti a questi temi, notando che i cospiratori del 20 luglio 1944 raramente menzionarono i massacri orientali (frase 1308), focalizzandosi invece su tradimento e sconfitta: «Ciò che li infiammava non era la questione ebraica, ma il fatto che Hitler stesse perdendo la guerra» (frase 1316). L'opposizione iniziale antifascista di sinistra è descritta come scomparsa per terrore, pieno impiego e tattiche comuniste (frasi 1309-1310), con la resistenza attiva proveniente principalmente dalla destra, ex-nazisti tormentati da crisi di coscienza su tradimento e giuramento (frasi 1315-1316). I congiurati temevano caos e guerra civile, auspicando una moratoria dagli Alleati per ristabilire ordine (frase 1319), sapendo degli orrori orientali ma evitando ribellione aperta (frase 1321). Non ci fu resistenza socialista organizzata, come rilevato da Gerhard Ritter: «Non ci fu in Germania nessuna 'resistenza socialista organizzata'» (frase 1323). La maggioranza tedesca credeva in Hitler anche dopo Stalingrado e sbarchi alleati (frase 1325), lasciando isolati individui senza progetti di ribellione (frasi 1326-1328). Figure come Carl Friedrich Goerdeler, ex-sindaco di Lipsia e controllore prezzi dimessosi nel 1936, auspicava monarchia costituzionale con appoggio delle masse (frasi 1329-1331), mentre il circolo di Kreisau si concentrava su chiese e federalismo (frase 1332).

Il movimento di resistenza è criticato per bancarotta politica dal 1933, come in uno studio di George K. Romoser (frase 1333), con divergenze politiche persistenti fino alla sconfitta, superate solo dall'atteggiamento di von Stauffenberg (frasi 1335-1336). I cospiratori vedevano Hitler come «impostore,» «dilettante» e «incarnazione del male» (frase 1337), includendo figure implicate come Helldorf e Nebe (frase 1337). Goerdeler considerava Himmler e Goebbels potenziali alleati nel 1943 (frase 1338), nonostante ordini per liquidarli (frase 1339). Il coraggio dei cospiratori è riconosciuto, ma motivato da sconfitta inevitabile, non sdegno morale (frase 1341), con alcuni turbati da pogrom del 1938 per paura divina (frasi 1342-1344). L'ordine sui commissari del 1941 turbò ufficiali, con Goerdeler lamentando «tecniche di liquidazione e di persecuzione religiosa... che peseranno per sempre sulla nostra storia» (frase 1346), ma senza riconoscere l'orrore intrinseco (frase 1348). Goerdeler reagì a rapporti di massacri ebrei con sdegno per la degradazione dell'esercito tedesco (frase 1349), ignorando legami con resa incondizionata alleata (frase 1350). Idee di pace giusta includevano annessioni come Alsazia-Lorena, Austria e Sudeti (frase 1352), con proclami di Beck criticanti regime per incompetenza e macchia sull'onore nazionale (frasi 1354-1356), proponendo continuare la guerra per conclusione onorevole (frase 1358). Friedrich P. Reck-Malleczewen nel suo «Diario di un disperato» (tradotto da "Tagebuch eines Verzweifelten") accusa i cospiratori di opportunismo: «Un po' tardi, signori che avete creato questo arcidistruttore della Germania» (frasi 1359-1362). Eichmann vedrebbe accettabili idee di Goerdeler su ebrei, proponendo risarcimenti e Stato indipendente coloniale, simile a Madagascar, con concessioni per ebrei privilegiati (frasi 1368-1373). Goerdeler appellava alla coscienza di von Kluge contro guerra senza vittoria come delitto (frase 1373), ma la coscienza era morta in Germania (frase 1374).

Esistevano individui oppositori fin dall'inizio, forse centomila, isolati e muti, come Reck-Malleczewen e Karl Jaspers, o artigiani e operai che rifiutarono iscrizione al partito (frasi 1375-1381). Esempi includono fratelli Scholl e Kurt Huber, che distribuirono manifestini chiamando Hitler «assassino di massa» (frase 1389), manifestando opposizione pubblica (frase 1388). L'abisso tra questa "altra Germania" e il mondo è evidente nelle illusioni di Goerdeler, Himmler e Ribbentrop (frasi 1391-1394). Himmler risolveva problemi di coscienza con slogan come «Il mio onore è la mia lealtà» (frase 1395) e «Queste sono battaglie che le generazioni future non dovranno più combattere» (frase 1399), lodando resistenza e pulizia nonostante orrori (frasi 1400-1405). Questi slogan enfatizzavano grandiosità del processo, soffocando pietà deviandola verso se stessi: «che orribili cose devo vedere nell'adempimento dei miei doveri» (frase 1415). Non sadici per natura, gli assassini erano élite istruita, con Himmler deviando istinti animali (frasi 1408-1412). La guerra cambiava atteggiamenti verso morte (frasi 1417-1419), con camere a gas connesse a eutanasia (frase 1420). Lo sterminio seguiva due binari: camere a gas e Einsatzgruppen, che massacravano ebrei, partigiani, zingari, asociali e malati mentali in Russia (frasi 1421-1423), con ebrei come "nemici potenziali" (frase 1424). Ebrei russi mal informati, alcuni tedeschi convinti di essere pionieri (frasi 1425-1427). Quattro Einsatzgruppen di 3000 uomini collaborarono con esercito, rapporti «eccellenti» e «cordiali» (frasi 1428-1429), con generali di «bontà stupefacente» (frase 1430), uccidendo circa 1,5 milioni ebrei, non solo per ordine di sterminio totale (frasi 1431-1432).

Riferimenti Minori

Studio di George K. Romoser (frase 1334); Gerhard Ritter (frasi 1323, 1335, 1339); Günther Weisenborn, "Der lautlose Aufstand" (frase 1382); Friedrich P. Reck-Malleczewen, "Tagebuch eines Verzweifelten" (frase 1360); Raul Hilberg (frase 1426, 1432).


Origini e Sviluppo della Soluzione Finale 10

Le radici dell'eutanasia hitleriana e l'evoluzione verso lo sterminio di massa.

Sommario

Il blocco di testo esamina le origini del programma di sterminio nazista, collegandolo direttamente all'ordine di Hitler del marzo 1941 per preparare le S.S. a missioni speciali in Russia, e sottolinea che l'idea di sterminare tutti gli ebrei aveva radici nella Cancelleria del Führer, non giustificata da necessità militari. Si evidenzia come il programma di sterminio col gas per gli ebrei dell'Europa orientale derivi dal programma di eutanasia, come dimostrato dal libro "The Final Solution" di Gerald Reidinger, che chiarirebbe il coinvolgimento di Eichmann in "Gasgeschichten", probabilmente non diretto, anche se un suo uomo come Rolf Günther se ne interessava. Le prime camere a gas, costruite nel 1939 in base al decreto di Hitler per concedere una "morte pietosa" alle persone incurabili, portarono all'uccisione di circa cinquantamila tedeschi tra il 1939 e il 1941, suscitando proteste diffuse in Germania.

Nel testo si nota che lo sterminio col gas iniziò nell'Europa orientale quasi contemporaneamente alla sospensione del programma in Germania, con personale trasferito dalla Cancelleria del Führer sotto Himmler, e si sottolinea l'impatto del linguaggio nazista, come la perifrasi "concedere una morte pietosa", che influenzò figure come Eichmann, il quale si indignava per crudeltà inutili ma non per le uccisioni stesse. Emerge un tema minore sulle reazioni pubbliche: mentre ci furono proteste per l'eutanasia dei malati di mente, non ve ne furono per gli ebrei, forse dovuto al cambiamento di atteggiamento durante la guerra, illustrato da episodi come il discorso di una gerarca nel 1944 che prometteva una "morte dolce mediante gas" al popolo tedesco in caso di sconfitta, accolto con rassegnazione, e l'incontro di un medico con una profuga a Königsberg nel 1945, indifferente alla cura medica in tempo di crisi.


Processo Eichmann: Omissioni e Testimonianze 11

Omissioni documentali e ruolo delle autorità ebraiche nello sterminio.

Sommario

Il blocco discute l'omissione del libro di Adler su Theresienstadt, riconosciuto autentico dal Pubblico ministero, che spiega come le liste di trasporto fossero compilate dal Consiglio ebraico su istruzioni delle S.S., indebolendo l'accusa che attribuiva selezioni dirette a Eichmann. "Il libro spiega con dovizia di particolari come le famigerate «liste di trasporto» fossero compilate dal Consiglio ebraico di Theresienstadt conformemente ad alcune istruzioni generali diramate dalle S.S." L'omissione evita di riconoscere che la designazione per la morte era spesso lavoro dell'amministrazione ebraica, come ammesso indirettamente dal sig. Ya'akov Baror: "Io sto cercando di mettere in luce quelle cose che in qualche modo riguardano l'imputato senza pregiudicare il quadro nel suo insieme." Questo pregiudicherebbe il quadro generale di distinzione netta tra vittime e persecutori.

La difesa non sfrutta tale documentazione accessibile, nonostante Eichmann nominasse ebrei noti come "anziani" di Theresienstadt, come il dott. Paul Eppstein e il rabbino Benjamin Murmelstein, utile per dimostrare l'atmosfera di lavoro. "Eichmann, appena si fu trasformato da esperto d'emigrazione in esperto d'evacuazione, nominò «anziani» di Theresienstadt gli ebrei con cui fino allora aveva lavorato." La deposizione di Charlotte Salzberger permette un'idea del "quadro generale" dell'accusa, criticato dal presidente che insiste sull'atto d'accusa: "Qui non stiamo tracciando quadri." Il Procuratore generale ignora ammonimenti, permettendo testimonianze libere come oratori a un comizio.

Testimonianze su insurrezioni nei ghetti, come Varsavia, Vilna e Kovno, sono superflue giuridicamente e non citate in arringa finale, ma evidenziano contatti con partigiani polacchi e russi, contraddicendo altre deposizioni: "Avevamo tutta la popolazione contro di noi." Eichmann cita Weizmann per giustificare massacri, tesi assurda: "Weizmann aveva dichiarato guerra alla Germania nel 1939." In realtà, Weizmann disse: "La guerra delle democrazie occidentali è la nostra guerra, la loro lotta è la nostra lotta." La resistenza era minoritaria, tra organizzati e giovani, dissipando lo spettro di collaborazione generale.

Temi minori emergono nella collaborazione forzata nei campi, con reparti ebraici per lavori orribili, selezionati dalle S.S. tra i peggiori: "La selezione e classificazione di questi lavoratori, nei campi, era fatta dalle S.S., le quali avevano una spiccata predilezione per i criminali." Differenze politiche naziste tra Polonia e Occidente, con campi come Bergen-Belsen per "ebrei da scambiare". Il problema morale risiede nella verità sulla collaborazione delle autorità ebraiche: "La formazione del Consiglio ebraico [di Theresienstadt] e la distribuzione delle mansioni fu lasciata alla discrezione del Consiglio; soltanto la nomina del presidente, cioè la scelta di chi doveva fungere da presidente, dipendeva, com'era naturale, da noi."

La deposizione schietta di Zivia Lubetkin Zuckermann sottolinea coerenza e assenza di sentimentalismo, spiegando che la resistenza coinvolgeva tutte le organizzazioni ebraiche, non solo sionisti, con distinzione tra organizzati e disorganizzati, giovani e vecchi: "Il miracolo era che questa minoranza esistesse." Intento politico di dimostrare resistenza sionista fallisce per sincerità dei testimoni. Testimoni evitano di insistere su Consigli ebraici e polizia del ghetto come strumenti nazisti: "Tra gli «aiutanti» delle S.S. bisognava includere la polizia del ghetto, «che era anch'essa uno strumento nelle mani degli assassini nazisti,» e lo "Judenrat"."

Nota

Frasi da 1591 a 1636 delimitano un blocco omogeneo su omissioni processuali, testimonianze e collaborazioni nel contesto dello sterminio ebraico.


Blocco 12: La Coscienza di Eichmann e le Giustificazioni Naziste

Analisi del successo come valore supremo e delle ambiguità morali nel Terzo Reich.

Sommario

Eichmann credeva fermamente nel successo come marchio della buona società. Giudicò Hitler un uomo di successo per essere salito da caporale a Führer di ottanta milioni di persone: "fu un uomo capace di farsi strada e salire dal grado di caporale dell'esercito tedesco al rango di Führer di una nazione di quasi ottanta milioni di persone". Questo successo lo convinse a sottomettersi: "Il suo successo bastò da solo a dimostrarmi che dovevo sottostargli". La sua coscienza si placò osservando la reazione della società rispettabile allo stesso modo.

La coscienza di Eichmann parlava con la voce della società circostante: "la sua coscienza gli parlava con una «voce rispettabile,» la voce della rispettabile società che lo circondava". Non chiuse gli orecchi alla coscienza, ma essa era allineata con l'ambiente. Al processo, sostenne che nessuna voce esterna svegliò la sua coscienza, mentre l'accusa provò zelo eccessivo e voci contrarie.

Lo zelo di Eichmann non era indipendente dalle ambiguità delle voci che tentarono di trattenerlo. Si accenna all'emigrazione interna: tedeschi che si dichiararono interiormente contrari al regime. Questo fenomeno fu mantenuto segreto: "nessun segreto fu mantenuto così bene come questa «opposizione interiore»".

Per mantenere il segreto, dovevano apparire più nazisti dei nazisti: "«esteriormente» questa gente doveva mostrarsi ancor più nazista dei nazisti comuni, proprio allo scopo di mantenere il segreto". L'unico modo per limitare la colpevolezza era il ritiro dalla vita pubblica: "il «ritiro da ogni significativa partecipazione alla vita pubblica» fu in effetti l'unico sistema con cui uno poteva limitare la colpevolezza individuale".

L'emigrazione interna divenne uno scherzo post-bellico, usata da criminali come Bradfisch per giustificarsi: "ha dichiarato dinanzi a un tribunale tedesco di essere sempre stato «intimamente contrario» a ciò che faceva". Simili a Greiser, che distinse anima ufficiale da personale: "soltanto la sua «anima ufficiale» aveva eseguito i crimini".

Eichmann conosceva funzionari che affermavano di essere rimasti per moderare: "funzionari civili che oggi affermano di essere rimasti al loro posto solamente per svolgere opera di «moderazione»". Esempio di Globke, che formulò istruzioni su origini ariane prima di Hitler: "Era stato lui a formulare la prima istruzione che raccomandava la «prova dell'origine ariana»".

Globke commentò leggi di Norimberga in modo duro: "il suo Commento alle leggi di Norimberga del 1935 fu indubbiamente assai più duro". Le sue azioni moderatrici furono minime, come ordinanze su foto in costume da bagno: "le fidanzate cecoslovacche dei soldati tedeschi, per ottenere la licenza di matrimonio, dovevano presentare una foto in cui fossero ritratte in costume da bagno".

Lavorò sotto Stuckart, che propose sterilizzazioni: "Le attività moderatrici di Stuckart riguardavano i mezzi ebrei, che secondo una sua proposta dovevano essere sterilizzati". Stuckart fu condannato lievemente nonostante il ruolo: "Un tribunale tedesco di denazificazione gli inflisse poi una multa di cinquecento marchi".

La storia dei moderatori è una favola post-bellica: "la storia dei «moderatori» che ci sarebbero stati negli uffici hitleriani è una delle tante favole inventate nel dopoguerra". Tali voci non toccarono la coscienza di Eichmann.

Nota

Le citazioni sono estratte direttamente dalle frasi fornite per supportare il sommario.


Deportazioni e Sterminio nella Soluzione Finale 13

Cronaca delle deportazioni ebraiche dal Reich e dall'Europa occidentale, balcanica e orientale, con focus su ruoli burocratici e resistenze nazionali.

Sommario

Le deportazioni iniziano nel Warthegau con trasferimenti verso oriente, definiti "una migrazione di popoli organizzata" (traduzione di "a planned migration of peoples"), mentre Volksdeutsche rientrano nel Reich; Himmler incarica Heydrich di "emigrazione ed evacuazione" (traduzione di "emigration and evacuation"), creando l'ufficio IV-D-4 per Eichmann, fase di transizione tra emigrazione e deportazione. Prime deportazioni da Stettino e Baden, esperimenti senza preparativi giuridici, testano reazioni: ebrei marciano con valigie, vicini indifferenti, governi stranieri accettano profughi; nazisti generalizzano antisemitismo, Eichmann sostiene "nessun paese si era mostrato disposto ad accogliere ebrei" (traduzione di "no country was willing to accept Jews"). Preparativi nel Reich includono distintivo giallo, revoca cittadinanza, confisca beni, accordi Himmler-Thierack per giurisdizione S.S. su "polacchi, russi, ebrei e zingari" (traduzione di "Poles, Russians, Jews, and Gypsies"); Theresienstadt per privilegiati, con accordi fittizi per "acquisto della residenza" (traduzione di "purchase of residence"). Organizzazioni coinvolte: R.S.H.A. coordina, polizia sorveglia treni; problemi con mezzi ebrei, ebrei stranieri, testati tramite ultimatum per rimpatri. Reich dichiarato "judenrein" nel 1943, con spiegazione ufficiale di "spietata durezza" (traduzione di "ruthless hardness").

In Europa occidentale, consiglieri S.S. stabiliscono contatti; Francia deporta apolidi, Laval approva per xenofobia, ma rifiuta ebrei francesi, sabotando operazioni; Belgio resiste con fughe e mancanza Consiglio ebraico; Olanda subisce deportazioni massicce nonostante scioperi, con "Joodsche Raad" complice. Danimarca resiste apertamente, re pronto a distintivo, ebrei traghettati in Svezia; Italia sabota con inganni, proteggendo ebrei in zone occupate. Nei Balcani, Croazia deporta pagando, Serbia stermina sul posto; Bulgaria resiste, re e popolo solidali, revoca leggi; Grecia deporta da Salonicco; Romania massacra caoticamente, poi vende emigrazioni, anticipando tattiche naziste. Temi minori: burocrazia nazista conflittuale, resistenze trasformano "durezza" (traduzione di "hardness") in sabotaggio, assimilazione salva minoranze orientali.


Deportazioni dall'Europa Centrale 14

Didascalia su Ungheria e Slovacchia nel contesto della Soluzione Finale.

Sommario

Il blocco descrive le deportazioni di ebrei dall'Ungheria, un regno senza re retto dall'ammiraglio Horthy, con una struttura feudale e contrasti sociali estremi, dove "l'alta società di Budapest" appariva come un gruppo di illusionisti. Si nota l'influenza fascista italiana, con leggi antisemite dal 1938 che colpivano anche convertiti, ma con incoerenze come ebrei in Senato e truppe ebraiche al fronte; gli ungheresi distinguevano tra ebrei magiarizzati e "Ostjuden", rendendo il paese un'"isola di sicurezza" fino al 1944. L'occupazione nazista nel marzo 1944 porta Eichmann e il suo commando a Budapest per deportare ottocentomila ebrei, definita "un presupposto fondamentale per tenere impegnata l'Ungheria nella guerra". Eichmann forma un Consiglio ebraico, usa tattiche di inganno e corruzione simulata, ricevendo doni come pianoforti e Watteau originali, mentre gli ebrei pagano somme inutili, come centocinquantamila dollari a Krumey. I sionisti, attraverso il Comitato di soccorso e riscatto, agiscono diversamente, fabbricando documenti e negoziando con Eichmann, che li tratta come "nemici onorati", esentandoli dalla stella gialla e permettendo visite ai campi. Le deportazioni procedono rapidamente con aiuto ungherese, come da Endre e Baky, portando a Auschwitz migliaia al giorno, con preparativi come nuovi binari e commandos aumentati a 860 uomini. L'operazione si arresta a luglio 1944 per proteste internazionali, inclusa dal Vaticano senza "falso sentimento di compassione", e bombardamenti alleati, ma Eichmann deporta altri millecinquecento ebrei disobbedendo a Horthy. In ottobre, con Szalasi al potere, seguono marce a piedi per cinquantamila ebrei verso il Reich, interrotte da Himmler; alla fine, su ottocentomila ebrei, centosessantamila restano a Budapest, con decine di migliaia vittime di pogrom, e il paese si arrende ai russi nel 1945.

Il testo passa alla Slovacchia, "inventata" dai nazisti, governata dal sacerdote Tiso con antisemitismo cattolico, distinguendo ebrei battezzati e non, mirante a espulsione e appropriazione beni piuttosto che sterminio. Wisliceny è consigliere ebraico dal 1940, e nel 1942 Eichmann negozia deportazioni di ventimila ebrei, estese a cinquantaduemila verso la Polonia per cinquecento marchi ciascuno, con garanzia che non tornino. Il governo slovacco, influenzato da Mach, accetta, ma esenta convertiti e certe professioni; il Comitato ebraico corrompe Wisliceny, proponendo il Piano Europa per risparmiare ebrei con due-tre milioni di dollari. Deportazioni rallentano per pressioni vaticane e impopolarità, con Tiso che rifiuta ulteriori trasferimenti nonostante visite di Veesenmayer; nel 1944, con rivolta e occupazione tedesca, Brunner deporta dodici-quattordicimila ebrei, lasciando ventimila sopravvissuti all'arrivo russo. Temi minori emergono nei rapporti tra nazisti e sionisti, con Eichmann che preferisce negoziare con loro per contatti esteri, e nella corruzione reale tra SS, come Wisliceny che accetta denaro e si fa chiamare "barone". Il blocco conclude introducendo i centri di sterminio orientali, divisi in Warthegau, Ostland, Governatorato generale e Ucraina, primi menzionati dai testimoni ma ultimi nella sentenza.

Riferimenti minori

Frasi da 2497 a 2652, focalizzate su operazioni naziste in Europa Centrale.


15: Il Ruolo di Eichmann nel Processo e nelle Testimonianze

Analisi critica delle testimonianze e delle responsabilità attribuite a Eichmann durante il processo di Gerusalemme, con focus sulle esagerazioni dell'accusa e sulle decisioni della Corte.

Sommario del Blocco di Testo

Le testimonianze al processo di Eichmann si concentrano su orrori come l'«unità 1005» che disseppelliva cadaveri per eliminare tracce, comandata da Paul Blobel, e le deportazioni negli ultimi mesi di guerra verso campi come Bergen-Belsen. I testimoni descrivono condizioni nei ghetti polacchi, campi di sterminio, lavoro forzato e tentativi di uccidere con la fatica, ma queste informazioni erano già note e considerate esatte, mentre le affermazioni su Eichmann erano spesso «sentite dire» o «voci» prive di validità giuridica. I testimoni che affermavano di averlo visto si confondevano su domande precise, e la sentenza nota che il baricentro delle sue attività era nel Reich e in Europa centrale, non in oriente. La Corte permise lunghe udienze per fornire «deposizioni sullo sfondo concreto», nonostante Eichmann non negasse i fatti ma solo la responsabilità nel senso dell'accusa.

I giudici si trovarono in una situazione imbarazzante, con il difensore Servatius che contestava l'imparzialità di giudici ebrei, ma il presidente rispose che erano obbligati a reprimere sentimenti per giudicare crimini orribili, affermando «noi rispetteremo questo dovere». Servatius suggeriva che gli ebrei non capissero il problema della loro presenza tra le nazioni, ma Eichmann aveva imparato da autori sionisti come Herzl e Böhm, rendendo i giudici sionisti adatti a valutarlo. Il problema era con i testimoni, una «tragica moltitudine» di sopravvissuti desiderosi di parlare, e i giudici esitavano a interromperli «per l'onore del testimone e per le cose di cui parla», permettendo deposizioni anche se non sempre veritiere nei particolari.

In Israele, Eichmann era considerato colpevole in partenza, giustificando il suo rapimento, come spiegato da Ben Gurion che lo indicava organizzatore dello sterminio «su scala gigantesca e senza precedenti». Tuttavia, il suo ruolo fu esagerato dalle vanterie, da imputati a Norimberga e da funzionari ebraici che lo conoscevano come esperto in affari ebraici. L'accusa accentuò esagerazioni, ma la Corte d'Appello avallò che Eichmann fosse «il superiore di se stesso e dava tutti gli ordini nel campo degli affari ebraici», supportato da testimoni come Musmanno, che riferì di Ribbentrop attribuendo a Eichmann influenza su Hitler, e Gilbert, più cauto, notando che non era tenuto in gran conto.

I giudici del Tribunale distrettuale, rifiutando esagerazioni, difesero Eichmann dal ritenerlo superiore a Himmler, ma affermarono che la responsabilità di chi consegna vittime non è minore di chi uccide. La sentenza si divide in revisione delle tesi dell'accusa, partendo dalla Germania anziché dall'oriente, focalizzandosi su crimini commessi piuttosto che sofferenze, dichiarando queste «al di là della comprensione umana» e materia per scrittori, non tribunali. Essi mantennero chiarezza sulla burocrazia nazista e posizione di Eichmann, rendendo la sentenza utile per storici, ma attribuirono responsabilità per crimini orientali oltre alle deportazioni confessate.

Quattro punti chiave: partecipazione agli Einsatzgruppen, dove Eichmann riceveva e compendiava rapporti ma non controllava operazioni, nonostante testimonianze come quella di Musmanno su Schellenberg che lo indicava supervisore, scartata per mancanza di prove. Per deportazioni dai ghetti polacchi, prove logiche ma deboli, con Himmler che trattava direttamente, e sentenze basate su «in dubio, contra reum» nonostante smentite. Riguardo ai campi di sterminio, Eichmann non aveva autorità su selezioni o esecuzioni, sapendo delle morti ma non ordinandole, e non uccise personalmente, come da sua affermazione «Io non ho mai ucciso un ebreo, e nemmeno un non ebreo».

Infine, per condizioni nei ghetti e liquidazioni, Eichmann era informato ma non responsabile, decidendo solo su ebrei di nazionalità straniera come questione «d'importanza nazionale», con tendenze contrastanti negli uffici tedeschi. Il blocco evidenzia tensioni tra accusa, difesa e Corte, criticando esagerazioni e compromessi per attribuire colpe.


Titolo 16: Analisi del Processo Eichmann e Disparità Giudiziarie

Didascalia sul rifiuto di immunità ai testimoni della difesa e sulle limitazioni procedurali a Gerusalemme, con confronti a Norimberga e focus sulle deposizioni e testimonianze.

Sommario del Blocco di Testo

Il testo discute le difficoltà della difesa nel processo Eichmann, evidenziando il rifiuto di immunità ai testimoni: "E se la difesa ha gente disposta a venir qui per testimoniare, io non sbarrerò la via, non frapporrò ostacoli", ma poi negata, rendendo Israele non ideale per processare la soluzione finale, poiché "i documenti e i testimoni «più abbondanti qui che in qualsiasi altro paese»" è discutibile, con archivi come Yad Vashem non superiori ad altri. Si nota che la difesa non poteva ascoltare testimoni propri o controinterrogare alcuni dell'accusa, mancando di risorse: "La difesa non ebbe «né i mezzi né il tempo» di organizzarsi bene, non aveva a disposizione «gli archivi del mondo e l'apparato governativo»". Confronti con Norimberga sottolineano disparità simili, con la difesa svantaggiata nella ricerca di documenti: "Tanto a Norimberga quanto a Gerusalemme, il più grave svantaggio della difesa fu di non avere un gruppo di assistenti che, addestrati alla ricerca, esaminassero da cima a fondo la gigantesca massa di documenti". L'avvocato Servatius, già a Norimberga, accetta il caso per denaro, lamentando pagamenti insufficienti e sperando in memorie di Eichmann, confiscate poi dal governo israeliano.

Eichmann produce dichiarazioni volontarie e un libro post-udienze, non accettato come prova nuova: "Nel periodo compreso tra la data in cui la Corte aggiornò i lavori (in agosto) e quella della lettura della sentenza (in dicembre), Eichmann scrisse infatti un «libro»". La sua deposizione è centrale, interrogato per trentatré udienze e mezzo, mostrando abilità nel gestire documenti: "ora sapeva come bisognava leggere i documenti - cosa che non aveva saputo durante l'istruttoria -, e se la cavò ancor meglio del suo legale". Le testimonianze dell'accusa, sessantadue udienze su centoventuno, narrano orrori paese per paese, con testimoni spesso "scampati" e scelti tra volontari, inclusi scrittori come K-Zetnik, che divaga su astrologia: "la stella «che influenza il nostro destino allo stesso modo della stella delle ceneri di Auschwitz, guarda il nostro pianeta, irradia la sua luce verso il nostro pianeta»". Critiche alla selezione dei testimoni, preferendo figure importanti ma non sempre precise, e irrilevanza ammessa: "il diritto dei testimoni di essere irrilevanti".

Temi minori emergono sulle esperienze post-belliche, come sforzi per rintracciare ebrei scampati tra otto milioni di sbandati, prevenendo rimpatri pericolosi: "Il pericolo era che anche gli ebrei volessero tornare alle loro case d'un tempo", con casi di uccisioni al ritorno, e guida verso la Palestina: "la strada, beninteso, che conduceva alla Palestina, il futuro Stato d'Israele". Si menziona Theresienstadt, con sopravvissuti ridotti rapidamente: "A Theresienstadt erano sopravvissute trentaduemila persone. Dopo poche settimane ne trovammo soltanto quattromila". Il testo critica la processione di testimoni da vari paesi, focalizzandosi su Polonia e Lituania dove l'autorità di Eichmann era minima, e su campi come Auschwitz e Treblinka.

Nota: Le citazioni sono estratte direttamente dalle frasi fornite per supportare il sommario.


Blocco Testuale 17

Riflessioni su resistenza e aiuti durante l'Olocausto, seguiti dalla fine della guerra per Eichmann e la sua fuga.

Sommario

Le frasi iniziali interrogano la mancata ribellione ebraica, evidenziando risposte inconcludenti come «Tutta la popolazione era contro di noi» e notando una situazione migliore in Polonia rispetto ad altri paesi dell'Europa orientale, con esempi di aiuti da parte di polacchi, inclusi partigiani che fornirono armi e salvarono bambini, nonostante rischi enormi come lo sterminio di famiglie intere. Emerge un tema minore sulla Bulgaria, menzionata per assenza di testimonianze, e su aiuti isolati da tedeschi, come il sergente Anton Schmidt che aiutò Kovner, provocando un silenzio reverenziale in aula, descritto come «un improvviso raggio di luce in mezzo a una fitta, impenetrabile tenebra», portando a riflessioni su come più episodi simili avrebbero cambiato la storia.

Si discute la penuria di tali atti di resistenza, citando memorie di Peter Bamm su uccisioni a Sebastopoli, dove soldati sapevano ma non agirono per paura di sparire anonimamente, come espresso in «Noi lo sapevamo. Non facemmo nulla», criticando la vuotezza della rettitudine senza significato morale superiore, e affermando che nulla è «praticamente inutile» poiché «i vuoti di oblio non esistono» e qualcuno sopravviverà per raccontare.

Le frasi transitano alla fine della guerra per Eichmann, isolato a Berlino, coinvolto in fortificazioni e visite a Theresienstadt, criticando la linea umanitaria di Himmler, e ricevendo ordini assurdi come trasportare ebrei illustri come ostaggi, finendo con un fallito piano partigiano e l'ordine di non sparare a inglesi e americani.

Eichmann consegna fondi a Hunsche, convinto che «un giorno o l'altro qualcuno ci avrebbe domandato i conti», concludendo il suo racconto alla polizia, integrato da documenti e indiscrezioni su Pearlman, che rivelano dettagli sulla cattura e smentiscono voci su attività post-belliche.

Post-guerra, Eichmann è catturato dagli americani ma fugge, lavora come taglialegna sotto falso nome, contatta l'ODESSA, ottiene passaporto da un francescano e arriva in Argentina come Ricardo Klement, scrivendo alla moglie che «lo zio dei suoi bambini» è vivo, e svolgendo mestieri mal pagati.

Nota

Le citazioni sono estratte direttamente dalle frasi fornite e tradotte in italiano ove necessario, mantenendo fedeltà al testo originale.


18 - La Cattura e la Collaborazione di Eichmann

La vicenda del rapimento in Argentina e le motivazioni per il processo in Israele.

Sommario

Il testo discute la condizione giuridica di Eichmann, che pur avendo nazionalità tedesca non ottenne protezione dalla Germania-Ovest, rendendolo di fatto un apolide, come evidenziato da "se la Corte di Gerusalemme poté giudicare Eichmann fu solo perché 'di fatto' egli era un apolide, e solo per questo". Si sottolinea che la sua esperienza passata lo aveva reso consapevole del trattamento riservato agli apolidi, poiché "tutta la sua carriera gli insegnava che degli apolidi si poteva fare quello che si voleva, tanto che per sterminare gli ebrei si era dovuto prima provvedere a renderli senza patria".

Eichmann non oppose resistenza significativa al rapimento, avvenuto l'11 maggio 1960, quando fu afferrato da tre uomini e portato in una casa affittata nei sobborghi di Buenos Aires, dove riconobbe immediatamente i rapitori, dichiarando "_Io sono Adolf Eichmann_" e aggiungendo "_So di essere nelle mani d'israeliani_", tradotto dal tedesco.

Durante la detenzione, Eichmann firmò una dichiarazione volontaria per essere processato in Israele, modificando il testo fornito per esprimere il desiderio di chiarire i fatti senza abbellimenti, come in "io cercherò di scrivere che cosa ho fatto nei miei ultimi anni di attività pubblica in Germania, senza abbellimenti di sorta, in modo da dare un quadro veritiero alle generazioni future" e "Voglio finalmente essere in pace con me stesso".

La dichiarazione, datata maggio 1960 ma senza giorno specifico, solleva sospetti sulla sua autenticità e sul luogo di redazione, forse Gerusalemme, come indicato da "nella data non è indicato il giorno della firma. L'omissione fa nascere il sospetto che la lettera fosse scritta non in Argentina, ma a Gerusalemme"; l'accusa e la difesa evitarono di approfondire questo punto in tribunale.

La moglie di Eichmann denunciò la scomparsa senza rivelarne l'identità reale, facilitando la fuga dei rapitori, poiché "non furono istituiti posti di blocco né alle stazioni ferroviarie, né sulle autostrade, né nei campi d'aviazione" e "gli israeliani ebbero fortuna: non sarebbero mai riusciti a portar via Eichmann dall'Argentina ben dieci giorni dopo la cattura, se la polizia fosse stata messa in allarme come si doveva".

Due spiegazioni emergono per la collaborazione di Eichmann: la stanchezza di vivere nell'anonimato, come "era stanco di vivere nell'anonimo", e un presunto senso di responsabilità verso la gioventù tedesca tormentata dalla colpa, descritto in "sentii dire da un conoscente appena tornato da un viaggio in Germania che alcuni settori della gioventù tedesca erano tormentati da un senso di colpa... e per me il fatto che ci fosse questo complesso di colpa fu una cosa molto importante".

Tuttavia, queste motivazioni vengono definite chiacchiere vuote, poiché Eichmann avrebbe potuto costituirsi autonomamente in Germania, come interrogato da "Che cosa gli avrebbe infatti impedito di tornarsene da sé in Germania e di costituirsi?".

Nota sul documento

Il testo menziona temi minori come i precedenti giuridici sul ratto e la convenzione internazionale sui crimini contro l'umanità, con l'Argentina che non considera tali reati come persecuzione politica.


19 - Obiezioni al Processo Eichmann e Confronti con Norimberga

Critiche alla competenza della Corte di Gerusalemme e analisi dei crimini contro l'umanità.

Sommario del Blocco di Testo

Le frasi delineano obiezioni al processo Eichmann, ripetendo critiche a Norimberga come l'uso di leggi retroattive e il tribunale dei vincitori: "Eichmann era processato in base a una legge retroattiva, e nel tribunale dei vincitori." Contestano la competenza della Corte di Gerusalemme per il rapimento e l'accusa di crimini "contro il popolo ebraico" invece che "contro l'umanità", suggerendo un tribunale internazionale. La risposta della Corte cita Norimberga come precedente, giustificando la retroattività per crimini nuovi come il genocidio: "quando improvvisamente compare un crimine di tipo nuovo, come il genocidio, la giustizia stessa esige una sentenza conforme a una nuova legge." Si discute l'adeguatezza delle leggi, confrontando crimini contro la pace, di guerra e contro l'umanità, con solo questi ultimi senza precedenti: "Di questi, soltanto gli ultimi erano nuovi e senza precedenti."

Le frasi esaminano debolezze di Norimberga, come il "tu quoque" contro l'Unione Sovietica per aggressioni e crimini di guerra, e crimini alleati come bombe atomiche: "i russi non avevano forse impunemente attaccato la Finlandia e diviso la Polonia nel 1939?" Si nota che i progressi tecnici rendono obsolete distinzioni tra soldati e civili: "Proprio la distinzione tra soldati e civili... era ormai antiquata." I crimini contro l'umanità emergono come indipendenti dalla guerra, annunciando sterminio sistematico: "crimini che in realtà erano indipendenti dalla guerra e annunziavano una politica di sistematico sterminio." A Norimberga, questi crimini evaporano nella sentenza, ma i giudici comminano pene massime per atrocità: "la categoria dei crimini contro l'umanità... evaporò in virtù della sentenza del tribunale."

Il processo Eichmann pone la catastrofe ebraica al centro, differenziandosi da Norimberga: "la catastrofe ebraica era «al centro del dibattimento»." Si giustifica la giurisdizione territoriale per crimini contro ebrei dispersi: "gli ebrei erano stati massacrati in quanto ebrei." Si respingono tesi su imparzialità di giudici ebrei e assenza di Stato ebraico al tempo dei crimini. L'accusa usa principio di personalità passiva, con Hausner come portavoce di sei milioni: "Assieme a me si levano in questo momento sei milioni di accusatori." Ma la procedura penale prevale sulla vendetta: "è la legge e non il querelante che deve prevalere."

Si critica la giurisdizione universale, non applicabile a Eichmann come "hostis generis humani", poiché agiva sotto regime: "quei crimini si commettono... solamente sotto un "regime" criminale." La Convenzione sul genocidio richiede tribunali territoriali o internazionali: "le «persone accusate di genocidio» siano giudicate «da un tribunale competente dello Stato nel cui territorio l'atto è stato commesso»." Israele poteva ridefinire territorio come spazio culturale ebraico: "il «territorio,»... è un concetto politico e giuridico, e non semplicemente geografico." La Corte si attiene a precedenti, rendendo il processo simile ad altri post-Norimberga.

Il rapimento viola diritto internazionale, giustificato da mancanza di alternative: "tutte le vie legali erano precluse, e non restava che ricorrere al rapimento." Si confronta con casi come Schwartzbard e Tehlirian, che uccidono e si costituiscono per denunciare crimini: "entrambi sfruttarono il proprio processo per mostrare al mondo quali crimini fossero stati impunemente commessi." Questi precedenti mostrano ebrei come vittime storiche, fraintendendo il genocidio come pogrom: "la catastrofe... non era un crimine nuovo... ma al contrario il più antico crimine."

Le frasi distinguono discriminazione, espulsione e genocidio: "l'espulsione e il genocidio... devono rimanere distinti." Il genocidio attenta alla diversità umana: "un attentato alla diversità umana in quanto tale." Si propone tribunale internazionale per crimini contro l'umanità: "siccome il crimine riguardava tutta l'umanità, tutte le nazioni dovevano essere ammesse a giudicarlo." Israele reagisce violentemente, vedendo nel processo una svolta: "gli ebrei potevano sedere in giudizio per giudicare crimini commessi contro il loro popolo."

Si critica la legge israeliana per incoerenza: "il crimine contro il popolo ebraico era prima di tutto un crimine contro l'umanità." Il processo fallisce in tre questioni: evitare tribunale dei vincitori, definire crimini contro l'umanità, capire il criminale normale: "di uomini come lui ce n'erano tanti... terribilmente normali." La sentenza migliora Norimberga riconoscendo sterminio non utilitario: "lo sterminio... non era affatto dovuto al desiderio di procurarsi territori." Ma non coglie il crimine come danno all'umanità: "colpisse e danneggiasse gravemente l'ordine internazionale." Si sottolinea la normalità del criminale: "questa normalità è più spaventosa di tutte le atrocità."

Note

Le citazioni sono estratte direttamente dalle frasi fornite e tradotte in italiano dove necessario, ma tutte le frasi originali sono già in italiano. Il sommario si limita a paragrafi proporzionati al numero di frasi, focalizzandosi su temi principali e minori come retroattività, giurisdizione e natura dei crimini.


Documenti e Polemiche sul Processo Eichmann 20

Fonti attendibili e controversie post-processo.

Sommario

Le frasi delineano l'attendibilità di documenti consegnati alla stampa dalle autorità di Gerusalemme, escludendo dubbi su di essi tranne per uno specifico. Si elencano trascrizioni di interrogatori, come "Trascrizione, in lingua tedesca dattiloscritta dell'interrogatorio, registrato su nastro magnetico, a cui Eichmann fu sottoposto in istruttoria", considerate il documento più importante assieme ai verbali del dibattimento. Vengono citati materiali giuridici dell'accusa, dichiarazioni giurate di testimoni della difesa, tra cui Erich von dem Bach-Zelewski e altri, utilizzati parzialmente dall'accusa.

Un fascicolo di settanta pagine scritto da Eichmann, intitolato "Mie annotazioni a proposito della «questione ebraica» e delle misure prese dal Governo nazionalsocialista del Reich tedesco per risolverla negli anni 1933-1945", è menzionato come prova accettata ma non diffusa alla stampa, preparato per un'intervista in Argentina. La bibliografia include solo materiali utilizzati direttamente, preferendo corrispondenze giornalistiche superiori a libri pretenziosi, con aggiunte di opere postume come "Mörder und Ermordete: Eichmann und die Judenpolitik des Dritten Reiches" di Robert Pendorf, che considera i Consigli ebraici nella soluzione finale.

Altre aggiunte comprendono "Strafsache 40/61" di Harry Mulisch, focalizzato sull'imputato con valutazioni simili, e "Das Gesicht des Dritten Reiches" di T. G. Fest per profili di capi nazisti. Si discute l'uso di fonti primarie per l'argomento specifico del processo e secondarie per lo sfondo storico, attingendo a opere come "The Final Solution" di Gerhard Reitlinger e "The Destruction of the European Jews" di Raul Hilberg, la più esauriente sulla politica ebraica del Terzo Reich.

Il libro ha scatenato polemiche violente prima della pubblicazione, con una campagna organizzata che ha distorto il contenuto, creando un'"immagine" falsa del testo. Questo ha portato a dibattiti imprevisti su questioni morali profonde, toccando il passato hitleriano che sfugge a tedeschi, ebrei e umanità intera.

La polemica inizia dalla condotta ebraica durante la soluzione finale, criticando la questione della difesa come goffa e crudele per ignoranza delle condizioni epoca, evolvendo in discussioni su "mentalità del ghetto" e teorie freudiane di "desiderio della morte" inconscio attribuito agli ebrei.

Si affronta il ruolo dei capi ebraici, emerso al processo e commentato, con divisioni evidenti come nel caso di Hirsch Birnblat, condannato e poi assolto, assolvendo indirettamente i Consigli ebraici. Critiche identificano il popolo ebraico con i suoi capi, contrastando resoconti di scampati come "Il popolo ebraico nel suo complesso si comportò splendidamente; soltanto i capi sbagliarono", o giustificano i capi per servigi pre-soluzione finale, ignorando differenze tra emigrazione e deportazione.

Altre polemiche, non correlate al libro, includono la resistenza tedesca dal regime hitleriano, irrilevante per la coscienza di Eichmann durante la guerra. Discussioni assurde emergono su vittime più "cattive" dei carnefici, il diritto di giudicare da assenti, o se il processo debba centrarsi sull'imputato o sulla vittima.


Riflessioni sulla Banalità del Male e Questioni Giuridiche nei Crimini Nazisti 21

Analisi della figura di Eichmann, della natura dei suoi crimini e delle sfide poste al sistema giudiziario.

Sommario

Il blocco esamina la figura di Eichmann, descritto come privo di immaginazione e idee, rendendolo predisposto al male: "egli 'non capì mai che cosa stava facendo'". Si sottolinea che questa mancanza d'idee è più pericolosa degli istinti malvagi, come lezione da Gerusalemme: "Quella lontananza dalla realtà e quella mancanza d'idee possono essere molto più pericolose di tutti gli istinti malvagi che forse sono innati nell'uomo". Non si tratta di una spiegazione completa, ma di una lezione sul fenomeno: "Ma era una lezione, non una spiegazione del fenomeno, né una teoria".

Viene discussa la natura dei crimini, definiti come massacri amministrativi senza precedenti, superando il concetto di genocidio: "Il nuovo concetto di 'genocidio' vale solo fino a un certo punto, perché il massacro d'interi popoli ha in fondo dei precedenti". Si propone l'espressione "massacri amministrativi", evidenziando che possono colpire qualsiasi gruppo, come nei piani nazisti di eutanasia: "Hitler cominciò la sua operazione di sterminio col concedere una 'morte pietosa' agli 'incurabili'". Si avverte di rischi futuri in società automatizzate: "Non è affatto escluso che nell'economia automatizzata di un futuro non troppo lontano gli uomini siano tentati di sterminare tutti coloro il cui quoziente d'intelligenza sia al di sotto di un certo livello".

Nel processo, si critica la teoria della "piccola rotella" nel macchinario, irrilevante giuridicamente: "tutta la 'teoria della rotella' è giuridicamente futile". La burocrazia disumanizza, ma in tribunale gli imputati sono esseri umani: "tutte le rotelle del macchinario, anche le più insignificanti, automaticamente in tribunale si ritrasformano in esecutori, cioè in esseri umani". Si discute il "governo di nessuno" della burocrazia, ma la giustizia considera questi fattori solo accessori: "l'amministrazione della giustizia può tener conto di questi fattori soltanto come di accessori che completano il quadro del crimine".

Vengono esaminate categorie giuridiche inadeguate, come "azione di Stato" e "ordine superiore": "la giurisprudenza dispone di due sole categorie, che a mio avviso sono entrambe assolutamente inadeguate". La teoria dell'azione di Stato, basata sulla ragione di Stato, non si applica a regimi criminosi: "Possiamo noi applicare a un regime in cui il crimine è legale ed anzi è la regola i princìpi che valgono per i regimi in cui il crimine e la violenza sono eccezioni?". Per gli ordini superiori, si nota l'inversione tra regola e eccezione nel nazismo: "nel caso di Eichmann il rapporto tra eccezione e regola - fondamentale per riconoscere la criminalità o meno di un ordine - era l'opposto di quello normale".

Si critica l'uso della coscienza come criterio, poiché Eichmann seguiva leggi del suo regime: "Eichmann agì esattamente come doveva: agì in armonia con la regola, eseguì gli ordini a lui impartiti per la loro 'manifesta' legalità". I sistemi giuridici sono inadeguati per massacri amministrativi, portando i giudici a basarsi sulla mostruosità: "i giudici in realtà abbiano giudicato soltanto in base alla mostruosità delle azioni". Emerge incoerenza nei processi post-bellici, come a Norimberga: "la condanna a morte fu pronunziata soltanto contro coloro che avevano partecipato al nuovo crimine del massacro amministrativo".

Il testo affronta la questione morale dei giudizi umani in contesti estremi: "noi abbiamo preteso che gli esseri umani siano capaci di distinguere il bene dal male anche quando per guidare se stessi non hanno altro che il proprio raziocinio". Pochi resistettero basandosi su giudizi individuali, senza norme pregresse: "quei pochi che sapevano distinguere il bene dal male giudicavano completamente da soli, e lo facevano liberamente". Si critica la confusione moderna su moralità e giudizi: "molti riconoscono che non esiste una cosa che si chiama colpa collettiva, e tanto meno una cosa che si chiama innocenza collettiva".

Vengono menzionate polemiche su libri e drammi, rivelando riluttanza a giudicare individui: "L'idea che un uomo non ha il diritto di giudicare se non è stato presente e non ha vissuto la vicenda in discussione fa presa". Si rifiuta la colpa collettiva, enfatizzando responsabilità personale: "la questione della colpevolezza o innocenza individuale, il problema di pronunziare una sentenza giusta tanto per l'imputato quanto per la vittima, sono le sole cose che contano in un tribunale penale". Temi minori includono responsabilità politica vs. morale: "Ogni governo si assume la responsabilità politica delle azioni, buone o cattive, dei governo che l'ha preceduto".

Il blocco conclude valutando il processo Eichmann come tentativo di soddisfare la giustizia: "Il mio libro cerca soltanto di esaminare fino a che punto la Corte di Gerusalemme è riuscita a soddisfare la sete di giustizia dell'umanità". Si nota l'unicità del crimine e del criminale: "un crimine non considerato dai codici e ad un criminale d'un tipo sconosciuto".