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Galileo - Sidereus Nuncius - Lettura | 12m


testo

Dedica celeste: i satelliti medicei e l'omaggio a Cosimo II de' Medici

Quando le stelle diventano monumenti eterni e i pianeti portano il nome dei principi.

Il testo si apre con una riflessione sulla volontà umana di preservare la memoria dei grandi uomini, contrastando l'oblio con monumenti terrestri --- „statue di marmo o bronzo", „colonne che sfiorano le stelle", „città intitolate" --- e con strumenti più duraturi: „la custodia delle Muse e i monumenti incorruttibili delle lettere". Tuttavia, si afferma che anche questi segni sono soggetti al „tempo divoratore" e alla „vetustà invidiosa", mentre „il cielo offre notazioni eterne". La soluzione individuata è l'iscrizione dei nomi illustri tra le stelle, „affinché godano, insieme agli astri, di un'eternità senza fine", come accade per „Giove, Marte, Mercurio" e altri eroi il cui „splendere non si spegnerà finché durerà la luce delle stelle stesse".

L'autore rivendica poi una scoperta astronomica senza precedenti: „quattro stelle" (i satelliti di Giove) „riservate al tuo nome illustre", non „del novero comune degli astri erranti", ma „dell'ordine nobile dei vaganti", che „come prole legittima di Giove" ne seguono il moto con „mirabile velocità" e „unanime concordia". La dedica a Cosimo II de' Medici è giustificata da un parallelismo cosmico e dinastico: „chi ignora che la clemenza, la mansuetudine, la maestà" del principe derivino „dallo stesso Giove, fonte di ogni bene dopo Dio?". L'atto di battezzare questi corpi celesti „Astri Medicei" è presentato come un diritto acquisito, poiché „sotto il tuo auspicio" sono stati rivelati, e perché „la tua virtù sola può conferire immortalità a quei nomi". Si chiude con un augurio: che il principe accetti „questa gloria gentilizia riservata dagli astri" e goda „dei beni divini" che non provengono „tanto dalle stelle, quanto dal loro Creatore". La datazione („Padova, 4 idi di marzo 1610") e la firma di Galileo sanciscono l'atto solenne.


Note

Frasi citate: (2), (3), (5), (8), (9), (12), (14), (19), (20), (22), (25). Traduzioni implicite: - „Præclarum [...] institutum"„Nobile e ricco di umanità fu l'intento di coloro che [...]". - „in cælum itaque migrans"„salendo dunque in cielo". - „quæ tanquam linguæ [...] loquantur"„che come lingue [...] parlino e celebrano". - „MEDICEA SIDERA"„ASTRI MEDICEI".


L'illusione della regolarità lunare: rilievi, ombre e la geometria invisibile del bordo

Osservazioni sulla superficie irregolare della Luna e le apparenti contraddizioni tra la sua morfologia accidentata e la percezione di un profilo liscio e circolare.


Dettaglio del blocco

Il testo descrive le irregolarità della superficie lunare, evidenziando come le "cavità" e i "monti altissimi" --- disposti "inque peripheriam perfecti circuli" --- creino "umbrosam [...] partem" e "luminosam" in base all'illuminazione solare, con effetti simili a "regio consimilis Bohemiæ" se fosse circondata da "montibus [...] in peripheriam dispositis". Le "maculæ" scure vicine al "confinio luminis et tenebrarum" appaiono più marcate, mentre quelle lontane "minores, tum obscuræ minus apparent", fino a confondersi quando "Luna in oppositione totum impleverit orbem".

Si distingue tra "clarioribus Lunæ regionibus", dove le "lacunarum eminentiarumque differentia" è netta per "mutationem figurarum ex alia atque alia illuminatione", e le "magnis maculis" con "areolæ subobscuriores" dal "semper [...] eundem [...] aspectum", prive di variazioni di "lucis aut opacitatis". Le "rupes asperis et angulatis scopulis" delle zone chiare si oppongono alle "leni quadam copula" delle macchie scure, dove "confinia miscentes ac confundentes" suggeriscono una transizione graduale.

La "dubitatio" nasce dall'apparente contraddizione: se la superficie lunare è "tuberosa [e] lacunosa", perché il "totus integer limbus" appare "exacte rotunda et circinata, nullisque tumoribus aut cavitatibus corrosa"? La soluzione proposta invoca una "multiplex [...] eminentiarum et cavitatum coordinatio" lungo il "perimetrum", dove "montium ordines" in "aliis atque aliis ordinibus" si nascondono reciprocamente, come "iuga montium" terrestri visti "a longe" o "sublimes undarum vertices" marine che celano "voraginum [...] profundarum" frequenza. L'"oculus e longinquo spectans", allineato ai "verticibus" delle elevazioni, percepisce così un "æquabilem lineam" priva di "anfractus".


L'atmosfera lunare e le irregolarità della superficie: osservazioni sulla luce, i vapori e le altitudini

Un'analisi geometrica e ottica dei fenomeni che nascondono e rivelano i rilievi del suolo selenico

Sommario

Il testo delinea un modello fisico-ottico per spiegare le apparenti anomalie luminose e morfologiche della Luna, attribuendole a una „sfera di sostanza più densa" („orbis quidam densioris substantiæ") che avvolge il corpo lunare e interagisce con la luce solare. Tale strato, „non così opaco da ostacolare la vista quando non è illuminato", riflette i raggi solari e „può impedire al nostro sguardo di raggiungere la solidità della Luna" quando la sua densità aumenta verso i bordi, „specie se luminoso". La descrizione si avvale di una figura 7 per mostrare come „la quantità di vapori più profondi" („profundiorum copia vaporum") lungo la circonferenza lunare occulti parzialmente la vista, giustificando così l'assenza apparente di macchie scure ai margini, „che pure potrebbero esistere, ma restano nascoste sotto uno strato più luminoso e denso".

Si passa poi a una dimostrazione quantitativa delle dimensioni dei rilievi lunari, confrontati con quelli terrestri: osservando „vertici illuminati all'interno della parte in ombra" e misurando la loro distanza dal terminatore, si stima che un'altezza lunare di „quattro miglia italiche" corrisponda a un rilievo emerso rispetto al raggio solare. Il calcolo, basato su un diametro lunare di 2000 miglia (in rapporto 2:7 con quello terrestre), rivela che le asperità lunari sono „molto minori di quelle terrestri, non solo in proporzione, ma in valore assoluto", come affermato nel passaggio „demonstrantes terrestres asperitates lunaribus esse longe minores". La geometria della figura 8 supporta la tesi, correlando l'arcata luminosa CA e la tangente GCD per derivare l'altitudine AD.


L'interazione tra luce lunare, terrestre e stellare: osservazioni sulle variazioni di splendore e sulla percezione ottica

Fasi lunari, riflessi terrestri e illusioni ottiche nelle osservazioni celesti.


Sommario

Il blocco descrive i meccanismi di illuminazione reciproca tra Luna e Terra, evidenziando come «la Luna ci offra, a vicenda, illuminazioni mensili ora più chiare, ora più deboli: ma il beneficio è compensato in egual misura dalla Terra». La luce secondaria della Luna, visibile durante le congiunzioni con il Sole, deriva dalla «riflessione della luce solare sulla superficie terrestre esposta», mentre nelle quadrature il suo splendore si riduce poiché «osserva solo metà dell'emisfero illuminato, l'altra metà essendo avvolta dalle tenebre notturne». In opposizione al Sole, la Luna riceve «nessuna illuminazione, priva sia della luce solare sia di quella terrestre», a meno che l'eclittica non alteri tale condizione. La relazione tra i due corpi celesti segue una dinamica inversa: «nei periodi in cui la Terra è maggiormente illuminata dalla Luna, questa a sua volta riceve meno luce dalla Terra, e viceversa».

Si passa poi all'osservazione delle stelle fisse, la cui «magnitudine apparente non aumenta proporzionalmente all'ingrandimento del cannocchiale», a differenza della Luna e degli altri oggetti. Le stelle, «avvolte da raggi scintillanti e irradiazioni» quando osservate a occhio nudo, appaiono più grandi del reale, soprattutto «quando la notte è avanzata»; tale effetto scompare con «luce diurna, nubi sottili, veli neri o vetri colorati», che eliminano «i fulgori circostanti». Il cannocchiale, «togliendo le irradiazioni accidentali, ingrandisce i globi stellari semplici» (se di forma sferica), ma con «un aumento minore del previsto». Esempi concreti includono «Venere, che in pieno giorno appare così esile da sembrare una stella di ultima grandezza», e le stelle del crepuscolo, «pur di prima magnitudine, [che] paiono minuscole». La Luna, al contrario, «mantiene sempre la stessa dimensione apparente, sia in piena luce sia nell'oscurità».


Osservazioni telescopiche: stelle, nebulose e la natura della Via Lattea

Lente d'ingrandimento sul cosmo: dalla distinzione tra pianeti e stelle fisse alla scoperta di corpi celesti invisibili, fino alla rivelazione della struttura stellare di nebulose e della Galassia.


Didascalia

Il telescopio svela l'invisibile: forme, densità e distribuzioni di stelle prima ignote, tra Orionis, le Pleiadi e il lacteus circulus risolto in una moltitudine di punti luminosi.


Sommario

Il blocco descrive le osservazioni condotte attraverso un perspicillum (telescopio), evidenziando come lo strumento alteri la percezione delle grandezze stellari: una «stellula [...] quintæ aut sextæ magnitudinis» appare «tamquam magnitudinis primæ», mentre «stellula quintæ aut sextæ magnitudinis Canem [...] æquare videatur». Viene sottolineata la differenza tra «Planetæ» --- «globulos suos exacte rotundos» e «orbiculares» --- e «fixæ [...] Stellæ», che «veluti fulgores quidam radios [...] vibrantes» sembrano «admodum scintillantes» sia a occhio nudo che attraverso la lente, ma ingrandite. Il testo rivela poi l'esistenza di «numerosum gregem aliarum» stelle, «naturalem intuitum fugientium», organizzate in «sex aliæ magnitudinum differentiæ», dove quelle «magnitudinis septimæ» superano in luminosità «magnitudinis secundæ Sidera» osservate senza ausili.

Si passa alla mappatura di due «Asterismos» esemplari: la costellazione di Orione, dove «plures quingentis» stelle si addensano entro «unius aut alterius gradus limites», e le Pleiadi, dove «plures quam quadraginta» stelle invisibili circondano le «sex [...] PLEIADAS», con «nulla [...] vix ultra semigradum» distante dalle compagne note. Il focus si sposta sulla «LACTEI Circuli essentia», svelata come «innumerarum Stellarum coacervatim consitarum congeries», dove «Stellarum ingens frequentia» emerge in ogni direzione puntata dal telescopio. Anche le «areolæ» sparse nel cielo e le «Stellæ [...] NEBULOSÆ» si risolvono in «Stellularum mirum in modum consitarum greges», il cui «candor» deriva dalla «radiorum commixtione» di astri troppo remoti per essere distinti singolarmente. Due esempi grafici --- la «NEBULOSA [...] Capitis Orionis» con «Stellas vigintiunas» e un altro asterismo --- chiudono la trattazione, confermando come «densior pars Cæli» non sia un fenomeno ottico, ma una concentrazione di «Stellarum aut Solis radios».


Scoperta dei satelliti di Giove e invito all'osservazione sistematica

Osservazioni telescopiche tra gennaio e febbraio 1610: dalle nebulose alle lune medicee, tra metodo, dubbi e una chiamata collettiva agli astronomi.


Didascalia

Dall'ammasso del Presepe ai quattro «pianeti» mai visti: cronaca di una rivoluzione celeste e delle sue regole.


Sommario

Il blocco documenta l'identificazione di corpi celesti ignoti e la loro progressiva interpretazione come oggetti in moto attorno a Giove, sfidando le categorie astronomiche consolidate. L'autore apre con un catalogo di stelle nella nebulosa del Presepe --- „congeries Stellularum plurium quam quadraginta" --- e dichiara di averne „trigintasex" distinte dagli Aselli, ma il fulcro diventa la „quatuor PLANETAS a primo mundi exordio ad nostra usque tempora nunquam conspectos", la cui esistenza viene annunciata come „maximum in præsenti negotio". L'osservazione richiede strumenti „exactissimo", descritto „in principio sermonis", e si concentra sulle „tres Stellulas" avvistate il 7 gennaio „clarissimas" e allineate „secundum exactam lineam rectam atque Eclipticæ parallelam", dettaglio che suscita „admirationem" per la disposizione „splendidiores" rispetto ad altre di „magnitudine paribus". Nei giorni successivi, la „longe aliam constitutionem" dell'8 gennaio --- con le stelle „omnes occidentales" e „viciniores" a Giove --- alimenta il sospetto di un „motu proprio", mentre il 10 gennaio se ne contano solo due, „orientales ambæ", con la terza „sub Iove latitante". Le posizioni, sempre „in eadem recta cum Iove, ac iuxta Zodiaci longitudinem", suggeriscono un sistema ordinato, ma l'autore ammette l'impossibilità di definirne „periodos" per „temporis angustiam" e lancia un appello agli „Astronomos omnes", affinché „ad illorum periodos inquirendas atque definiendas se conferant".

Emergono temi minori: la frustrazione per le „nubibus undiquaque obductum" che ostacolano le osservazioni, la diffidenza verso errori di „computo astronomico", la precisazione che le stelle erano inizialmente scambiate per „fixæ". La descrizione delle figure (13, 14, 15) come riferimento visivo sottolinea il metodo empirico, mentre l'insistenza sulla „linea recta" e sulla „Zodiaci longitudinem" prefigura una geometria celeste da decifrare. L'invito finale, pur nella „temporis angustia", trasforma una scoperta privata in una sfida collettiva, dove „Perspicillo" e „observationes" diventano strumenti di una nuova scienza.


Osservazioni sistematiche delle stelle medicee: posizioni, distanze e variazioni nel tempo

Movimenti celesti annotati con precisione oraria e geometrica.


Didascalia

Configurazioni dinamiche di corpi vicini a Giove: misure, allineamenti e incertezze ottiche tra il 18 e il 20 del mese.


Sommario

Il blocco documenta l'osservazione minuziosa di tre stelle in prossimità di Giove, registrando le loro posizioni relative, distanze angolari e mutamenti nell'arco di tre giorni. Le annotazioni iniziano con l'emergere di una stella „orientali quam proxima" dopo quattro ore, „elongabatur ab illa" di „tantum sec. 20" e leggermente deviata „versus austrum", mentre il „die decima octava" si rileva una „Stella orientalis maior occidentali", distante „min. pr. 8" da Giove e „min. 10" la seconda. Il giorno successivo, „die decimanona", le tre stelle appaiono „secundum rectam lineam ad unguem" con Giove: la prima „a Iove distans min. pr. 6", la seconda a „min. 5" di intervallo, la terza „ab occidentaliori aberat min. 4". L'osservatore esprime dubbi sulla presenza di una „Stellula mediaret" tra la stella orientale e Giove, „adeo ut illum fere tangeret", ma alle „hora quinta" la conferma in posizione „medium iam inter Iovem et orientalem Stellam", pur notando che „novissime conspecta admodum exigua fuit", sebbene alle „hora sexta" risulti „reliquis magnitudine fere [...] æqualis".

Il „die vigesima" le tre stelle appaiono „adeo exiguæ, ut vix percipi possent", con distanze reciproche „non magis distabant minuto uno", generando incertezza sul loro numero esatto (nunquid ex occidente duæ, an tres, adessent Stellulæ"). Verso la „hora sext" la stella orientale si allontana „duplo magis" (min. 2"), mentre quella centrale „a Iove distabat min. 0, sec. 40" e „ab occidentaliori vero min. 0, sec. [40]". Le misurazioni combinano unità temporali (hora, min., sec.") e spaziali (minuto"), evidenziando sia la metodicità delle rilevazioni sia le fluttuazioni percettive, come la variazione di luminosità o la difficoltà nel distinguere corpi „vix percipi". Le figure citate (figura 23" ecc.) suggeriscono un supporto grafico non incluso.


Osservazioni sulle posizioni e sulle distanze relative di Giove e dei suoi satelliti

Configurazioni celesti e variazioni apparenti nel sistema gioviano tra il 22 e il 23 del mese.

Sommario

Il blocco descrive le posizioni reciproche di Giove e di quattro corpi celesti ad esso vicini, definiti come "Stellulæ" o "Stellæ", osservate in due momenti distinti. Nel primo istante, "trenta minuti dopo la mezzanotte", tre stelle "aderant ex oriente" appaiono "æqualiter inter se et a Iove distantes", con un intervallo stimato in "50 secondi di minuto" l'una dall'altra, mentre una quarta stella "ex occidente" si trova a "min. pr. 4" di distanza dal pianeta. Tra queste, "orientalis Iovi proxima erat omnium minima", mentre le altre "aliquanto maiores" risultano "proxime æquales" per dimensione apparente. Nel secondo momento, "die vigesima secunda, hora 2", la disposizione si mantiene "consimilis", ma le distanze variano: la stella orientale dista "minutorum primorum 5" da Giove, quella occidentale "pr. 7", e le due intermedie --- "minores extremis" --- sono allineate "iuxta Zodiaci longitudinem", con una lieve devianza "paululum in austrum" della centrale. Le misurazioni includono intervalli di "min. 0, sec. 40" tra le stelle occidentali e una distanza di "m. p. 1" per la più vicina a Giove. L'osservazione serale, "hora noctis sexta", conferma una configurazione stabile, con la stella orientale "admodum exigua" e invariata nella distanza "ut antea".


Osservazioni sistematiche delle posizioni relative tra Giove e corpi celesti adiacenti

Dinamiche di allineamento e variazioni di distanza nel corso di tre notti consecutive

Sommario

Il blocco documenta un resoconto puntuale di osservazioni astronomiche incentrate su Giove e su quattro corpi celesti --- definiti come "Stellæ" --- le cui posizioni reciproche e distanze angolari vengono registrate con precisione cronologica. Le annotazioni seguono un ordine temporale che copre tre giorni: il primo febbraio, il secondo febbraio e un riferimento implicito a un'osservazione precedente (la "hora quarta" di un giorno non specificato). Le misurazioni sono espresse in minuti e secondi d'arco, con particolare attenzione alla "recta linea" che connette i corpi, spesso descritta come "ad unguem" (ossia "perfettamente allineata"). Emergono temi minori come la variabilità delle distanze --- „orientalior vero ab ipsa media min. 20"; „occidentalis distabat a Iove min. 10" --- e la menzione esplicita di differenze di magnitudine apparente: „occidentalis Stella satis exigua" (la stella occidentale appariva piuttosto piccola").

Le configurazioni cambiano nel tempo: se inizialmente due delle "Stellæ" orientali risultano „viciniores ad invicem" (più vicine tra loro"), separando di soli „min. sec. 20", nelle ore successive si assistono a spostamenti che portano Giove a occupare una „mediam sedem" (posizione centrale") tra quattro corpi, come osservato „hora septima" del secondo giorno. La presenza di una „Stella quædam, admodum exigua" (una stella, estremamente piccola"), rilevata a „minutis secundis 20" dal pianeta in direzione orientale, introduce un elemento di asimmetria nelle descrizioni. L'allineamento costante lungo una „lineam" ideale e le misure ripetute suggeriscono un metodo osservativo sistematico, finalizzato a tracciare movimenti relativi con precisione geometrica.


Osservazioni sistematiche delle posizioni relative tra Giove e corpi celesti minori lungo l'eclittica

Allineamenti, distanze angolari e variazioni di magnitudine nel corso di otto giorni di rilevamento.


Sommario

Il blocco documenta un monitoraggio serrato delle posizioni reciproche tra Giove e quattro oggetti celesti --- definiti "Stellæ" --- osservati in sequenza temporale e spaziale. Le misurazioni si concentrano su distanze angolari espresse in minuti primi e secondi, con riferimenti costanti all'"eclittica" come linea di allineamento: "erantque æquales omnes, et in eadem recta secundum Eclipticam extensa". Le annotazioni evidenziano una simmetria iniziale nelle distanze ("proximior Iovi reliquis paulo minor apparebat") e una magnitudine apparentemente uniforme ("magnitudine erant fere æquales"), salvo lievi scostamenti. Nei giorni successivi, il numero di corpi visibili fluttua --- "duæ solummodo apparuerunt Stellæ" --- e le configurazioni mutano: il sesto giorno due oggetti "medium Iovem intercipientes" si dispongono ai lati del pianeta, mentre il settimo giorno "duæ adstabant Stellæ, a Iove orientales" mostrano "intercapedines [...] æquales" di un minuto primo. L'ottavo giorno si registra la comparsa di tre corpi orientali, con distanze progressive ("proxima [...] distabat ab eo min. 1, sec. 20") e differenze di dimensione apparente ("exigua satis [...] satis magna").

Le condizioni atmosferiche interferiscono con le osservazioni --- "Cælum fuit nubilosum" --- e le figure allegate ("figura 49", "figura 50") fungono da supporto visivo per le disposizioni descritte. Emergono temi minori come la variabilità meteorologica, la precisione strumentale (misure in primi e secondi), e un ordine geometrico ricorrente, suggellato da frasi come "ac per ipsas et centrum Iovis recta linea incedebat". L'insieme suggerisce un protocollo osservativo metodico, finalizzato a tracciare relazioni spaziali e luminose tra Giove e i corpi ad esso associati.


Osservazioni sistematiche delle stelle medicee: posizioni, distanze e variazioni nel corso di quattro giorni

Movimenti celesti annotati con precisione minutaria tra il 15 e il 18 del mese: allineamenti, scomparsa e ricomparsa di corpi vicini a Giove, misure di grandezza e spostamenti lungo lo zodiaco.


Didascalia del blocco

Variazioni nella configurazione di tre o quattro stelle in prossimità di Giove: registrazioni orarie di distanze angolari, magnitudini relative e allineamenti rettilinei nel periodo di quattro giorni, con particolare attenzione alle anomalie nella visibilità e agli spostamenti progressivi.


Sommario

Il testo documenta un monitoraggio serrato delle posizioni di un gruppo di stelle vicine a Giove, condotto in orari specifici tra il 15 e il 18 del mese. Le annotazioni partono dal „giorno quindicesimo", quando „tre erano le stelle orientali" (387) e „nessuna occidentale era visibile", con misurazioni che evidenziano una „stella maggiore" (392) rispetto alle „vicine a Giove, estremamente piccole" (392). Nel corso delle ore, si registra la „scomparsa" di alcune stelle: „solo una delle più vicine a Giove era visibile" (393) alla quinta ora, mentre „una stella molto piccola" (397) ricompare „verso occidente" alla sesta, „remota da Giove di 2 minuti" (398).

Il „giorno sedicesimo" (398) segna un allineamento „in una stessa linea retta lungo lo zodiaco" (401) di tre stelle „tutte quasi della stessa grandezza" (400), con distanze crescenti da Giove. Il „giorno diciassettesimo" (402) riduce il numero a due stelle, „una orientale" e „una occidentale" (402), la seconda „alquanto più piccola" (404); nelle ore successive, „la orientale si avvicina a Giove" (405) fino a „0 minuti e 50 secondi" (406), mentre „l'occidentale si allontana" (407) a „12 minuti". Il „giorno diciottesimo" (410) torna a tre stelle, con „due occidentali" (410) e una „orientale a 3 minuti da Giove" (411), confermando la „persistenza di un allineamento rettilineo" (409) e la „piccolezza estrema" (409) di alcuni corpi, soprattutto „nella seconda osservazione".

Le misurazioni sottolineano la „precisione minutaria" (388-391) e i „cambiamenti rapidi" (396) nelle distanze, suggerendo un fenomeno dinamico legato alla „posizione lungo lo zodiaco" (401) e alla „visibilità variabile" (393, 397) delle stelle, descritte come „abbastanza evidenti" (400) o „molto piccole" (397, 409) a seconda del momento.


Osservazioni sistematiche dei corpi celesti in prossimità di Giove: posizioni, allineamenti e variazioni nel tempo

Movimenti e configurazioni notturne di oggetti vicini a Giove lungo l'eclittica, con misurazioni di distanza e visibilità tra il 19 e il 27 del mese.


Didascalia

Configurazioni e spostamenti di punti luminosi attorno a Giove: registrazioni orarie di distanze, allineamenti perfetti sull'eclittica e variazioni di numero e grandezza in condizioni meteorologiche variabili.


Sommario

Il blocco documenta l'osservazione metodica di corpi celesti vicini a Giove, descrivendone la disposizione, la grandezza apparente e le distanze angolari misurate in minuti. Le annotazioni iniziano il „giorno 19, ora 0, minuto 40" con due oggetti „satis magnæ" allineati „in eadem recta cum Iove ad unguem, ac secundum Eclipticæ ductum" (422), di cui uno più prossimo a „min. 7" (423) e l'altro a „min. 6" (425) dal compagno occidentale. Il „giorno 20" le nubi ostacolano la vista (426), mentre il „giorno 21, ora 1, min. 30" (427) si notano tre corpi „satis exiguæ" (428) sempre „in eadem recta Eclipticæ parallela" (431), con distanze precise: „orientalis aberat a Iove min. 2" (429) e „occidentalis sequente min. 3" (430).

Nei giorni successivi, le osservazioni registrano fluttuazioni nel numero di oggetti visibili: il „giorno 25, ora 1, min. 30" (432) ricompaiono tre corpi, due „orientales" con „distantiæ inter se et a Iove æquales" di „min. 4" (434-435) e uno „occidentalis" a „min. 2" (436). Il „giorno 26, ora 0, min. 30" (437) se ne vedono solo due (438), con la „orientalis" „aliquanto minor occidentali" (440) e distanze di „min. 10" (439) e „min. 6" (440); tuttavia „hora 5" (441) ne appare un terzo „admodum exigua" (441), „prope Iovem" a „min. 1" (442), mentre la „orientalis" sembra „remotior, distans nempe a Iove min. 11" (443). La notte del „giorno 27, ora 1, min. 4" (446) si conferma la tendenza a configurazioni dinamiche, con un oggetto „Iovi proxima" a „min. 0, sec. 30" (448-449).

Temi minori includono riferimenti a condizioni atmosferiche (nubilosum fuit cælum" 426; superioribus tribus noctibus cælum fuit nubibus obductum" 433) e l'introduzione di un „progressum" (444) misurato rispetto a una „fixa Stella" (445) per valutare lo spostamento lungo lo zodiaco. Le figure citate (67-73) suggeriscono un supporto grafico alle descrizioni testuali.