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Fabiani - Didattica della Matematica 2017 - Lettura (14d)


1. Il Paradosso dell'Apprendimento Matematico e la Reinvenzione Guidata

La didattica della matematica tra concetti, rappresentazioni e l'ipotesi di Freudenthal.

Il testo affronta il paradosso per cui la padronanza dei trattamenti matematici, legati alle rappresentazioni semiotiche, richiederebbe un preesistente apprendimento concettuale degli oggetti rappresentati. Questo paradosso si accentua identificando l'attività matematica con quella concettuale e considerando le rappresentazioni semiotiche come "secondarie o estrinseche". Viene quindi proposta l'ipotesi di lavoro di Hans Freudenthal, secondo cui l'apprendimento matematico avviene per "salti mentali distinti e discontinui", attraverso i quali gli strumenti concettuali e algoritmici utilizzati a un livello diventano "oggetto di riflessione ad un livello superiore". Il nucleo centrale è il concetto di "re-invenzione", un'appropriazione attiva di strutture e procedure per cui "l’attività del matematizzare si realizza quando il discente si appropria delle idee e delle strutture reinventandole in modo attivo".

Viene esplorata la distinzione tra matematizzazione orizzontale, che "parte dalla vita reale e conduce al mondo dei simboli", e matematizzazione verticale, dove i simboli "sono formalizzati e manipolati". La "reinvenzione guidata" è presentata come un metodo didattico che bilancia la "libertà’ operativa dello studente" con la "libertà’ dell’adulto che guida, ma non in modo invasivo". Questo approccio mira a far sì che il discente reinventi "il fare matematica, piuttosto che la matematica; l’azione di astrarre piuttosto che le astrazioni". I vantaggi includono una minore facilità nel dimenticare, l'acquisizione di conoscenze "utilizzate con maggiore facilità e prontezza", la soddisfazione personale e lo sviluppo di un'attitudine a "esperimentare la matematica come un’attività umana". Le strategie per guidare questo processo prevedono di scegliere situazioni nella realtà vissuta dal discente, offrire mezzi per la riflessione e proporre un'istruzione interattiva, con l'obiettivo di una produzione autonoma che includa anche il "porre problemi". Un'indagine tra gli insegnanti rivela un bisogno di approfondire le metodologie più che i contenuti e una preferenza per metodi che partano "dal concreto" e utilizzino "il gioco", sottolineando come lo sviluppo dell'intelligenza avvenga attraverso "l’astrazione e il pensiero simbolico".


Il laboratorio matematico come metodo didattico 2

Un approccio che coinvolge corpo e mente per un apprendimento stabile e significativo.

Il testo delinea una concezione ampia di laboratorio matematico, inteso non come luogo fisico, ma come metodo didattico caratterizzato da un movimento dialettico tra azione e pensiero. Si sostiene che "può essere considerato laboratorio ogni attività didattica che sia occasione di unità di gesto e di pensiero", coinvolgendo integralmente la persona dello studente. Questo per superare una prassi didattica che "si rivolge principalmente alla mente dei ragazzi, privilegiando un insegnamento verbale e ripetitivo, addestrativo", ritenuta causa di una "crescente irrequietezza indomabile". L'approccio laboratoriale si propone di "introdurre alla realtà interpellando la ragione degli studenti di ogni età". Viene precisato che non si intende promuovere uno "spontaneismo" o "ingenue modalità manipolative", poiché "agire concretamente, in sé e per sé, non costituisce esperienza". L'attività empirica diventa significativa solo se "diventa generatrice di pensiero, cioè di interiorizzazione e astrazione delle ragioni e del significato di ciò che si sta facendo", altrimenti "rimane intrattenimento, e produce non apprendimento ma addestramento". Viene citata Anna Paola Longo per sottolineare che "il legame tra la matematica e la realtà è complesso, con un’andata e un ritorno, dall’esperienza alle teorie astratte e di nuovo dalle teorie alla realtà". Il cuore del metodo è il doppio movimento "dal gesto al pensiero e dal pensiero al gesto".

Vengono quindi definite le dimensioni educative del laboratorio, che deve "interpellare tutta la persona dell’alunno", partire da una "domanda, una questione, una problematizzazione", prevedere una fase di progettazione e una di "riflessione (rappresentazione, formalizzazione)". Sono descritte le fasi operative, che includono la realizzazione di materiali, l'osservazione degli alunni in azione, la documentazione, la sintesi formale e la valutazione. Si sottolinea che "anche la classe è laboratorio" se l'insegnante, la cui funzione è fondamentale, non è un semplice "animatore" ma colui che "lancio (propone e progetta), ri-lancio (tiene tutti nel lavoro, anche quelli che si sottraggono), bilancio (valuta le azioni e gli apprendimenti)". Viene citato G. Anzellotti per ribadire che "quello che soprattutto contraddistingue il laboratorio sono l’atteggiamento e il modo di pensare e di operare, più che la presenza di attrezzature e strumenti speciali". Il testo si chiude accennando a possibili applicazioni del metodo in diversi contesti, inclusi il recupero e la collaborazione interdisciplinare, e fornisce esempi di attività laboratoriali pratiche.


3. Lo sviluppo della competenza numerica nella scuola dell'infanzia

Un'analisi degli stadi di apprendimento, delle difficoltà e delle strategie didattiche per la costruzione del concetto di numero.

Sommario

Il blocco tratta dello sviluppo della competenza numerica nel bambino, con particolare attenzione al periodo cruciale che va "dai due agli otto anni". Vengono descritti gli stadi di sviluppo della comprensione simbolica dei numeri individuati da Bialystok: dall'apprendimento delle "forme orali delle notazioni numeriche", dove la sequenza viene acquisita "come fosse una filastrocca", alla "rappresentazione simbolica", fase in cui "il bambino è in grado di attribuire al numero il corretto valore quantitativo". L'acquisizione del numero scritto è presentata come un processo che richiede una competenza simbolica, conquistata attraverso "la produzione di significanti individuali" e "la produzione di significanti collettivi". Viene inoltre illustrata l'evoluzione della rappresentazione grafica della quantità, che passa attraverso fasi "idiosincratica", "pittografica", "iconica" e infine "simbolica", quest'ultima "formata da numeri arabici". Un problema centrale è "la difficoltà di collegare il simbolo aritmetico convenzionale con il suo significato in termini quantitativi", rendendo indispensabile guidare il bambino verso una "comprensione profonda del significato dei simboli aritmetici".

Il testo delinea il ruolo della scuola dell'infanzia nel fornire "occasioni di esperienza matematica", partendo "dalle cose per sviluppare discorsi" e ripartendo "dai sensi e dagli esempi". Vengono specificate le aree di intervento: processi lessicali (es. "Dare un nome ai numeri"), semantici (es. "comprendere il significato dei numeri"), sintattici (anticipando concetti come "primo, secondo, ultimo") e di counting (la capacità di rispondere alla domanda "Quanti sono?"). Per ogni area sono proposte attività pratiche, come "Cantilene e filastrocche con i numeri" per i processi lessicali o il confronto di gruppi "in base alla numerosità e indipendentemente dalle dimensioni" per quelli semantici. Secondo Ana Millan Gasca, è possibile spingersi oltre, ad esempio "risolvere piccoli problemi" o "esplorare oralmente le relazioni tra numeri". Infine, si accenna al passaggio "dal modulo numerico all’aritmetica", ipotizzando che la struttura cognitiva della matematica faccia uso di un "apparato concettuale che costituisce il pensiero quotidiano ordinario".

Riferimenti

(591) - -cento, -mila; (592) - -milioni; (643) - (Numeri e forme, pag. 164); (644) - Dal modulo numerico all’aritmetica dei numeri naturali e oltre


Metafore Fondanti dell'Aritmetica 4

Le metafore concettuali come base cognitiva per la comprensione dell'aritmetica.

Sommario

La sezione definisce la metafora concettuale come un "meccanismo cognitivo che permette di ragionare su un tipo di cose come se fosse un altro", basato sui domini sorgente e obiettivo. Il processo metaforico tipicamente va "dal concreto all'astratto", permettendo di comprendere concetti astratti in termini di concetti concreti. Vengono presentate quattro metafore fondanti dell'aritmetica secondo Lakoff e Núñez. La prima, l'aritmetica come collezione di oggetti, spiega operazioni come addizione e sottrazione attraverso correlazioni con azioni fisiche come "mettere insieme collezioni" e "togliere una collezione più piccola da una più grande". Questa metafora si estende a moltiplicazione e divisione attraverso la "miscela metaforica" e introduce lo zero come "collezione vuota", una "metafora artificiale" che crea un'entità. La seconda metafora, l'aritmetica come costruzione di oggetti, concettualizza i numeri come "interi costituiti da parti" e permette di comprendere le frazioni. La terza, la metafora dell'asta di misurazione, utilizza "segmenti tangibili" e la loro unione per rappresentare operazioni aritmetiche, portando alla questione degli irrazionali, poiché "ogni numero razionale è espresso da uno e un solo segmento tangibile", ma non viceversa, come nel "problema della diagonale del quadrato". La quarta metafora, l'aritmetica come moto lungo un percorso, fornisce un'estensione naturale ai numeri negativi. La sezione osserva che queste metafore sono collegate da "relazioni strutturali" tra i loro domini.


5. Modelli cognitivi e pratiche didattiche del calcolo

Un confronto tra l'elaborazione semantica e il triplo codice, con esempi di applicazione nella scuola primaria.

Sommario

Il blocco analizza due modelli teorici sui meccanismi del calcolo: il modello semantico di McCloskey e il modello del triplo codice di Dehaene. Il primo presuppone che "l’elaborazione di un numero comporti sempre una rappresentazione concettuale attraverso la quale vengono identificate le informazioni relative alla quantità", rendendo la via semantica l'unico accesso alla produzione numerica. Al contrario, il modello di Dehaene propone tre codici distinti - arabico visivo, verbale/uditivo e della rappresentazione analogica - tra i quali "è possibile una comunicazione che non richiede di trasformare la forma numerica in un codice semantico astratto". Il "codice grandezza", sebbene obbligatorio per compiti come la stima, "non risulta di per sé indispensabile per altre attività, tra cui il calcolo scritto e i fatti aritmetici". Questi modelli trovano applicazione nella didattica, come nel metodo analogico di Bortolato. La trattazione prosegue esaminando le tipologie di calcolo (mentale, semiscritto, scritto) e i relativi obiettivi delle Indicazioni Nazionali, soffermandosi sulle strategie di calcolo mentale, che evolvono dalle prime forme di conteggio al "recupero mnemonico dei risultati dei calcoli", e che possono essere potenziate con attività specifiche come gare di espressioni. Viene infine presentato il calcolo semiscritto, o "halbschriftliches Rechnen", dove "i conteggi eseguiti mentalmente vengono sostenuti da annotazioni scritte", e alcune procedure di calcolo scritto meno consuete, come la moltiplicazione a gelosia e il metodo degli incroci, il cui studio aiuta a "focalizzare meglio la differenza che c’è tra significato dell’operazione e algoritmo di risoluzione".


Lo Zero: Cifra e Numero 6

Popoli antichi e sistemi di numerazione senza lo zero; la sua nascita in India e le proprietà operative.

Sommario

Il testo delinea l'assenza dello zero nelle civiltà antiche, poiché "popoli di antichissima civiltà, come gli Egizi, e popoli di raffinatissima civiltà, come i Greci, non hanno conosciuto lo zero come cifra". Questo perché i loro sistemi erano additivi e la definizione euclidea di numero, "numero è una pluralità composta di unità", lo escludeva. Al contrario, lo zero diventa essenziale nei sistemi posizionali, come quello decimale, in quanto "assolutamente necessario per indicare la mancanza di qualche potenza della base". La sua origine operativa è in India, dove i matematici "sapevano fare le quattro operazioni utilizzando lo zero" e lo rappresentavano con un "circoletto", come attestano le regole di Brahmagupta: "La somma di zero e di un negativo è negativa; [...] Il prodotto di zero e di un negativo, o di zero e di un positivo è zero".

Viene quindi definito lo zero come cifra in qualsiasi sistema posizionale e come numero con comportamenti specifici. Per la sua introduzione didattica, si suggeriscono situazioni quotidiane come presenze/assenze a scuola o il piano terra di un ascensore, chiamato "piano zero". Riguardo alle operazioni nei Naturali, lo zero è "l’elemento neutro o indifferente rispetto alla addizione", mentre nella moltiplicazione è "un elemento prepotente e livellatore: quando lui entra in scena come fattore, non c’è scampo: il risultato è sempre zero". Nella divisione, può essere dividendo ma non divisore, poiché l'operazione risulterebbe indeterminata. Il testo accenna infine a strategie didattiche per il sistema posizionale decimale, come giochi con raggruppamenti e storie, per aiutare a comprendere come "i numeri vengono, per così dire, ‘inscatolati’ secondo una regola ripetitiva".

Riferimenti

(939) - ” (940) - Popoli di antichissima civiltà, come gli Egizi, e popoli di raffinatissima civiltà, come i Greci, non hanno conosciuto lo zero come cifra. (941) - Essi potevano benissimo farne a meno perché i loro sistemi di numerazione erano additivi, come quello romano ben noto. (942) - I Greci, inoltre, che per primi hanno costruito una “teoria dei numeri” non potevano avere lo zero come numero in forza della loro definizione di numero riportata nel libro settimo degli Elementi di Euclide: (943) - “numero è una pluralità composta di unità”. (944) - Lo zero, invece, è assolutamente necessario per i sistemi della seconda categoria, quelli posizionali. (945) - Un tipico rappresentante della seconda categoria è il nostro sistema di numerazione. (946) - Esso è • decimale: (947) - sia perché procede per potenze di dieci, sia perché, a differenza di quello romano, usa dieci cifre; • posizionale: (948) - le cifre possono essere ripetute, ma il loro valore varia a seconda della posizione occupata nella scrittura del numero; • polinomiale: (949) - ogni numero può essere scritto sotto forma di polinomio nella base dieci. (950) - Il valore del numero si ottiene sommando i prodotti parziali (monomi) che compaiono nel polinomio. (951) - In questo sistema di numerazione la cifra “0” è assolutamente necessaria per indicare la mancanza di qualche potenza della base nella quale si scrivono i numeri ed eliminare, quindi, ogni possibile ambiguità. (952) - Lo zero come numero, almeno dal punto di vista operativo, nasce infatti in India, così come le nostre cifre indo-arabe. (953) - I matematici indiani, infatti, nel VII secolo dopo Cristo, ma forse anche prima, sapevano fare le quattro operazioni utilizzando lo zero, anche se avevano, come è ovvio, delle incertezze nella divisione per zero. (954) - Furono anche i primi a rappresentare lo zero come cifra con un circoletto, dal quale derivò il nostro simbolo 0. (955) - Per esempio Brahmagupta (nato nel 598), nella sua opera Brahmasphuta Siddhanta, scrive: (956) - “La somma di zero e di un negativo è negativa; (957) - di un positivo e di zero è positiva; (958) - di due zeri è zero”. (959) - “Il prodotto di zero e di un negativo, o di zero e di un positivo è zero; (960) - di due zeri è zero.” (961) - Ciò che lo zero è • Una cifra del nostro sistema di numerazione. (962) - In realtà lo è in qualunque sistema di numerazione posizionale, qualunque sia la base scelta. (963) - • Un numero, come tutti gli altri, con dei suoi comportamenti specifici rispetto alle operazioni ed alle relazioni che si introducono nei mondi numerici. (964) - Proprio di questi comportamenti ci occuperemo. (965) - Lo zero: (966) - come e quando introdurlo Lo zero può essere introdotto fin dalla prima elementare • in vista della costruzione della linea dei numeri; • per presentarlo come il più piccolo dei numeri naturali; • perché si possono presentare situazioni (per esempio facendo raccolte di dati) nelle quali lo zero appare in modo naturale. (967) - Come introdurlo? (968) - Le occasioni possono essere tratte dalle attività quotidiane: • Presenze/assenze degli alunni nei giorni di scuola. (969) - Se in un giorno tutti gli alunni sono presenti quanti sono gli assenti? (970) - Zero • Registrazione del tempo meteorologico, fissando prima il tempo da rilevare: sole, pioggia, nuvolo, neve; (971) - in alcuni mesi ci saranno certamente mesi in cui non è nevicato: (972) - la colonna della neve è alta zero quadretti. (973) - • L’ascensore: (974) - come possiamo chiamare il piano terra? (975) - Piano zero. (976) - Quali possibili misconcezioni sullo zero? (977) - Lo zero e le operazioni nei Naturali • Addizione: dato un qualunque numero a si verifica sempre l’uguaglianza: 𝑏 + 0 = 0 + 𝑏 = 𝑏. (978) - lo zero è quindi l’elemento neutro o indifferente rispetto alla addizione. (979) - • Sottrazione: - Lo zero lo troviamo come risultato quando il sottraendo è uguale al minuendo; - Quando lo zero funziona come sottraendo si comporta come ci suggerisce il senso comune: (980) - dato un qualunque numero 𝑏 si verifica: 𝑏 – 0 = 𝑏. (981) - - Lo zero non può essere un minuendo • Moltiplicazione: rispetto alla moltiplicazione lo zero si presenta come un elemento prepotente e livellatore: (982) - quando lui entra in scena come fattore, non c’è scampo: (983) - il risultato è sempre zero. (984) - Cioè: per ogni numero a : 𝑏 × 0 = 0 Di conseguenza: 𝒃 × 𝒄 = 𝟏 se e solo se almeno uno dei due fattori è uguale a zero. (985) - • Divisione - Lo zero può occupare la posizione del dividendo; (986) - in tal caso, qualunque sia il divisore il risultato dell’operazione è zero; - Lo zero non può occupare la posizione del divisore; infatti 𝒃:𝟏 =? (987) - (𝑏 ≠ 0) Quale numero, moltiplicato per 0 da come risultato a? (988) - - e 𝟏:𝟏 ? (989) - L’operazione è indeterminata, perché qualunque numero moltiplicato per 0 da come risultato 0 Il sistema posizionale decimale: (990) - proposte di strategie didattiche tratte dal testo «Fare matematica» AA.VV.- Pearson Il sistema posizionale decimale Addizione e sottrazione in colonna Moltiplicare e dividere per 10, per 100… Moltiplicazione e divisione in colonna Numeri con la virgola Equivalenze Per insegnare il sistema decimale, facendo in modo che i bambini comprendano la sintassi della scrittura simbolica del numero, è utile proporre esperienze che aiutino gli alunni a crearsi un’immagine del modo in cui, nelle nostre convenzioni, i numeri vengono, per così dire, ‘inscatolati’ secondo una regola ripetitiva. (991) - Si possono fare giochi con tappi, stecchini, cannucce, proponendo ai bambini di raggrupparli per cinque, per tre, per dieci… per far capire il criterio che si segue per ‘inscatolare’ i numeri in una certa base. (992) - Si possono utilizzare storie per favorire la formazione di immagini mentali forti. (993) - Vediamo alcuni esempi.


7. La natura e l'evoluzione del pensiero geometrico

Dalla percezione soggettiva alla teoria formale: un percorso razionale.

Il blocco delinea la geometria come una "disciplina che razionalizza metodicamente le esperienze sui corpi, sulla loro forma e sulla loro mutua posizione", coordinando "il complesso delle sensazioni che l’esperienza sensibile ci fornisce". Si parte da una descrizione inizialmente soggettiva dell'ambiente, dove "l’ambiente viene percepito e quindi descritto in relazione al singolo osservatore", per passare a una descrizione intersoggettiva. Questo sviluppo richiede "la capacità di formarsi immagini mentali degli oggetti" e di elaborare concetti che identificano "alcune proprietà intrinseche degli oggetti (ad esempio la forma) separandole da altre (ad esempio il colore)", permettendo l'indagine delle relazioni che costituiscono il contenuto della geometria. L'evoluzione storica della disciplina è citata, dagli strumenti pratici di Egizi e Babilonesi alla sistematizzazione razionale con gli Elementi di Euclide, fino alla crisi del V postulato e alla conseguente nascita delle geometrie non euclidee. Questo evento costrinse a rivedere il concetto di verità, ora intesa come "conseguenza dei postulati ammessi", e il criterio dell'evidenza. Si giunge così alla geometria moderna, una "scienza formale, teoria ipotetico-deduttiva" in cui "gli assiomi non descrivono più proprietà dello spazio fisico, ma sono solo affermazioni prese come punto di partenza". Viene infine presentata la teoria dei Van Hiele, che descrive i livelli di sviluppo del pensiero geometrico, dal livello visivo, dove "le figure geometriche vengono identificate in base al loro aspetto", a quello descrittivo-analitico, dove "le figure sono identificate in base a certe proprietà o caratteristiche matematiche".

Riferimenti

(1107), (1109), (1110), (1113), (1115), (1116), (1117), (1121), (1124), (1126), (1127), (1129), (1135), (1138), (1139), (1140), (1145), (1146), (1147), (1148), (1151), (1152), (1157)


8. Il Valore e la Natura del Fare Geometria

L'importanza formativa della geometria nella scuola primaria e la sua essenza come disciplina che organizza razionalmente l'esperienza sensibile.

Il blocco esplora il valore formativo dell'insegnamento della geometria, definendo cosa significhi "fare geometria" per bambini e insegnanti. Si sottolinea il rapporto privilegiato tra geometria e realtà fisica, descrivendo il processo di astrazione che, partendo dalle percezioni sensoriali visive e tattilo-muscolari, porta alla formazione di concetti geometrici. Viene delineato lo sviluppo del ragionamento spaziale, dalla descrizione soggettiva dell'ambiente a quella intersoggettiva, fino al ragionamento geometrico e alla definizione logica. Si cita l'esperienza positiva di un bambino che ha superato il rifiuto della matematica attraverso attività geometriche, evidenziando come la geometria possa essere "un’esperienza bellissima" che soddisfa il "desiderio conoscitivo". Il testo si conclude accennando alla teoria dei Van Hiele sui livelli di concettualizzazione, partendo dal livello base in cui "Le figure geometriche vengono identificate in base al loro aspetto e alla loro forma".


Trasformazioni Geometriche 9

Classificazione e proprietà delle trasformazioni del piano, con esempi e applicazioni didattiche.

Sommario

Il blocco definisce le trasformazioni geometriche come "corrispondenze biunivoche del piano in se stesso". Vengono classificate in base alle proprietà invarianti: isometrie se "i segmenti corrispondenti sono congruenti", similitudini se "il rapporto tra segmenti corrispondenti è costante", affinità se "mantengono solo le caratteristiche fondamentali (numero di lati, parallelismo tra rette, appartenenze)". Sono descritte in dettaglio le isometrie fondamentali: simmetria assiale, che "associa ad ogni punto P del piano, non appartenente ad r, il punto Q tale che il segmento PQ sia perpendicolare ad r"; simmetria centrale, per la quale "O è punto medio del segmento PQ"; traslazione, che "sposta ogni punto di una figura della stessa distanza e nella stessa direzione e stesso verso"; rotazione, dove "PÔP’ ≅ 𝛼" e "OP’ ≅ OP". Viene operata una distinzione tra isometrie dirette o "congruenze", come traslazione e rotazione, e isometrie indirette, come la simmetria assiale o "ribaltamento". Il testo esplora le composizioni di trasformazioni, notando che "applicando due volte la stessa simmetria si torna alla posizione di partenza" e che "applicando due simmetrie assiali con assi incidenti si ottiene una rotazione". Sono proposte attività pratiche come "dipingere con la tempera metà foglio di carta da pacchi poi piegarlo" e l'osservazione di "simmetrie tra le lettere dell’alfabeto". Vengono presentate applicazioni come il caleidoscopio, "strumento ottico che si serve di specchi", e le tassellazioni del piano, definite come "una collezione di poligoni" che ricoprono il piano. L'omotetia è introdotta come trasformazione che genera figure simili, essendo "la base della riproduzione in scala", con attività come "interpretare la scala di una cartina geografica". L'estensione allo spazio è limitata a "centro di simmetria ed ai piani di simmetria".


10. La misura: concetti, applicazioni e didattica

La misura come operazione tra contesto fisico e matematico, con esempi pratici e implicazioni didattiche.

Sommario

Il blocco definisce la misura come un processo il cui risultato è un numero, specificando che "il tipo di numero utilizzato dipende da cosa si misura": si usano i numeri naturali per contare elementi di un insieme discreto, gli interi relativi per la posizione di un ascensore, i razionali positivi per la lunghezza di un tavolo e i razionali per la temperatura, mentre per esprimere in modo rigoroso la misura di una grandezza continua si usano i numeri reali. Viene posta la domanda 'di quanto una lunghezza supera l’altra?', la cui risposta può essere data secondo la differenza o il rapporto, entrambe significative a seconda della situazione, come nell'esempio per cui "la superficie dell’Ucraina è circa il doppio della superficie dell’Italia". Emerge una fondamentale differenza: "la misura in fisica è un’operazione materiale" ed è sempre affetta da errore, espressa da un intervallo, mentre "la misura in matematica è un’operazione concettuale" ed è espressa sempre esattamente da un numero. Viene citato che "la matematica costruisce modelli ideali, che si rivelano di grande utilità" e che "le formulazioni astratte della matematica permettono di realizzare una grande economia di pensiero". Vengono segnalate possibili interferenze del senso comune con il significato tecnico di misura, come negli esempi "Misura le parole!" o "La misura è colma". Un tema minore riguarda la didattica, con l'osservazione che se l'oggetto da misurare è più piccolo dell’unità di misura, gli studenti facilmente invertono l’operazione. Si descrive l'attività pratica del misurare, distinguendo tra misura diretta, quando "si può eseguire direttamente il confronto tra la grandezza da misurare e la relativa unità di misura", e misura indiretta, quando "il confronto diretto non è possibile, o se la misura si ottiene tramite una operazione algebrica". Viene evidenziata una fruttuosa analogia: "la ‘struttura’ di un insieme di grandezze omogenee ha una stretta analogia con gli insiemi numerici", poiché le grandezze si possono sommare e sottrarre e "tali operazioni godono delle stesse proprietà delle operazioni numeriche". Misurando le grandezze rispetto ad una stessa unità di misura, le operazioni "possono essere svolte con le misure stesse, diventando quindi effettive operazioni numeriche", da cui nasce la possibilità di misurare grandezze derivate con misure indirette, come "la superficie di una stanza rettangolare si misura moltiplicando le misure delle sue dimensioni" o "la velocità di un’auto si misura calcolando il rapporto tra lo spazio percorso e il tempo impiegato a percorrerlo". Un altro tema minore affronta la misura nella scuola, dall'infanzia, dove "il bambino raggruppa e ordina oggetti e materiali secondo criteri diversi", alla primaria, dove si opera una ‘discretizzazione del continuo’ proiettando sui continui la struttura dei numeri naturali e approdando ai razionali, mentre "solo in matematica la misura è espressa da un numero reale". Vengono forniti suggerimenti, come lavorare sul confronto con bastoncini o misurare il volume di un sasso per immersione, e si nota che "una misura particolarmente interessante è quella data dall’uso dei soldi". Si discute delle unità di misura, spiegando che "se non c’è un legame definito tra le unità di misura, è impossibile passare dall’una all’altra", mentre quando c’è un legame si può passare da una misura all'altra, "è l’idea che sta alla base delle equivalenze". Viene riportato l'esempio del Mars Climate Orbiter, distrutto perché "alcuni dati erano stati calcolati a Terra in base all'unità di misura del sistema imperiale" mentre il team di navigazione "si aspettava i dati espressi in unità di misura del sistema metrico decimale", evidenziando la necessità di un sistema unico, poiché "oggi, tenuto conto che le informazioni hanno una diffusione mondiale, è assolutamente necessario avere un sistema di misure unico". Infine, si accenna a sistemi di misura non decimali, come il sistema sessagesimale per angoli e intervalli di tempo, dove "un grado corrisponde a 60 primi" e "un primo sono 60 secondi".


11. Elementi di Statistica e Didattica

Definizioni, rappresentazioni grafiche e indici di posizione per l'analisi dei dati, con esempi pratici e applicazioni didattiche.

Sommario

Il blocco definisce i concetti fondamentali della statistica descrittiva. Vengono introdotti gli elementi di base di un'indagine: "Popolazione statistica: gli studenti della classe", "Unità statistica: ogni studente" e "Variabile statistica: mese di nascita". Sono spiegate le frequenze, assoluta e relativa, e la loro rappresentazione grafica, sottolineando che "La scelta del tipo di grafico dipende dal carattere statistico che si sta esaminando". Vengono presentati e confrontati diversi tipi di grafici, come l'istogramma, il grafico a barre e il grafico a torta, notando che in alcuni casi "non sono adeguati né il grafico a linee né il grafico a torta". Un problema guidato illustra la costruzione di un grafico a torta, calcolando l'"angolo che corrisponde ad ogni dato". La parte successiva è dedicata agli indici di posizione, definiti come "valori di sintesi di una serie di dati statistici". Vengono dettagliatamente presentati moda, media e mediana, con esempi di calcolo sia per dati semplici che per "Dati raggruppati in classi". La moda è descritta come "la modalità a cui corrisponde la frequenza maggiore", mentre per la media si precisa che "così calcolata si chiama media aritmetica ponderata". L'ultima sezione propone esperienze didattiche concrete per la scuola dell'infanzia e primaria, come l'indagine "Qual è il nostro travestimento preferito a Carnevale?" e il laboratorio "Piccoli statistici crescono", dove gli alunni, divisi in gruppi, devono "compilare la tabella", "rappresentare i dati con un istogramma" e "calcolare moda, media e mediana". Viene infine riportata una riflessione finale sull'attività, in cui i bambini propongono di "trovare i totali: tutti gli studenti della scuola, tutti i maschi, tutte le femmine, tutti quelli che fanno sport".


12. La dimensione narrativa nei problemi matematici

Il testo analizza la struttura e la funzione del contesto narrativo nei problemi verbali di matematica, evidenziandone le criticità e le potenzialità.

Sommario

Il blocco di testo esamina la natura del problema matematico, partendo dalla sua struttura e dalla funzione della richiesta esplicita. Viene sottolineato come l'attenzione prioritaria dell'autore sia per "la sua struttura matematica", scelta per poi essere contestualizzata in una situazione. Questa scelta di un "testo sintetico" può portare gli allievi a scorciatoie cognitive, come "inferire direttamente dal testo le operazioni da fare", strategia che si consolida in un "atteggiamento verso il testo dei problemi" caratterizzato da una "lettura selettiva" finalizzata a "evidenziare esclusivamente dati numerici e parole chiave". Viene citata l'analisi di Gerofsky, che identifica tre componenti nel testo di un problema, sostenendo che la prima, relativa a personaggi e ambientazione, sia "semplicemente un alibi". Un esempio concreto mostra come un "contesto famigliare, concreto" possa talvolta distrarre gli allievi, portandoli a considerare "aspetti della storia piuttosto che a concentrarsi sulle variabili e operazioni più significative dal punto di vista matematico". Per interpretare questo fenomeno, viene proposta l'idea di considerare, accanto alla dimensione matematica, una "dimensione narrativa". Si introduce quindi il "pensiero narrativo" di Bruner, contrapposto al "pensiero paradigmatico o logico-scientifico", e se ne esplora la complementarietà, affermando che "quest'ultimo possa costituire una formidabile risorsa per lo sviluppo del pensiero logico". Vengono infine presentate le proprietà della narrazione secondo Bruner, con le relative implicazioni per la costruzione dei problemi, tra cui la particolarità, l'appartenenza a un genere, la violazione della canonicità e l'accumulazione narrativa, con l'obiettivo di formulare un testo in modo che la storia sia "funzionale alla comprensione e soluzione del problema".


13. Proprietà narrative e fratture nei problemi verbali

Le caratteristiche necessarie per una narrazione ben strutturata all'interno di un problema e le criticità che ne ostacolano la comprensione.

Il blocco analizza le proprietà che un problema matematico contestualizzato in una storia deve possedere per favorirne la comprensione, identifica le criticità della struttura standard dei problemi verbali e introduce il concetto di frattura narrativa. Vengono discusse le implicazioni di tali fratture, sia all'interno del contesto che tra contesto e domanda, e vengono proposte strategie di riformulazione. Il testo stabilisce che "le varie parti del testo devono essere collegate fra loro dal punto di vista narrativo" e che "le informazioni e i dettagli narrativi devono essere verosimili". Viene evidenziato come spesso i testi siano "mal strutturati dal punto di vista narrativo", con "legami narrativi fra le diverse parti del testo non chiari" o "informazioni essenziali per risolvere il problema non verosimili". In questi casi si parla di "fratture narrative", la cui ipotesi è che "possano ostacolare una rappresentazione della storia descritta in grado di sostenere il processo risolutivo". Viene presentata una riformulazione del problema delle automobiline che elimina i dettagli narrativi inconsistenti: "La somma di due numeri è 48. Si sa che uno dei due numeri è il triplo dell'altro. Quali sono i due numeri?". Un altro tipo di frattura si situa "fra contesto e domanda", quando "la domanda è sul contesto, non nasce nel contesto". Si osserva che "se la domanda finale non emerge narrativamente dalla storia, gli allievi che affrontano il problema con un approccio narrativo tenderanno a risolvere a una domanda suggerita dalla storia". Viene citato l'esempio del test dei poliziotti di Hughes, dove la richiesta è comprensibile perché "richiama uno scopo naturale", a differenza del test delle tre montagne di Piaget. Un'indagine con due versioni del problema di nonna Adele conferma che risolvere la frattura narrativa, introducendo uno scopo naturale per il protagonista ("Se a Matteo piacciono di più le caramelle all’arancia, da quale dei due sacchetti gli conviene pescare?"), aumenta significativamente le risposte corrette rispetto alla versione con la frattura.


14. Il Modello C&D per la Formulazione e l'Analisi del Testo di un Problema

Un modello per la formulazione del testo di un problema che integra la dimensione narrativa con quella matematica.

Il blocco di testo delinea il modello C&D (Contesto e Domanda) per la creazione e l'analisi di problemi matematici narrativi, definiti "problemi a righe". Il modello identifica le proprietà necessarie affinché una storia sostenga il processo risolutivo, garantendo che "il problema matematico nasca in modo naturale dal contesto, e non sia introdotto artificiosamente". Viene presentata una griglia di analisi per diagnosticare "fratture narrative", come un problema "spezzato", dove "la risposta alla domanda non serve a un personaggio per raggiungere il suo scopo", o "artificioso", con "dettagli narrativi o informazioni che non hanno senso nella storia narrata". Per ogni tipo di frattura, il testo fornisce indicazioni per la riformulazione, ad esempio per un problema "chiuso", dove "lo scopo c'è ma è già stato raggiunto", la soluzione spesso consiste nel "modificare i tempi, dal passato al futuro". L'obiettivo finale è trasformare un problema standard in un "problema a righe", dove "la lettura selettiva del testo non è una strategia vincente, perché i dettagli della storia sono tutti funzionali alla comprensione del problema".