Atti Sisfa 2023
//: t 1.0
Argomento numero 1: Celio Calcagnini e la difesa umanistica del moto terrestre
Celio Calcagnini difende il moto della Terra in un trattato umanistico, anticipando temi copernicani tra Ferrara e Cracovia.
Celio Calcagnini, umanista ferrarese del XVI secolo, compose intorno al 1518-1519 il trattato Quod caelum stet, Terra moveatur vel de perenni motu Terrae commentatio, pubblicato postumo nel 1544 nelle Opera aliquot. Nato a Ferrara, ottenne la cattedra di latino e greco antico all'università locale nel 1509, la stessa frequentata da Copernico per il dottorato in diritto canonico nel 1503. Divenne canonico del duomo di Ferrara nel 1510 e segretario del cardinale Ippolito d'Este, patrono di filosofi, astronomi e poeti. Calcagnini coltivò legami con autori come Giambattista Giraldi Cinzio e Ludovico Ariosto, che lo omaggiò nell'Orlando Furioso (Canto 42, ottava 90). Nel 1517 accompagnò Ippolito in Ungheria, dedicandosi all'astronomia con Jacob Ziegler e lavorando a una parafrasi delle Meteorologica di Aristotele. Probabilmente conobbe la teoria planetaria di Copernico nel 1518 a Cracovia, inclusa la bozza del Commentariolus circolante tra studiosi polacchi.
Il trattato, dedicato all'amico diplomatico Bonaventura Pistofilo, condivide con questi l'ammirazione per Erasmo da Rotterdam e un periodo di intensa interazione nel 1518-1519, durante il quale Pistofilo fornì a Calcagnini una copia del De libero arbitrio contro le tesi luterane. Calcagnini contribuì alla controversia teologico-politica con l'De libero animi motu sententia veterum philosophorum (1525), anch'esso dedicato a Pistofilo, attirando la corrispondenza con Erasmo. Nel Quod caelum stet, Calcagnini enuncia il principio geocentico invertito: "[Hiketas e Archimede] credono che i cieli, il Sole, la Luna, le stelle e il resto delle cose superiori siano stazionari, e che nulla nel mondo si muova eccetto la Terra, la quale, ruotando e torcendosi intorno al proprio asse alla massima velocità, compie da sé tutto ciò che, se la Terra fosse stazionaria, implicherebbe il moto dei cieli" (Calcagnini 1544, p. 394). Adotta uno scetticismo iniziale per superare i sensi ingannevoli: "Non hai sentito che nell'antica Accademia si pensava, riguardo alle cose e all'intera natura, che nulla possa essere compreso con certezza?" (Calcagnini 1544, p. 388), sostenendo che il moto terrestre si afferra con la ragione, non con la percezione sensibile.
Calcagnini discute il moto diurno della Terra come rotazione assiale, invertendo la prospettiva geocentrica, e accenna a una librazione dell'asse per spiegare la variazione stagionale, attribuendo stagioni e distanza solare al moto terrestre: "Certamente non perché [il Sole] a volte si allontani da noi e poi ritorni (che è l'opinione comune), ma perché noi a volte ci avviciniamo ad esso e a volte ci allontaniamo" (Calcagnini 1544, p. 389). Evoca autorità classiche come Ecate, Archimede e Platone nel Timeo, introducendo metafore come quella della nave da Virgilio: "Provehimur portu terraeque urbesque recedunt," ovvero "Ci allontaniamo dal porto, e la terra e le città si allontanano" (Omodeo 2014b, Cap. 5). Argomenta per il moto terrestre con ragioni teleologiche (autopreservazione dei corpi corruttibili, come il girasole verso il Sole o il ferro verso la calamita), di eccellenza (immobilità celeste vs. moto terrestre), vitali (Terra come animale vivente), e fenomeni come marea e mitologia (Terra alata da Esiodo). Le Opera aliquot riflettono interessi variegati: poesie cortigiane, orazioni diplomatiche, trattati morali su pazienza e concordia, retorica, pedagogia (Encomion artium liberalium), teologia anti-luterana e scienza (De mensibus, parafrasi delle Meteorologica su terremoti). Il testo di Calcagnini, speculativo e letterario, connette astronomia, filosofia e umanesimo, anticipando luoghi comuni copernicani come l'argomento di Achille (moto terrestre meno rapido delle stelle fisse) e il relativismo cinematico, in un network di eruditi che discutevano il moto terrestre tra Italia e Polonia.
//: t 2.1
Argomento numero 2: La diffusione dei libri di testo astronomici e la pubblicazione di Copernico
La dinamica di ripubblicazione dei testi universitari dall'Europa del XV al XVII secolo spiega la scarsa ricezione dell'opera copernicana.
L'analisi di una collezione di 359 libri di testo stampati tra il 1472 e il 1650, centrati sul Tractatus de sphaera di Johannes de Sacrobosco, rivela una cesura nel 1531: prima, le ri-occorrenze avvengono localmente; dopo, si espandono geograficamente e quantitativamente, con un picco di produzione intorno al 1560. Questa trasformazione deriva dall'aumento di testi originali e commenti, che integrano matematica, astrologia, medicina e religione, favorendo un'omogeneizzazione continentale influenzata da reti commerciali di stampatori. "Dopo il 1531, tale diffusione ha luogo su un’area geografica che evidentemente si sta espandendo", mentre il numero di ri-occorrenze cresce sovra-proporzionalmente rispetto ai testi nuovi, indicando un'accelerazione nella diffusione del sapere astronomico di base. Il ruolo egemone di Wittenberg emerge dal 1531, con figure come Philipp Melanchthon e Georg Joachim Rheticus che promuovono innovazioni: Rheticus convince Copernico a pubblicare nel 1543 presso Petreius di Norimberga, in un contesto di dominio protestante sull'insegnamento europeo. "La data del 1531 coincida con l’inizio di un periodo di dominio intellettuale della produzione accademica della città protestante di Wittenberg sull’intero continente europeo". Contemporaneamente, Rheticus pubblica anonimo il De ortu poetico, un'espansione del tema della datazione stellare nel Tractatus, che amplia esempi da letteratura classica greca e latina per supportare l'agenda di Melanchthon sulla ricostruzione storica tramite astronomia. "Senza l’astronomia il passato del genere umano sarebbe risultato in un caos". Questa priorità su scienze umane e esatte spiega la mancata ricezione di Copernico: il suo eliocentrismo non allineato con l'itinerario intellettuale del tempo porta a un'ignoranza diffusa, con citazioni rare nei testi universitari un secolo dopo. "Il testo di Copernico non sia stato rifiutato ma semplicemente ignorato in quanto non confacente con le priorità intellettuali del tempo". Temi minori come l'astrologia e la religione nei commenti arricchiscono i volumi, mentre la tassonomia di testi (originali, commenti, traduzioni, adattamenti) permette di tracciare circa 500 opere con 1900 ri-occorrenze, evidenziando l'influenza di centri come Venezia e Parigi nella diffusione transnazionale.
//: t 3.2
Argomento numero 3: La Riforma Gregoriana del Calendario
Riforma del calendario giuliano promossa da papa Gregorio XIII per allineare equinozio e Pasqua.
Il testo descrive l'istruzione universitaria del Cinquecento, che includeva per i medici studi di matematica, astronomia e astrologia a causa degli influssi astrali sulle malattie, come indicato in "(519) - Ma anche edotto di matematica e di astronomia, come del resto era normale che avvenisse per l’istruzione universitaria dell’epoca". La gerarchia del sapere collocava la teologia al vertice, seguita da giurisprudenza e arti, con l'astronomia essenziale per la medicina. La necessità di riforma emergeva dalla discrepanza del calendario giuliano, dove l'equinozio di primavera, fissato al 21 marzo, si verificava circa dieci giorni prima nella seconda metà del Cinquecento, come in "(523) - Nella seconda metà del Cinquecento l’equinozio di primavera, segnato il 21 marzo nel calendario giuliano in vigore dal 46 a.C., in realtà si era verificato circa dieci giorni prima". Questa non sincronizzazione preoccupava la Chiesa per la celebrazione della Pasqua, legata alla domenica dopo la XIV luna paschalis post-equinozio, secondo "(526) - In effetti, l’interesse astronomico della Chiesa discende dall’aver connesso la celebrazione della Pasqua alle fasi lunari e all’equinozio di primavera". Errori cumulati rischiavano di minare l'autorità ecclesiastica durante lo scisma protestante, richiedendo un metodo perenne e semplice, focalizzato su anno solare e lunare, come in "(531) - Le difficoltà astronomiche da risolvere riguardavano essenzialmente la misura esatta della durata dell’anno solare e dell’anno lunare".
Tentativi di riforma attraversarono secoli, da Tolomeo e Beda il Venerabile a Ruggero Bacone, Campano da Novara, Giovanni di Sacrobosco e Dante, che notò lo "sverni" del gennaio per errori centenari in "(536) - Il problema della non rispondenza del calendario giuliano con i cicli delle stagioni era noto persino a Dante Alighieri che lo ricorda nel XXVII Canto del Paradiso (142-143): “Ma prima che gennaio tutto si sverni per la centesima ch’è là giù negletta”". Pontefici come Clemente VI, Innocenzo VI, Sisto IV e Leone X istituirono commissioni, con figure come Nicolò Cusano, Regiomontano e Paolo di Middelburg, autore della "Paulina" del 1513, ma senza conclusioni definitive. Gregorio XIII, post-Concilio di Trento, creò una Commissione presieduta da Guglielmo Sirleto, con membri come Cristoforo Clavio, Antonio Lilio e Pedro Chacon, che adottò il progetto di Luigi Lilio, presentato dal fratello Antonio, l'unico laico. Il "Compendium novae rationis restituenti kalendarium" del 1577, redatto da Chacon su manoscritto di Lilio, spiegava la riforma senza frontespizio, stampato a Roma e diffuso a sovrani cattolici e università per commenti, come in "(557) - Numerose copie furono inviate ai Sovrani Cattolici (non esistono tracce del Compendium spedito ad altri principi cristiani non cattolici) e alle Università e Accademie più rinomate con l’invito ad esaminarlo, correggerlo o approvarlo". Di 51 rapporti, quasi tutti positivi, portarono alla bolla "Inter gravissimas" del 1582, che lodava il ciclo dell'epatta di Lilio per correggere difetti in perpetuo, preservando riti ecclesiastici, citando "(570) - La ragione addotta dalla Chiesa, a sostegno delle proposte di Lilio è esposta nella suddetta Bolla che recita: Per ciò che esige una corretta riforma del calendario, essa fu da tempo tentata dai nostri predecessori; ma non si è potuto finora portarla al termine".
La regola di Lilio per bisestili stabiliva anni divisibili per 4 come bisestili, ma centenari solo se per 400, riducendo a 97 giorni extra ogni 400 anni per avvicinare l'anno medio a 365,2425 giorni, usando l'anno alfonsino di 365g 5h 49m 12s, come in "(578) - La durata dell’anno tropico medio presa in considerazione da Lilio è quella contenuta nelle Tavole Alfonsine di 365,24254630 (365g 5h 49m 12s)". Proponeva eliminare 10 giorni per riportare l'equinozio al 21 marzo, immediatamente o gradualmente tra 1584-1620, con tabelle per epatte ed equazioni, scartando l'ipotesi graduale per complessità con lettere domenicali. Una variante considerava l'anno tropico variabile di Copernico, con cicli lunghi e corti, ma fu respinta per incertezza, sebbene il Compendium permettesse adattamenti, come in "(638) - Nel Compendium si legge ancora: E se a qualcuno i calcoli alfonsini sembreranno più vaghi di quanto ritiene si debba aver fiducia, e piuttosto ritenga che si debba aderire a quelli più nuovi, egli senza dubbio capirà che quello è l’ordinamento e la ripartizione di questo ingegnoso ciclo e tavola delle epatte escogitata da Lilio, che può essere facilmente adattato ai calcoli di Copernico o di chiunque altro". La lettera di Galileo del 1615 esagerava il ruolo di Copernico, sostenendo che "conforme alla sua dottrina non solamente si è poi regolato il calendario" in "(600) - Scrive Galileo a proposito di Copernico e del calendario: […] conforme alla sua dottrina non solamente si è poi regolato il calendario, ma si fabricorono le tavole di tutti i movimenti de i pianeti", ma documenti come la bolla e il Compendium attribuiscono il merito a Lilio, smentendo Galileo per motivi retorici. Il ciclo delle epatte di Lilio, basato su Metonico corretto ogni 312,5 anni con mese sinodico prutenico modificato da Clavio, allineava luna e sole per la Pasqua, correggendo retrodatazioni giuliane, come in "(661) - Con il nuovo computo Clavio corregge il computo di Lilio che conteneva l’errore di un giorno ogni 49600 anni circa".
Note
Bibliografia include opere di Clavius (1588, 1603), Galilei (1615), Compendium (1577), e studi moderni come Mezzi & Vizza (2010), O’Connell (1975), Rosen (1958), per approfondimenti su Lilio, Copernico e computo pasquale.
//: t 4.3
Argomento numero 4: Gli affreschi di Copernico e Tolomeo nella Specola di Padova
Affreschi settecenteschi nell'Osservatorio Astronomico di Padova che narrano il passaggio dal geocentrismo all'eliocentrismo attraverso ritratti iconografici e simboli mitologici.
Il ciclo pittorico nella sala "delle Figure" dell'Osservatorio Astronomico di Padova, voluto da Giuseppe Toaldo e realizzato da Giacomo Ciesa tra il 1767 e il 1777, raffigura otto scienziati per tracciare l'evoluzione dell'astronomia dall'antichità al XVIII secolo. Gli affreschi, destinati a dialogare con addetti ai lavori e pubblico non specialista, seguono un ordine temporale e includono figure come Tolomeo, Copernico, Tycho Brahe, Galileo, Keplero, Newton, Geminiano Montanari e Giovanni Poleni; ciascun ritratto è sormontato da una scena mitologica che ne enfatizza il ruolo simbolico. I dipinti derivano dalla calcografia di Gerard Hoet e Joseph Mulder nell'Astronomica Institutio di Joannis Luyts del 1692, che mostra astronomi con modellini cosmologici e strumenti osservativi. In particolare, Tolomeo appare come saggio arabo con turbante, modellino geocentrico e Almagesto, associato al monte Atlante per simboleggiare un fondamento solido ma superato; Copernico indossa una veste canonica blu bordata di pelliccia, regge il modellino eliocentrico e si appoggia a una colonna drappeggiata di rosso, legato a Ercole che sorregge il cielo dopo Atlante, a indicare il passaggio di testimone verso la nuova cosmologia. Questa iconografia detronizza Tolomeo dal ruolo di "principe dell'astronomia" e eleva Copernico come colonna portante della scienza, con il blu che evoca sacralità e le bordature che denotano prestigio. Un grande affresco eliocentrico dominava originariamente la volta della sala, in dialogo con i ritratti per illustrare il progresso astronomico, ispirato forse allo studio di Tycho Brahe; deteriorato nel XIX secolo, fu coperto e non recuperato, sostituito da decorazioni ottocentesche. Tracce del sistema copernicano persistono invece nella sala meridiana, con orbite planetarie, dimensioni relative, aspetto telescopico e configurazione delle eclissi, inclusa l'orbita della cometa di Halley, a testimoniare il sostegno di Toaldo alla rivoluzione newtoniana.
//: t 5.4
Argomento numero 5: Informazione semantica e frame dinamici nella rivoluzione copernicana
La teoria semantica dell'informazione misura la mancanza di uniformità nei concetti scientifici, applicata ai frame dinamici per quantificare cambiamenti epistemici.
Il testo distingue dati da informazione, definisce la teoria semantica di Carnap e Bar-Hillel come alternativa a quella statistica di Shannon, e applica tale formalismo ai frame dinamici per analizzare il concetto aristotelico di "oggetto fisico" durante la rivoluzione copernicana. L'informazione emerge non dalla mera presenza di dati, ma dalla loro significatività: "In fact, what we mean by information [...] is a difference which makes a difference" ("In realtà, ciò che intendiamo per informazione [...] è una differenza che fa la differenza", da Bateson 1973). La teoria semantica usa probabilità logica per calcolare l'informazione di proposizioni, con il principio della relazione inversa: "the amount of information associated with a proposition is inversely related to the probability of that proposition" ("la quantità di informazione associata a una proposizione è inversamente proporzionale alla probabilità di quella proposizione"). I frame dinamici rappresentano concetti come matrici attributo-valore, con vincoli che riducono l'informazione semantica; ad esempio, nel frame "uccello", attributi come "becco" e "piede" sono legati da restrizioni. Applicato al concetto aristotelico di "Physical Object", il frame iniziale ha quattro attributi (costituzione, posizione, stabilità, traiettoria) con vincoli che determinano due stati probabili, yielding 1 bit di informazione: "in a dynamic frame the presence of constraints on the values assumed by the attributes decreases the amount of information necessary to define them" ("in un frame dinamico la presenza di vincoli sui valori assunti dagli attributi diminuisce la quantità di informazione necessaria per definirli"). Le osservazioni di Tycho Brahe sulle comete indeboliscono il vincolo costituzione-posizione, espandendo il frame a quattro stati probabili e aumentando l'informazione a 2 bit, introducendo subcetti come la cometa come oggetto terrestre sopralunare. Questo formalismo quantifica il cambiamento concettuale: l'eliminazione di vincoli "determines a greater quantity of information necessary to define the frame" ("determina una maggiore quantità di informazione necessaria per definire il frame"). Temi minori includono l'influenza di osservazioni empiriche su comete e la distinzione tra mondi sublunare e sopralunare, eliminata dalla rivoluzione copernicana.
//: t 6.5
Argomento numero 6: Origini storiche del principio dei lavori virtuali e del principio compensativo nella meccanica di Guidobaldo del Monte
Le radici del principio dei lavori virtuali affiorano nelle Questioni meccaniche del pseudo-Aristotele, dove alcuni autori scorgono una prima enunciazione, come nota Lagrange attribuendo a Guidobaldo del Monte un'intuizione primordiale: “Guido Ubaldi est peut-être le premier qui l’ait aperçue dans le lever et dans les poulies mobiles ou moufles” (Guido Ubaldi è forse il primo che l'abbia percepita nella leva e nelle poulies mobili o trochlei). Galileo introduce un principio conservativo, espresso in “quanto si guadagna in forza per mezzo loro [delle macchine semplici], altrettanto si scapita nel tempo e nella velocità”, che prefigura una compensazione tra forza, tempo e spazio senza generazione ex novo.
Il saggio esamina il Mechanicorum Liber di Guidobaldo del Monte (1577), dove concetti embrionali di lavoro virtuale e compensazione convivono nei corollari sulle macchine semplici. Guidobaldo lega equilibrio a spostamenti virtuali, come nella leva dove “CA : CB > D : A”, ovvero “CA · A > CB · D”, e introduce proporzioni tra possanza, peso, spazio e tempo, ad esempio nei corollari dell'argano: “lo spatio della possanza movente ha sempre maggiore proportione allo spatio del peso mosso, che il peso alla stessa possanza”. Tali relazioni mostrano un processo compensativo, simile a Galileo, limitato però a casi specifici di equilibrio, senza valenza generale; Lagrange e studiosi come Capecchi ne ravvisano un'intuizione del principio, mentre il principio conservativo emerge in proporzioni inverse tra forza e tempo, come “quanto più agevolmente si move il peso, tanto il tempo è anco maggiore”. La conclusione lega questi elementi a un equilibrio nullo di lavori virtuali e a una trasformazione compensativa delle grandezze meccaniche.
//: t 7.6
Argomento numero 7: Datazione delle osservazioni lunari di Galileo nel Sidereus Nuncius
Le quattro immagini della Luna nel Sidereus Nuncius di Galileo Galilei, analizzate con metodi astronomici per stabilire le date delle osservazioni originali.
Guglielmo Righini, nel 1974, datò le immagini lunari del Sidereus Nuncius usando metodi puramente astronomici, come l'età della Luna e la librazione in latitudine, proponendo date tra ottobre e dicembre 1609. Calcolò per la prima immagine un'età di "4 d.62±0 d.08=4 d 14 h 53 m± 1 h 55 m", che corrispondeva al 2 ottobre 1609, confermata da coordinate selenografiche di punti come il "centro del Mare Crisium". Per le seconde e terze immagini, rilevò uno spostamento di "9°.7 gradi" attribuito alla librazione, datandole al 3 e 18 dicembre 1609, con una differenza di "8°.8" approssimata a quella misurata. La quarta immagine, datata al 18 dicembre 1609, usò coordinate di crateri come Maurilius e Apianus per calcolare la librazione. Righini concluse che Galileo registrò fedelmente le osservazioni, contrariamente a critiche precedenti.
Owen Gingerich contestò l'accuratezza, sostenendo che le immagini erano "heavily theory-laden" e rappresentavano un impatto psicologico, non misurazioni quantitative; il grande cratere nelle immagini 2 e 3 era "impossibly immense", con diametro oltre 12°, e non poteva derivare da osservazioni dirette. Stillman Drake spostò la prima data al 29 gennaio 1610, basandosi su biografia galileiana, accettando le altre di Righini e lodandone il metodo come "without rival in scope and scholarship". Ewen Whitaker, nel 1978, usò fotografie lunari e colongitudine selenografica per datare: 30 novembre 1609 per la prima, 3 e 18 dicembre per le seconde e quarte, 17 dicembre per la terza, negando la rilevazione della librazione come coincidenza. A. Righini rivide le date con dati JPL, correggendo la prima al 1 dicembre 1609 con errore del 2.5%, confermando l'accuratezza. Il dibattito evidenziò temi minori come i disegni a inchiostro di Galileo e critiche storiche da Kopal e Classen, che dubitarono delle sue abilità osservative, confutati da Shea per fedeltà nelle descrizioni. Whitaker's cronologia divenne definitiva, pur riconoscendo il pionierismo di Righini, senza ulteriori analisi complete successive.
//: t 8.7
Argomento numero 8: La teoria musicale di Simon Stevin nel contesto olandese del XVII secolo
Simon Stevin e i matematici olandesi alla ricerca di un modello quantitativo per le consonanze.
Il XVII secolo segnò un periodo aureo per la scienza olandese, in particolare per la teoria musicale, disciplina ancora affine alle scienze matematiche e fisiche. Matematici come Simon Stevin, Isaac Beeckman, Dirck Rembrantszoon van Nierop e Christiaan Huygens, insieme a René Descartes durante il suo lungo soggiorno nei Paesi Bassi, contribuirono con note e trattati su teorie musicali quantitative. Stevin, noto matematico, fisico e ingegnere, rivelò un interesse meno conosciuto per la musica attraverso fogli manoscritti conservati alla Biblioteca Reale dell'Aia, che attestano una conoscenza non superficiale del tema. Beeckman, generazione successiva, disperse le sue riflessioni nei diari, mentre Descartes pubblicò postumo il Musicae compendium nel 1650, pur dichiarando di essere "praticamente sordo in musica e incapace di distinguere una quinta da un'ottava". Van Nierop scrisse nel 1659 il trattato Wiskonstige Musyka in olandese, lingua che ne limitò la notorietà, e Huygens, il più sofisticato, apprese teoria e pratica dal padre Constantijn, pubblicando solo una breve Lettre touchant le cycle harmonique nel 1691, con commenti sparsi nelle sue opere.
Il problema centrale delle consonanze riguardava la percezione armonica di due note simultanee con frequenze diverse, modellata matematicamente per semplificare aspetti empirici. Due approcci fondamentali emersero: il pitagorico, aritmetico, che misurava gli intervalli come rapporti di frequenze f₂ : f₁ (sempre maggiore di uno), assumendo consonanza solo per rapporti semplici di interi come l'ottava (2:1), la quinta (3:2) e la quarta (4:3); e l'aristossenico, geometrico, che identificava intervalli con segmenti rettilinei, sommati per unione e misurati in semitoni, senza privilegiare numeri interi. Stevin adottò un approccio intermedio, aritmetico ma con rapporti irrazionali, giustificato dalla sua definizione di numero in Arithmetique: "Nombre est celà, par le quel s’explique la quantité de chascune chose", tradotto come "Il numero è ciò per mezzo del quale si spiega la quantità di ciascuna cosa", riflettendo il suo spirito pratico per misure fisiche non razionali. Il suo contributo principale è nel trattato manoscritto Vande spiegeling der singkonst, composto per insegnare musica al principe Maurizio, parte dei Hypomenta mathematica ma mai pubblicato, redescoperto nel 1884. Organizzato more geometrico con definizioni, postulati e teoremi, definisce il passo come intervallo tra note consecutive in una scala naturale (t-t-s-t-t-t, scala diatonica maggiore), postulando che il suono dipenda dalla lunghezza della corda vibrante e che tutti i toni e semitoni siano uguali, dividendosi l'ottava in 12 semitoni equi con progressione geometrica di rapporto (1 : √(1/2)^(1/12)). Stevin criticò i rapporti greci come approssimazioni arbitrarie, ad esempio la quinta non come 3:2 ma come *(1 : √(1/128)^(1/12)) ≈ 1.498:1, provando l'uguaglianza dei semitoni con un esperimento di accordatura di una tastiera per 12 quinte, che secondo lui chiudeva perfettamente, sebbene in realtà generi una comma pitagorica dissonante.
Critiche contemporanee e successive contestarono Stevin: contraddiceva se stesso affidandosi all'esperienza dell'orecchio per distinguere intervalli irrazionali dopo averne negato la precisione; musicisti preferivano rapporti interi per consonanza, supportati da teorie come quella della concordanza di Benedetti, Galileo e Beeckman, e da esperimenti sui battimenti, assenti solo in rapporti semplici. Beeckman abbandonò inizialmente le idee di Stevin per la sua teoria della concordanza, e Huygens le respinse aspramente: "coloro che osarono [...] che la quinta non consiste nel rapporto 3:2, o non hanno un orecchio capace di giudicare o credono di avere una buona ragione; ma concludono erroneamente". Nonostante l'interesse, il trattato, scritto in olandese e letto da pochi, non influenzò la teoria musicale fino alla pubblicazione del 1884, e interpretazioni successive come precursore del temperamento equabile o della dodecafonia di Schoenberg risultano forzate, poiché Stevin mirava al valore esatto delle consonanze, non alla loro approssimazione.
//: t 9.8
Argomento numero 9: Giuliano Romano e i contributi all'astronomia italiana
La tesi di laurea di Giuliano Romano sui sistemi binari e la carriera accademica di un astronomo divulgatore.
La tesi di laurea di Giuliano Romano, discussa nel 1949, analizza i sistemi binari stellari attraverso leggi spettrali, ipotesi di formazione e dinamiche orbitali influenzate da variazioni di massa. Esamina la classificazione di sistemi come 61 Cygni, α Centauri, Sirio e Capella, distinguendo tipi visuali, spettroscopici, fotometrici e variabili ad eclisse come Algol e Beta Lyrae. Approfondisce l'impatto della perdita di massa sulle orbite, proponendo revisioni alla legge di Eddington con un termine aggiuntivo per l'effetto del periastro, per spiegare eccentricità e configurazioni osservate. Integra calcoli orbitali basati su problemi di due corpi con masse variabili, citando contributi di Armellini e altri. La carriera di Romano evolve dall'insegnamento al Collegio Pio X di Treviso, dove dal 1948 impartisce matematica e fisica fino al pensionamento, parallelamente a ricerche scientifiche. Diventa assistente a Bologna nel 1952 e a Padova nel 1954, cultore di cosmologia dal 1962 e primo docente di cosmologia all'Ateneo patavino fino al 1983, poi professore associato di Storia dell'astronomia dal 1980 al 1995. I corsi di cosmologia coprono galassie, redshift, teorie relativistiche e paradosso di Olbers; quelli di storia dell'astronomia tracciano dall'archeoastronomia all'astronomia fisica, da Galileo a Newton. Utilizza telescopi come la Specola Ariel personale, Zeiss a Loiano e strumenti ad Asiago e Cima Ekar per 158 pubblicazioni: 106 su stelle variabili (1955-1993), inclusi cataloghi SV* GR con 266 scoperte; 8 su cosmologia (1973-1975); 43 su archeoastronomia (1985-1995), focalizzati su Italia e America Latina. Scopre supernovae come SN1957B in M84, SN1961H in NGC 4564 e SN1970O, contribuendo alla classificazione Asiago. Studia EE Cephei come variabile ad eclisse, variabili vicino a M31 e Quasar come 3C 273, rilevando periodicità in 3C 345 e 3C 446. Identifica GR 290 (Romano's Star) in M33 come impostore di supernova. Organizza seminari archeoastronomici dal 1985, collabora con Aveni su castellieri veneti, tombe sarde ed etruschi, e pubblica su Maya. Divulga con 14 libri e 150 articoli, ispirando generazioni; eredità include premi studenteschi al Pio X e influenza su astrofili. L'amicizia con don Paolo Chiavacci fonda il Centro Incontri con la Natura (1972), promuovendo corsi astronomici per ecologia e spiritualità, con la Terrazza delle Stelle inaugurata nel 1985.
La ricerca di Romano sfida teorie di formazione binaria: "né la teoria dell’origine per cattura né la teoria della scissione sono pienamente supportate dalla distribuzione attuale di eccentricità e dimensioni orbitali nei sistemi giovani", suggerendo revisioni alla legge di massa per conciliare osservazioni. Nei corsi, enfatizza "l’essenzialità del confronto tra osservazioni empiriche e teorie cosmologiche". Le scoperte, come SN1957B, ricevono 72 citazioni (1964-2019), mentre EE Cephei ne conta 79 (1957-2023), confermando modelli di precessione Be. Su archeoastronomia, propone orientamenti solstiziali per castellieri come "Motte di Godego" e lunistizi per Saint Martin de Corléans, stimolando dibattiti metodologici su interdisciplinarità. La divulgazione, da astrofili a planetari, incarna "l’amore per la natura che, diventati adulti, essi vivranno nell’arricchita sensibilità interiore e nel sempre più necessario rispetto ecologico", legando astronomia a cura del pianeta.
//: t 10.9
La Macchina Aritmetica di Giovanni Poleni (Argomento 10)
La invenzione di una calcolatrice meccanica nel primo Settecento, tra emulazione europea e limiti artigianali.
Giovanni Poleni, marchese veneziano con formazione umanistica, coltivò la passione per la scienza grazie al padre e letture autodidattiche di Descartes e altri autori, acquisendo abilità in esperimenti di fisica che dimostrava pubblicamente a Venezia, ispirandosi a Nollet e collaborando con Morgagni. Influenzato dal manuale di meccanica di Dechales, apprese nozioni su leva, puleggia, vite, argano, bilancia e fulcro, elementi base per meccanismi movibili. Costruì la sua Macchina Aritmetica per emulare le calcolatrici di Pascal e Leibniz, come spiegò nell'introduzione a Miscellanea: lo mosse "il desiderio di emulare le calcolatrici di due eminenti filosofi-inventori". La Pascalina eseguiva solo addizioni e sottrazioni, mentre la Stepped Reckoner di Leibniz includeva moltiplicazioni e divisioni ma falliva nel riporto; Poleni, lettore di riviste scientifiche europee, notò i margini di miglioramento della "novità tecnologica" leibniziana, di cui ignorava il progetto dettagliato.
Nel contesto del Seicento e Settecento, i calcoli aritmetici divennero essenziali per finanza e dati sperimentali, favorendo un proliferare di ausili come bastoncini di Nepero, macchine di Schickard, Pascal, Burattini, Morland, Leibniz e altri fino a Poleni nel 1709. Il problema principale era meccanizzare il riporto in cascata senza inceppamenti, con soluzioni ingegnose ma complesse e costose; molte macchine erano "più curiose che utili" e "giammai costrutte", come osservò Majocchi, poiché complicate da realizzare e usare. Poleni realizzò due versioni: la prima in legno tenero con problemi di attrito, la seconda in legno duro funzionante per numeri a tre cifre. La sua innovazione fu la "girandola", un traspositore a ruota con denti variabili alzabili per impostare il numeratore, che agganciava accumulatori a dieci denti per visualizzare risultati; il riporto avveniva tramite un dente sull'asse, differenziandosi dal pignone leibniziano. Automatizzò l'algoritmo dell'addizione per principianti, riducendo la moltiplicazione a cicli di addizioni e semplificando sottrazione e divisione col metodo del complemento; un contrappeso fungeva da motore, limitando l'intervento umano all'impostazione, con trasmissione via ruote dentate.
L'invenzione mirava a "gloria e lucro" perfezionando Leibniz, ma affrontò plagio e mancanza di tutela intellettuale; Poleni distrusse la macchina dopo che Anton Braun, premiato da Carlo VI, creò una versione simile rielaborando i suoi disegni da Leupold, come riportato da Cossali per salvare la reputazione del veneziano mite e generoso. Braun collaborò con Vayringe per una calcolatrice compatta ed elegante, un cilindro metallico da tavolo, contrapposta alle grandi dimensioni della macchina di Poleni che causavano inerzia e attrito. Questo evidenziò l'evoluzione verso semplicità, efficienza e basso costo, richiedendo organizzazione del lavoro tra inventori e artigiani – meccanici, orologiai, ebanisti – ma il gap conoscitivo portava a malfunzionamenti; idea e creazione restavano indissolubili, con nomi artigiani celebrati, come nella "Leupold-Braun-Vayringe". Solo con Babbage emerse la distinzione tra design e implementazione, ritardando la produzione industriale fino all'Ottocento.
Dal punto di vista tecnologico, il progetto di Poleni fu un fallimento tra scia di tentativi pre-commerciali, ma le sue illustrazioni in rame da Marcati diffusero il meccanismo in ristampe europee, fungendo da "moderna domanda di brevetto" ante litteram, in linea con l'Anna Act del 1710 che regolò copyright e descrizioni dettagliate. Il principio della girandola influenzò invenzioni successive: Roth nel 1841 con molle per addizionatrice industriale venduta al Ministère des Travaux; Odhner nel 1892 per la Brunsviga; Curta negli anni Quaranta. Nel 1959, Soresini ricostruì la macchina per il Museo di Milano con IBM, rivelando modifiche moderne nel restauro del 2007 da Hénin e Temporelli, come cuscinetti a sfere e funzionamento speculare. In conclusione, il successo delle calcolatrici seicentesche-settecentesche fallì per incapacità di organizzare competenze e concepire prodotti popolari; la macchina di Poleni simboleggiò l'interdisciplinarità manuale del filosofo, stimolando innovazioni nella società della conoscenza.
//: t 11.10
Argomento numero 11: Jacopo Belgrado e la sua corrispondenza con Giovanni Poleni
Corrispondenza scientifica tra un gesuita illuminista e un professore padovano: strumenti, esperimenti e divulgazione nel Settecento.
Jacopo Belgrado, nato a Udine nel 1704 e gesuita, sviluppa una carriera scientifica brillante tra Parma e altre città del Nord Italia, fino alla soppressione della Compagnia di Gesù nel 1768 che gli causa la confisca di strumenti e documenti. Nominato nel 1738 alla cattedra di Matematica allo Studium Parmense, introduce innovazioni didattiche come equazioni, geometria analitica e lezioni di Fisica Sperimentale con esperimenti pubblici che attraggono nobili e il duca Filippo di Borbone, di cui diventa Matematico di Corte nel 1750. Costruisce con artigiani locali una collezione di strumenti per Statica, Idrostatica, Ottica e Astronomia, e fonda nel 1757 l'Osservatorio Astronomico di Parma, terzo in Italia, equipaggiato con telescopi, orologi e quadranti; osserva fenomeni come l'Aurora Boreale del 1738 e eclissi, documentati in trattati inviati a corrispondenti europei. Mantiene rapporti epistolari con figure come D’Alembert, Lalande e Boscovich, pubblica dissertazioni su elasticità, elettricità e dinamica dei fluidi, e aderisce ad accademie di Parigi, Bologna e Padova. La corrispondenza con Giovanni Poleni, scambiata tra 1742 e 1761 e conservata in parte alla Biblioteca Marciana di Venezia e alla Biblioteca Civica di Verona, consta di 79 lettere inedite che rivelano un legame di amicizia e stima reciproca, con discussioni su strumenti come la "Macchina per Estinguere gli Incendi" acquistata da Poleni e il Pirometro usato nel restauro di San Pietro, oltre a esperimenti sulle "fiale bolognesi" o lacrime bataviche, descritte in una dissertazione del 1743 dove Belgrado critica l'ipotesi di Hooke sulle bollicine di vuoto nel vetro. Trattano anche lecture-demonstrations ispirate a Nollet e Desaguliers, con enfasi su dimostrazioni spettacolari ma spiegate razionalmente, come nelle opere di Nollet che Poleni mostra a lui durante un incontro nel 1749. Una serie di lettere dal 1754 al 1757 riguarda la pubblicazione del libro "Dell’azione del caso nelle invenzioni, e dell’influsso degli astri ne’ corpi terrestri", con Poleni che media per la tipografia di Padova, suggerisce correzioni e ottiene licenze; Belgrado argomenta che le invenzioni non sono casuali ma frutto di studio, citando Musschenbroek, e applica il metodo newtoniano per smontare l'astrologia, ammettendo solo l'influenza lunare sulle maree e invitando a "disporre le menti a penetrare la ragione". Dopo l'esilio, Belgrado insegna a Bologna e Modena, rifiuta una cattedra per età, si ritira a Udine e muore nel 1789, lasciando opere inedite e influenzando figure come Pietro Verri; il carteggio evidenzia il suo ruolo nel diffondere il metodo scientifico illuminista, unendo umanesimo e razionalità contro superstizioni.
Nel contesto più ampio, emergono temi minori come l'attività letteraria in Arcadia parmense sotto lo pseudonimo Damageto Cripteo, e la perdita di beni gesuitici che oscura parte del suo lascito, inclusa la collezione di strumenti catalogata post-soppressione.
//: t 12.11
Argomento 12: I transiti di Venere del 1761 e 1769
La prima collaborazione scientifica internazionale per misurare l'unità astronomica.
Il testo narra la storia dei transiti di Venere del 1761 e 1769, proposti da Edmond Halley per determinare la distanza Terra-Sole, nota come unità astronomica (AU). Halley, dopo aver osservato il transito di Mercurio nel 1677, ritenne Venere più adatta nonostante la rarità dell'evento, che avviene in coppie ogni 113,5 e 129,5 anni. "Il Sole’s parallax might be correctly determined by such observations" (Halley 1716, tradotto: "La parallasse del Sole potrebbe essere determinata correttamente con tali osservazioni"). Joseph-Nicolas Delisle diffuse mappe globali per selezionare i siti di osservazione, enfatizzando la necessità di misurazioni simultanee da emisferi opposti per calcolare la parallasse solare tramite triangolazione.
Oltre 250 astronomi, nonostante la Guerra dei Sette Anni, collaborarono in oltre 150 stazioni, superando ostacoli come nubi e viaggi pericolosi. Giovanni Poleni osservò dal 1761 a Padova con un eliometro semplice, ma il cielo nuvoloso limitò i risultati. "The sky was densely covered with clouds" (Poleni 1761, tradotto: "Il cielo era densamente coperto di nubi"). I calcoli post-1761 diedero valori tra 123,9 e 158,8 milioni di km, mentre il 1769 migliorò a 150,8±0,2 milioni di km, sebbene con incertezze superiori all'1%. L'impresa non solo affinò stime astronomiche, ma stimolò esplorazioni geografiche, invenzioni come lenti acromatiche e cronometri marini, e scoperte collaterali come l'atmosfera di Venere e rimedi contro lo scorbuto. Temi minori includono contributi di Kepler sulla terza legge planetaria e sforzi individuali come quelli di Cook in Nuova Zelanda. La narrazione sottolinea come la scienza superi confini nazionali, promuovendo collaborazione e innovazione.
//: t 13.12
Argomento 13: Riforme scientifiche e astronomiche nel Regno di Napoli nel Settecento
Sviluppo delle scienze sperimentali e tentativi di istituzione di un osservatorio astronomico sotto l'influenza di Celestino Galiani e successive iniziative borboniche.
Il testo delinea i tentativi di modernizzazione scientifica nel Regno di Napoli durante il Settecento, focalizzandosi sulle riforme promosse da Celestino Galiani, monaco celestino e cappellano maggiore dell'Università, che introdusse cattedre di fisica sperimentale, astronomia e nautica, e fondò un'accademia delle scienze per promuovere studi su filosofia naturale, anatomia, chimica, geometria, astronomia e meccanica, escludendo la metafisica. Galiani, formatosi a Roma sotto l'influenza cartesiana e newtoniana, abbandonò l'aristotelismo scolastico per un approccio basato su idee chiare e verifica sperimentale, come emerge dalla sua convinzione che "la filosofia cartesiana è come l'anticamera della verità… è difficile penetrare molto più in là, senza averla attraversata" (traduzione da Leibniz). Influenzato da figure come Gabriele Manfredi e Eustachio Manfredi, formò giovani come Pietro Di Martino, che studiò alla specola bolognese e condusse osservazioni come l'eclisse di Luna del 6 dicembre 1732, contribuendo alla prima misura della latitudine di Napoli nel 1735. L'accademia, ospitata inizialmente nel palazzo Orsini e poi nel monastero dei santi Severino e Sossio, riunì novatores come Niccolò Cirillo e Francesco Serao, ma mancò di sostegno reale e si affievolì per resistenze culturali e impegni di Galiani, producendo opere limitate come quelle di Serao sul Vesuvio. Parallelamente, si narrano precedenti falliti per un osservatorio: proposte di Felice Sabatelli nel 1774 per l'ex Collegio dei Gesuiti e nel 1756 per Pizzofalcone, approvate da Bernardo Tanucci ma non realizzate, con Carlo di Borbone che nel 1792 istituì formalmente la Specola al Museo, nominando Giuseppe Cassella astronomo reale, che osservò l'eclisse di Luna del 5 giugno 1792 e il transito di Mercurio del 7 maggio 1799, sebbene i lavori non progredissero. Ulteriori tentativi includono la specola a Pizzofalcone del 1825, distrutta nel 1943, e l'incisione di Basilio Anito che raffigura una specola completata ma deludente. Temi minori emergono nelle resistenze conservatrici, come quelle di Diego Vincencio Vidania, e nel contesto politico asburgico-borbone, con elogi da Eustachio Manfredi per promuovere "l’Astronomia in primo luogo… giacché dopo Keplero s’è veduto… che essa è l’unico fondamento della Fisica". Il sommario si conclude con l'eredità di Galiani, riconosciuta dalla Royal Society nel 1735, che pose le basi per lo sviluppo astronomico napoletano nonostante i fallimenti, come profetizzato da Giangiacomo Marinoni sugli ostacoli insuperabili. Una sezione separata descrive l'opera dell'abate Giuseppe Conti nel primo Ottocento, inventore e tecnico borbonico che migliorò macchine a vapore, ruote idrauliche e bilance, come la verifica della bilancia idrostatica di Bandieri nel 1846, definita "un così stupendo lavoro", ma il focus principale resta sulle riforme settecentesche.
//: t 14.13
Argomento numero 14: Storia della Scienza e della Cultura a Torino e Modena nel XIX Secolo
Storia scientifica torinese e modenese tra istruzione, invenzioni e istituzioni ducali.
Giuseppe Domenico Botto emerge come figura centrale nella fisica torinese del primo Ottocento, con opere come Elementi di Fisica Generale e Sperimentale ad uso delle Regie Scuole di Filosofia (1830) e Notizie sopra l’applicazione dell’elettro-magnetismo alla meccanica (1834), che documentano applicazioni pratiche dell'elettromagnetismo, inclusa una "machine loco-motive" descritta nelle Memorie della Reale Accademia delle scienze di Torino (1836). La ricerca fisica all'ateneo torinese, analizzata da Briatore (1985) in “Didattica e ricerca fisica nell’ateneo torinese nel sec. XIX. Giuseppe Domenico Botto”, integra elementi di istruzione e sperimentazione, con testi come Teoria elettrica brevemente esposta ad uso della studiosa gioventù di Follini (1791) e Physicae experimentalis elementa (1823). Esposizioni industriali al Castello del Valentino, come quella del 1832 (Catalogo dei prodotti dell’industria de’ R. Stati ammessi alla seconda triennale pubblica Esposizione), e rapporti della Regia Camera d’Agricoltura e di Commercio (1829) evidenziano innovazioni tecnologiche, con resoconti gazettici su rilievi in rame ottenuti "mediante l’azione dell’Elettricità" (Gazzetta Piemontese, 1839). Fonti archivistiche dell’Università di Torino (1798-1839) supportano contesti educativi, come La Minerva: calendario scolastico dell’anno 1826. A Modena, Giuseppe Bianchi (1791-1866) incarna il sapere astronomico e matematico sotto i duchi Austro-Estensi: formatosi a Padova e Brera, insegnò Astronomia Teorica all’Università di Modena dal 1818 e costruì l’Osservatorio nel Palazzo Ducale (1826-1827), equipaggiato con strumenti di Reichenbach e Amici, avviando osservazioni dal 1827, come narrato in Atti del R. Osservatorio astronomico di Modena (1834). Bianchi promosse studi meteorologici con diari dal 1830 e introdusse il sistema metrico decimale dal 1851, viaggiando a Parigi per archetipi verificati da Biot e Regnault, realizzando un Gabinetto di Metrologia e un’Officina metrica (1856-1858). La sua carriera terminò nel 1859 con l’esilio di Francesco V, continuando osservazioni private. Contesti culturali includono guide come Guida dé forestieri per la Real Città di Torino (1753) e testi su esposizioni effimere (Torino effimera: due secoli di grandi eventi, 2006; L’artiglio della seduzione: Torino e le grandi esposizioni, 2004), mentre a Modena legami con la corte, da incontri con Francesco IV ("guarderemo il cielo anche a Modena") a corrispondenze con Carlini, rafforzano il ruolo delle scienze nel ducato.
//: t 15.14
Argomento numero 15: L'impero industriale dei Nobel in Russia
L'emigrazione di Immanuel Nobel e l'ascesa della famiglia nell'industria meccanica, bellica e petrolifera russa dal XIX secolo.
Immanuel Nobel emigra in Russia nel 1838, incoraggiato da un ufficiale interessato alle sue mine sottomarine, e apre un negozio di pezzi meccanici a San Pietroburgo, dove una forte presenza di svedesi favorisce l'uso del know-how locale. Si introduce negli ambienti di corte, realizza esperimenti di successo alla presenza dello zar e riceve sussidi per le sue ricerche, tra cui 3000 rubli iniziali e 25000 rubli dopo un esperimento del 1842. Allarga il negozio in un'officina meccanica con il colonnello Ogarev, sotto l'insegna “Fabbrica di ruote e fonderia del sig. Nobel e del colonnello Ogarev”, producendo torni, mozzi, raggi e pezzi per ferrovie, mentre il colonnello lavora a un progetto per una linea da San Pietroburgo a Mosca. La mina sottomarina di Immanuel, innovativa per l'innesco autonomo senza operatore, usa contenitori di zinco caricati con 3,63 kg di esplosivo, un detonatore con barra scorrevole e tubo di vetro riempito di acido solforico, clorato di potassio e zucchero; un urto rompe il tubo, innescando la miscela chimica esposta all'aria. Questo suggerisce a Immanuel di inviare il figlio Alfred a Parigi da Ascanio Sobrero, scopritore della nitroglicerina nel 1847, per migliorare l'esplosivo. Le officine Nobel si espandono sul fiume Neva, trasferendo la famiglia; producono motori a vapore, tubature, martelli pneumatici, kit per ruote e sistemi di riscaldamento centralizzato, fornendo anche ante per la cattedrale di San Pietroburgo. Durante la guerra di Crimea (1853-1856), sotto lo zar Nicola I, arrivano ordini per modernizzare navi e mezzi, ma la sconfitta rivela l'arretratezza russa; persistono problemi finanziari, aggravati dalla bancarotta governativa dopo la morte di Nicola I e dal rifiuto di Alessandro II di finanziare spese militari. Immanuel si ritira in Svezia dopo l'incidente del 1864 a Helenborg, che uccide il figlio minore Emil Oscar e quattro compagni, affidando la fabbrica a Ludwig e scrivendo un trattatello su povertà, disoccupazione ed emigrazione, proponendo fabbriche per compensato da scorie di legno per case prefabbricate nei paesi poveri come l'Egitto.
Ludwig, a 28 anni, prende le redini dell'impresa indebitata, apre la Machine-Building Factory Ludvig Nobel producendo pezzi meccanici; dal 1870, la corsa agli armamenti in Europa, l'abolizione delle tasse sul ferro e la liberazione dei servi favoriscono l'industria del ferro e delle armi, con produzione di proiettili, carrelli per cannoni, mortai, ruote rinforzate adatte alle strade russe e fucili a retrocarica tipo Berdanka, convertendo vecchi modelli ad avancarica. Usa il principio delle parti intercambiabili per risparmiare. Robert, esperto dal lavoro con il padre su cattedrale di Kazan e battello a vapore, dirige lampade al kerosene in Finlandia; nel 1870 sostituisce Ludwig a San Pietroburgo, completando la riconversione dei fucili a Izhevsk, e nel 1873 va in Europa per studiare armerie e legno per calci di fucili, scegliendo Baku per il commercio. A Baku, via Volga, Robert incontra il capitano De Boer, che gli parla del petrolio; affascinato dalle emanazioni naturali e dall'uso secolare per lampade, acquista terra e raffineria per 25000 rubli destinati al legno, senza consultare i fratelli, intuendo opportunità di arricchimento. Impulsivo ma testardo, impara la raffinazione, migliorando metodi primitivi per produrre kerosene superiore, bruciando e distillando greggio con residui bruciati o riversati; modernizza la raffineria nel 1875, competendo con l'americano e focalizzandosi sulla raffinazione per tre anni. Ludwig arriva nel 1876, apprezza il potenziale ma razionalizza fasi di lavorazione in trasporto, oleodotti, pompaggio e magazzinaggio; introduce oleodotti da Balakhani alla Black Town, superando opposizioni di Tatari e burocrazia con trincee, pompe da 27 cavalli e sorveglianza cosacca, ripagando i costi in un anno. Sviluppa navi cisterna come la Zoroaster (1878), senza brevetto per beneficio dell'industria, chiatte sul Volga, vagoni ferroviari-cisterna da Tsaritsyn (1881) e una sua ferrovia con 150 vagoni; promuove mazut come lubrificante e carburante domestico contro importazioni inglesi di carbone, costruendo fabbriche di botti e usando perforatori americani. Nel 1881 attiva il primo pozzo n. 25, producendo 4000 tonnellate al giorno; nel 1893 la Russia diventa primo produttore mondiale. Robert, geloso, si oppone alla società azionaria nel 1879 e lascia per la Svizzera, ricevendo liquidazione e azioni, vivendo in Svezia. Nasce la BRANOBEL (1879) con finanziamenti da banche finlandesi, Alfred e altri; Emanuel, dal 1888, dirige con visione, costruisce la prima fabbrica di motori Diesel e ottiene cittadinanza russa, fuggendo nel 1918 travestito da contadino. Fino al 1916 i Nobel controllano 1/3 del greggio russo, 40% raffinato, 400 depositi e la flotta mondiale; la Rivoluzione distrugge tutto, vendendo nel 1920 alla Standard Oil; Emanuel muore nel 1932, la compagnia si dissolve nel 1959 senza memoria storica, riscoperta nel 2007 con il Nobel Brothers Museum a Baku.
//: t 16.15
Argomento 16: L'Accademia del Cimento e le sue attività sperimentali inedite
Esplorazione dei manoscritti fiorentini che rivelano esperimenti fisici e astronomici oltre i confini dei Saggi di Naturali Esperienze.
L'Accademia del Cimento, fondata sotto il patronato del principe Leopoldo de’ Medici e del granduca Ferdinando II, operò dal 1657 al 1667 senza strutture rigide, sciogliendosi con l'elezione cardinalizia di Leopoldo; i suoi esperimenti, in gran parte inediti, sono conservati nei manoscritti del Fondo Galileiano della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, divisi in categorie come "Anteriori", "Galileo", "Contemporanei", "Discepoli" e "Posteriori", che includono diari delle sessioni da Gal. 260 a 262, bozze dei Saggi, raccolte di "fisica sperimentale", volumi su astronomia e meteorologia, e corrispondenza tra accademici, studiosi esterni e la famiglia Medici. Questi documenti, redatti da segretari come Alessandro Segni e Lorenzo Magalotti, registrano circa mille esperimenti, documentando dibattiti filosofici naturali dell'Europa moderna, l'applicazione di un metodo sperimentale innovativo, la registrazione meticolosa anche di fallimenti, l'importanza degli strumenti scientifici artigianali di corte e i ruoli individuali degli sperimentatori. Sebbene l'istoriografia si concentri su pneumatica e termologia, come evidenziato nei Saggi del 1667, i manoscritti rivelano un programma più ampio in fisica e astronomia, con temi minori come fenomeni elettrici e magnetici, alchimia/chimica, storia naturale limitata, e discipline miste come ottica, acustica e meccanica; ad esempio, in pneumatica si replicò l'esperimento del tubo di mercurio di Torricelli, esplorando il "vuoto" e variazioni su pressione aerea, con osservazioni su liquidi, ambra, magneti, suoni, fuochi invisibili, fumo, neve, coralli, perle, effetti di calore e freddo, e persino comportamenti di animali come mosche, uccelli, lucertole, ragni, pesci, anguille, granchi, rane, farfalle e grilli in vuoto, mentre Vincenzo Viviani propose un dispositivo per un vuoto abitabile da una persona. In termologia e meteorologia, affinati termometri, barometri e igrometri dal 1654, con misurazioni di umidità atmosferica in cartelle da Gal. 296 a 307, e esperimenti su proprietà di calore, freddo e processi di congelamento naturale, proposti anche da Leopoldo; il vetro, materiale versatile, fornì oltre mille strumenti, di cui un centinaio conservati al Museo Galileo. In meccanica, ottica e acustica, si indagò peso, gravità specifica e incompresibilità di liquidi, moto dell'acqua nei fiumi, caduta di oggetti, traiettorie di proiettili, fluorescenza, accensione per riflessione luminosa, tentativi di misurare la velocità della luce, propagazione di fiamme attraverso tubi d'acqua e riflessioni di luce su vetro, mentre in acustica si stimò la velocità del suono costante a una "miglia toscana in 5 secondi" usando pendoli, con esperimenti su propagazione in acqua e vuoto tramite orologi tascabili e sonagli, e visualizzazioni di increspature in acqua analoghe a cerchi da sasso, dimostrando influenza di dimensione e forza del lancio contro tradizioni antiche. Altri esperimenti coprirono elettricità dell'ambra, attrazione magnetica costante attraverso sostanze interposte come sabbia, olio, carta e alcol infiammato, comportamenti di metalli, descrizioni di minerali e pietre, pigmenti da rose, distillazioni, combustioni, cambiamenti di colore in miscele liquide sotto "chymistry" alchemico-chimica, e analisi limitate su natura della vita, strutture corporee, morsi di vipera su galli con coagulazione del sangue, osservazioni microscopiche di mosche, pulci, vermi, estratti di rose, stoffe e galle fogliari nel 1657, con scarse note botaniche e geologiche come l'eruzione del Vesuvio del 1660. Nelle osservazioni astronomiche, assenti nei Saggi, l'Accademia intervenne in dispute come quella su Saturno nel 1660, confermando l'anello di Huygens contro Fabri e Divini attraverso letture, discussioni di Borelli e Dati, e osservazioni dirette, e il "paragone degli occhiali" del 1664 tra Divini e Campani; si studiarono comete, eclissi lunari e solari, fasi di Venere, pianeti come Giove e Marte con indizi di rotazione e macchie superficiali, e satelliti medicei con eclissi, occultazioni, congiunzioni e transiti usando telescopi di Campani, validando efemeridi di Cassini nel 1665 che portarono a metodi per coordinate geografiche, sovrapponendosi a temi acustici di Viviani; queste attività riflettono transizioni di conoscenza, ricettività a influenze esterne e dialogo con intellettuali come Cassini, trattato con onore eccezionale. I manoscritti illuminano contributi individuali non accreditati nei Saggi, l'unicità degli strumenti medicei illustrati in disegni e incisioni, la meticolosità in fisica da pneumatica ad acustica, e aspetti trascurati in astronomia come i satelliti di Giove, arricchendo la comprensione della natura collaborativa e aperta dell'Accademia, con necessità di ulteriori analisi per svelare nuovi aspetti della sua storia.
//: t 17.16
Storia della Fisica e dell'Astronomia: Argomento Numero 17
Sviluppo storico della cosmologia e contributi italiani alla fisica e astronomia.
Il sommario raccoglie contributi storici su fisica e astronomia, con enfasi su figure e istituzioni italiane dal XVII al XX secolo, e un'analisi approfondita della cosmologia negli anni '50. Inizia con riferimenti bibliografici su Accademia del Cimento, come “Divini And Campani: A Forgotten Chapter in the History of the Accademia del Cimento” di Righini Bonelli e Van Helden (1981), che esplora un capitolo dimenticato della storia scientifica fiorentina, e “The Accademia del Cimento and Saturn’s ring” di Van Helden (1973), che lega l'accademia alle osservazioni astronomiche su Saturno. Archivi citati includono manoscritti galileiani alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e lettere alla Royal Society. Passa a Padova, dove Galileo trascorse anni fruttuosi dal 1592 al 1610, ma la fisica moderna entrò nel sistema universitario oltre un secolo dopo con Giovanni Poleni e Giuseppe Toaldo; il testo traccia lo sviluppo locale, inclusi eventi del XX secolo come la nascita dell'INFN e INAF. Un episodio imperiale descrive l'eclissi solare totale del 1842 osservata a Padova da Giovanni Santini e assistenti, tra cui Wilhelm von Biela, con disegni originali del Sole eclissato e implicazioni scientifiche. Nel laboratorio di Temistocle Calzecchi Onesti a Fermo, inventore del coherer nel 1883, si narra la visita delle sorelle Maggiori, ragazze sorde e mute educate dal fisico, che registrarono l'esperienza nel diario del 1889; lì studiarono figure come Oreste Murani e Enrico Stelluti Scala, legato a esperimenti di Marconi nel 1904. Il nucleo verte sulla cosmologia del XX secolo, focalizzata sul Congresso Solvay del 1958 a Bruxelles su “The Structure and the Evolution of the Universe”, primo evento internazionale dedicato alla cosmologia, allora considerata semi-filosofica. Descrive la rivalità tra teorie evolutive relativistiche e la steady-state theory di Hoyle, Bondi e Gold (1948), che postula creazione continua di materia ex nihilo, violando la conservazione dell'energia, con universo euclideo eterno e galassie di età diverse. Modelli big-bang, come quello di Gamow (1948-1953) con nucleosintesi primordiale e previsione di radiazione cosmica di fondo a 5 K, sono ignorati o respinti; Gamow non fu invitato, e la sua teoria non menzionata, mentre Lemaître difende l'atomo primordiale con età universale tra 20 e 60 miliardi di anni. Discussioni su nucleosintesi contrappongono processi stellari (B²HF theory di Hoyle et al., 1957) a quelli cosmologici, con deuterium come potenziale problema per la steady-state. Radioastronomia, con conteggi log N-log S di Ryle e Lovell, promette test ma genera dati discordanti tra Cambridge e Sydney, non risolvendo il dibattito; Oort favorisce modelli evolutivi. Il congresso eleva la cosmologia a disciplina scientifica, con partecipanti come Pauli, Oppenheimer e Sandage, ma steady-state domina, preludio al declino post-1960 con CMB. Temi minori includono dibattiti filosofici sull'età dell'universo, difficoltà temporali (Hubble time di 1.8 miliardi di anni vs. età stellare) e conferenze precedenti come Berne (1955).
//: t 18.17
Argomento numero 18: Maurizio Buscalioni e il suo contributo all'astronomia in Venezuela
Astronomo italiano itinerante, direttore dell'Osservatorio di Caracas tra instabilità politiche e scoperte scientifiche.
Maurizio Ermanno Giuseppe Giovanni Antonio Buscalioni nacque il 15 agosto 1856 a Torino, in una famiglia di intellettuali: il padre Carlo Michele era politico e professore, il fratello Carlo Giacinto un astronomo noto, e Luigi Napoleone un botanista rinomato. Formò una "trilogia scientifica" familiare, con studi in scienze naturali e matematica, anche se la sua formazione formale resta parzialmente ignota. Viaggiò intensamente in Europa, Africa e America dal 1880, da Corfù in Grecia a Massawa in Eritrea, Algeri e Marocco, fino a Caracas nel 1890. Acquisì la cittadinanza venezuelana nel 1894, ma lasciò il paese nello stesso anno per presunta malattia, tornando a Torino dove morì nel giugno 1914. Partecipò a iniziative politiche come la Lega Filellinica fondata dal padre per l'autonomia greca, e scrisse Brigandajes Politiques (1906), critica sulle politiche coloniali africane. Sposato con Angela María Llambías Morello, ebbe tre figli nati in Francia e Venezuela, alcuni dei quali morirono in Spagna nel secolo successivo.
Giunto a Caracas, fu nominato direttore dell'Osservatorio Astronomico dal governo venezuelano, grazie forse all'intermediazione del console Cesare Alberto Blengini. Condusse misurazioni astrometriche per determinare la latitudine geografica e l'ora ufficiale venezuelana, in collaborazione con osservatori americani ed europei, inclusi Schiaparelli di Milano e Padre Denza di Moncalieri. Dotò l'osservatorio di strumenti all'avanguardia, come telescopi equatoriali, cerchi meridiani e barometri, e pubblicò osservazioni meteorologiche nella Gaceta Oficial e nel Diario de Caracas. Predisse e osservò l'occultazione di Giove e le sue lune dalla Luna nel 1892, notando l'ombra di Europa come eclissi solare su Giove. In divulgazione, su El Cojo Ilustrado introdusse il cronometro solare e il cuocisole conico, quest'ultimo per affrontare la crisi economica riducendo l'uso di carbone. Nel 1910 scrisse su Comete e catastrofi celesti per il ritorno della cometa di Halley, e nel 1912 analizzò il "ruolo della rifrazione atmosférica" in eclissi e occultazioni, anticipando dibattiti su deflessione luminosa senza riferimenti a gravità einsteiniana. La sua partenza coincise con recessione economica e tensioni politiche, inclusi tagli salariali che alimentarono conflitti. Il successore Luis Ugueto mantenne l'approccio divulgativo per soli due anni. La ricerca storica evidenzia lacune sulla sua educazione, ma prove come l'adesione alla Société de Géographie nel 1884, endorsement di Bouquet de la Grye e Brault, e resoconti di un furto a Biskra nel 1884 – dove custodiva manoscritti su matematica, fisica e astronomia – confermano competenze sistematiche acquisite prima dei viaggi.
//: t 19.18
Argomento 19: Laboratorio di Radiologia e Dosimetria dei Raggi X a Milano (1926-1928)
Storia della fondazione del Laboratorio di Radiologia presso l'Istituto di Fisica Complementare dell'Università di Milano e contributi italiani alla standardizzazione internazionale della dosimetria.
Il Laboratorio di Radiologia fu istituito nel 1926 grazie a donazioni private, tra cui 100.000 lire dalla Banca Popolare di Milano, con l'obiettivo di effettuare "misure sui raggi X e calibrazione degli strumenti correlati; prove sui dispositivi radiologici e sui tubi generatori, e in generale ricerche su ciò che può condurre a un miglioramento e ampliamento delle applicazioni dei raggi X all'industria e alla medicina". Il professor Pontremoli, con il supporto di Pugno Vanoni, ottenne ulteriori fondi, come 50.000 lire dalla Società Edison e apparecchiature per 50.500 lire, superando le raccolte della Facoltà di Medicina. Le attività previste includevano test elettrici su dispositivi radiologici, prove su tubi generatori con spettrogrammi a corrente continua e alternata, misurazioni qualitative e quantitative dei raggi X, come "misure qualitative (prove spettrografiche, verifica degli spettrografi e dei livelli di durezza dei raggi X)" e "misure quantitative (prove di emissione; verifica di dispositivi ionometrici, intensimetri, ecc.)". Il corso di Pugno Vanoni copriva temi come l'emissione dei raggi X, "emissioni K lines" e "numero atomico", tubi a gas e termionici, "struttura e funzionamento di un tubo Coolidge", spettri continui e a linee con "serie KLMN", assorbimento dei raggi X con "diffusione, fluorescenza, raggi β", e misurazioni di qualità e quantità, inclusi "gap scintilla", "camere di ionizzazione" e "unità R". Difetti operativi, pericoli dell'alta tensione e protezione dai raggi diffusi completavano il programma, culminando in un "riassunto generale del corso: emissione, assorbimento, misure di qualità e quantità".
Pugno Vanoni contribuì alla dosimetria standardizzando l'unità R, definita come "la quantità di raggi che, irradiando 1 cm³ di aria, produce una conducibilità tale che la quantità di elettricità misurata come corrente di saturazione è uguale a un'unità elettrostatica", misurata a 18°C e 760 mm Hg, eliminando effetti dalle pareti. Al Congresso di Radiologia Medica di Firenze nel 1928, propose la "dose di radiazione assorbita per cm³ da un corpo" come differenza tra flussi entranti e uscenti in un volume sferico di 1 cm³, moltiplicata per il tempo, simboleggiata D, notando che "questa terminologia può essere modificata a seguito di discussioni ai prossimi Congressi di Firenze e Stoccolma, e accordi internazionali". Il Congresso approvò l'adozione dell'unità R di Behnken, legando dati di qualità (assorbimento e tensione massima) a quelli di quantità per tracciare la dose assorbita, e invitò i radiologi italiani a seguire tali metodi. A Stoccolma nel 1928, come delegato italiano con Ponzio, Pugno Vanoni sostenne l'unità internazionale "Röntgen" (con r minuscola), definita per 1 cm³ di aria a 0°C e 760 mm Hg, producendo una corrente di saturazione equivalente a una carica elettrostatica, considerando elettroni secondari e annullando effetti murali. La commissione, presieduta da Siegbahn, respinse proposte di Solomon (basata su γ di radio) e Dauvillier (erg di energia), adottando metodi standard per calibrazioni con camere ionometriche verificate tramite γ di radio-elementi, richiedendo che ogni specifica di dose includesse qualità e quantità della radiazione. Le risoluzioni furono approvate dall'assemblea il 27 luglio 1928, segnando un progresso nelle misurazioni radiologiche, inclusa la protezione per i radiologi.
Note
- Fonti principali: Pugno Vanoni (1926, 1927, 1928); Lettera Banca Popolare di Milano (1926); Perussia & Pugno Vanoni (1928); Atti Congresso Firenze e Stoccolma.
- Contesto: Collaborazione con Istituto per lo Studio e Trattamento del Cancro "Vittorio Emanuele III"; influenza su standard internazionali da Behnken (1924) e Solomon (1924-1925).
//: t 20.19
L'interpretazione relazionale di Whitehead della relatività speciale (Argomento 20)
Esplorazione ontologica del moto come serie di eventi temporali in un universo interconnesso.
L'interpretazione relazionale della relatività speciale proposta da Alfred North Whitehead rifiuta i corpi materiali permanenti e il concetto di uno spazio-tempo quadridimensionale come entità eterna. Il moto emerge come una serie strutturale di eventi temporali, radicata nella universal relatedness of Nature, ovvero nella "correlazione universale della Natura". Questo approccio ontologico, non solo epistemologico, implica che il principio di relatività derivi dall'interrelazione di ogni corpo materiale con gli altri, costituendo la Natura come un tutto olistico. Whitehead riformula il moto come relazione invariante, assoluta nella sua natura relazionale: "motion as a relation is absolute, is invariant". Il riposo risulta solo relativo, quando due corpi condividono lo stesso moto, e le trasformazioni di riferimento preservano la struttura temporale degli eventi, anche in contesti non inerziali. La gravitazione universale garantisce che tutti i sistemi di riferimento siano accelerati, eliminando qualsiasi riposo assoluto e confermando la "solidarity of the universe" attraverso campi di forza reali, non ideali.
Whitehead estende questa visione sostituendo i corpi materiali con eventi: "No material bodies but events". La Natura appare come processo temporale, un insieme di cambiamenti e moti che richiedono una descrizione spazio-temporale, non puramente spaziale. Lo spazio si temporalizza: "the weft of space is woven by the vertical warp of the times", dove un punto spaziale è un insieme storico-temporale di eventi, P = [e1, e2, e3, e4, …]. Esempi quotidiani, come una città o una casa, illustrano questa processualità: Messina non è mero luogo geografico, ma "the historical-temporal set of events, of the processes that took place there"; similmente, una casa è "a time series of events, of processes". Questa teoria relazionale supera approcci matematici astratti, definendo geometria e cinematica in termini di relazioni tra eventi e sistemi temporali alternativi: "Position in space is merely the expression of diversity of relations to alternative time-systems". Whitehead critica l'eternalismo quadridimensionale, perdurantismo ed endurantismo, affermando una realtà processuale, res successiva, contro visioni statiche del tempo come illusione. La sua cronogeometria relazionale, libera da presupposti platonici, struttura la fisica dalla logica degli eventi alla geometria metrica, implicando un'ontologia relazionale che vede la Natura come organismo vivo, con etica cosmica e immagine divina come amore creativo in evoluzione.
//: t 21.20
Argomento numero 21: Interazioni di scambio e sviluppo della teoria nucleare negli anni '30
Interazioni di scambio tra Europa e Giappone: contributi di Heisenberg, Majorana, Fermi, Yukawa e Tomonaga alla nascita della teoria nucleare e del neutrino.
Il testo esamina lo sviluppo delle interazioni di scambio nella fisica quantistica e nucleare negli anni '30, partendo dalle origini con Heisenberg nel 1926, che introdusse il concetto in connessione con la descrizione quantomeccanica di sistemi di particelle identiche, applicandolo al momento dipolare dell'atomo di elio. Il concetto si estese alla fisica molecolare grazie a Heitler e London nel 1927, che posero le basi della teoria quantistica del legame chimico omopolare, introducendo l'idea intuitiva di elettroni che letteralmente scambiano posizioni intorno ai nuclei diversi, denotata con il termine tedesco Austausch. In nucleare, dopo la scoperta del neutrone nel 1932, Heisenberg descrisse l'interazione protone-neutrone come un meccanismo di scambio, paragonandolo all'ione molecolare H₂⁺, dove "un cambio di posto della carica negativa avviene con una frequenza data da una funzione (1/h) J® della distanza tra le due particelle". Majorana migliorò questa teoria nel 1933, correggendo il segno dell'integrale di scambio J® e assumendo che l'interazione scambi solo le coordinate di posizione di protone e neutrone, lasciando inalterati gli spin, per spiegare la saturazione della particella α e lo spin corretto dello stato fondamentale del deuterio. Fermi, nel 1934, sviluppò la teoria del decadimento β, analogizzando l'emissione di elettrone e neutrino alla creazione di fotoni da un atomo eccitato, usando la quantizzazione di secondo ordine e l'ipotesi del neutrino di Pauli, con l'Hamiltoniana che permette la creazione e annichilazione di particelle leggere. In Giappone, influenzati dalle lezioni di Heisenberg e Dirac nel 1929, Yukawa concepì nel 1935 l'idea di un'interazione mediata da mesoni virtuali, proponendo un potenziale di forma ±g² e^{-λr}/r, associato a quanti massivi che mediano le forze nucleari, unificando così interazioni nucleari e β. Tomonaga, collaborando con Nishina, investigò il raggio delle interazioni protone-neutrone e l'energia di legame del deuterio, prevedendo un nuovo stato quantico del deuterio combinando forze di Heisenberg e Majorana. Il contributo giapponese si intreccia con quello europeo, con Yukawa che riconobbe l'influenza di Tomonaga nei calcoli sull'Hamiltoniana per particelle pesanti. Il testo discute anche le tre idee sul neutrino: Pauli (1930) lo introduce come costituente nucleare non relativistico emesso nel decadimento β; Fermi (1933-1934) lo descrive come fermione relativistico analogo all'elettrone, con antineutrini distinti nel formalismo del mare di Dirac; Majorana (1937) propone che neutrino e antineutrino siano la stessa particella neutra, eliminando stati di energia negativa e simmetrizzando la teoria quantistica. Queste idee culminano in progressi come la teoria V-A e l'ipotesi di massa di Majorana per i neutrini, rilevanti per la fisica moderna delle particelle.
//: t 22.21
Argomento 22: Wheeler, Schwinger e i conflitti nella fisica del XX secolo
Confronto tra John Archibald Wheeler e Julian Schwinger come figure emblematiche di approcci divergenti alla fisica delle particelle, con enfasi sui loro usi della storia per opporsi al mainstream.
Il testo esamina le traiettorie di John A. Wheeler e Julian S. Schwinger, due fisici del Novecento che, pur condividendo interessi in fisica delle particelle, incarnarono mondi opposti: Wheeler con convivialità e immagini euristiche, Schwinger con isolamento e virtuosismo formale. Entrambi si distaccarono dalla "folla delle particelle" attraverso strategie storiche, Wheeler con il "daring conservatism" ispirato a Bohr ed Einstein per rivitalizzare la relatività generale contro lo "zoo delle particelle" e l'"industria dei pioni" negli anni '50, come quando affermò di preferire "marciare in un'altra direzione" quando vede "un branco che corre da una parte". Schwinger, negli anni '60 e '70, sviluppò la "source theory" come alternativa fenomenologica alle teorie quantistiche dei campi, usando esempi storici come Boltzmann o Leonardo da Vinci per criticare il conformismo, identificandosi con figure emarginate e prevedendo che il mainstream si sarebbe pentito, come in "Conflicts in Physics" del 1977. Il sommario evidenzia somiglianze inaspettate, come il disgusto per l'"istinto di gregge" e l'uso della storia non come retorica ma come identificazione empatica con il passato, opponendosi a narrazioni progressiste lineari. Si menzionano temi minori come il ruolo di Wheeler nel progetto Matterhorn e l'orgoglio di Schwinger per non aver contribuito alla bomba atomica, e il loro dialogo indiretto con la crisi metodologica della fisica post-bellica. L'analisi propone un "diptych" storiografico per rivelare risonanze, trasformando ritratti convenzionali: Wheeler non solo leader nucleare ma ribelle contro l'ad hoc theorizing, Schwinger non solo formalista ma empatico verso il passato. Una seconda sezione estende a Wheeler's "universo partecipatorio" nel contesto copernicano del 1973, con il discorso "The Universe as Home for Man" che sfida il centro-egocentrismo copernicano estendendolo al "now-centeredness" quantistico, influenzato dalla crisi della geometrodinamica e da Dicke, proponendo un "super-Copernican principle" dove osservatori-participants forggiano la realtà, come nel "Leibniz logic loop" che lega mente e universo attraverso atti di osservazione, citando: "la analisi del mondo fisico, perseguita a sufficienza profondità, condurrà indietro in qualche modo nascosto all'uomo stesso, alla mente cosciente". Questo evolve in una cosmologia auto-riferenziale, de-antropomorfizzata, dialogando con dibattiti antropici ma criticando visioni naturalistiche, con echi in Dyson e Prigogine contro un universo "senza senso".
//: t 23.22
Argomento numero 23: Il modello di Hodgkin-Huxley e contributi alla storia della fisica
La ricostruzione storica e filosofica del modello di Hodgkin-Huxley come pietra miliare della neurofisiologia, integrata da interviste e analisi epistemologiche su simmetrie e meccanica quantistica.
Il modello di Hodgkin-Huxley, pubblicato nel 1952, descrive quantitativamente il potenziale d'azione nelle cellule nervose attraverso meccanismi ionici, applicando leggi fisiche come quelle di Ohm e Nernst. Hodgkin e Huxley, lavorando su assoni giganti di calamaro, utilizzarono la tecnica del voltage clamp per misurare correnti ioniche e derivare equazioni che modellano la conducibilità di sodio e potassio, come "I = gE", dove la corrente equals il prodotto di conducibilità e differenza di potenziale. Il modello divide il corrente totale in capacitivo e ionico, con parametri fissi come la capacità della membrana e forze elettromotrici di equilibrio, e variabili dipendenti dal potenziale come m, h e n per l'attivazione e inattivazione dei canali. Nonostante incompletezze, esso spiega fenomeni come la depolarizzazione e il potenziale di riposo, confutando interpretazioni fenomeniste di Craver che lo riducono a mera descrizione matematica senza causalità molecolare.
Oleksowicz ricostruisce la storia del modello per argomentare il suo ruolo esplicativo, distinguendo descrizione da spiegazione: "the problem with Craver’s reading of the HH model stems from the unwarranted assumption that explanations and descriptions should always proceed hand in hand". Esso integra esperimenti del 1939 con assunzioni teoriche, dimostrando flussi ionici rapidi di Na+ seguiti da K+, e canali di leakage per il potenziale di riposo. Applicando Ohm e Nernst, il modello quantifica la permeabilità, prevedendo con accuratezza il comportamento elettrico della membrana, pur con idealizzazioni come conduttori ohmici. Filosoficamente, esso sfida visioni instrumentaliste, guidando ricerche su canali ionici e meccanismi molecolari, e incorpora generalizzazioni matematiche che vincolano l'importo esplicativo. Il testo menziona interviste a esperti come Thierry Courvoisier e altri, suggerendo temi minori su contributi italiani alla fisica internazionale, simmetrie in Curie e transizioni quantistiche in Fermi, ma il nucleo resta il HH come esempio di fisica applicata alle scienze della vita.
//: t 24.23
Il Bureau des longitudes (1795-1932) - Argomento numero 24
Istituzione scientifica francese nata durante la Rivoluzione per riorganizzare l'astronomia e la navigazione, evolve in accademia specializzata su effemeridi, geodesia e metrologia.
Il Bureau des longitudes, creato nel 1795 come "accademia di scienze astronomiche" per controbilanciare la disorganizzazione post-rivoluzionaria, riunisce astronomi, navigatori e fabbricanti di strumenti in sedute settimanali presso l'Osservatorio di Parigi fino al 1854, poi all'Institut de France dal 1875. I membri fondatori includono Lagrange, Laplace, Cassini IV, Delambre e Méchain, che promuovono il sistema metrico attraverso misurazioni geodetiche, come "la misura di un arco di meridiano terrestre che permise di definire teoricamente il metro". L'istituzione si distingue dal Board of Longitude britannico, abrogato nel 1828, per la sua continuità e ruolo nel progresso scientifico-tecnologico francese, supportando l'impero coloniale con osservatori come quello di Montsouris e spedizioni internazionali. Nel XIX secolo, estende competenze a fisica del globo e geodesia dinamica, organizza conferenze su costanti astronomiche e tempo, e contribuisce al Bureau international des poids et mesures a Sèvres. Ignorato dagli storici per visioni riduttive, come quelle di Le Verrier che lo definiva "coquilles vides et sans intérêt", il Bureau funge da "potere a geometria variabile" che armonizza comunità accademiche, militari e industriali, elargendo strumenti a osservatori provinciali e coloniali.
Il progetto ANR "Le Bureau des longitudes (1795-1932), de la Révolution française à la Troisième république" (2016-2022), coordinato da Martina Schiavon, digitalizza ventiduemila fogli di verbali manoscritti, creando database su 274 membri (molti anche all'Académie des sciences), oltre cinquemila persone citate e 760 strumenti dal 1795 al 1895, accessibili su http://bdl.ahp-numerique.fr/. I verbali rivelano reti sociali e strategie professionali, come il ruolo di "artisti" per fabbricanti quali Lenoir, Lerebours e Breguet, e l'evoluzione da tutela dell'Osservatorio a diplomazia scientifica internazionale. Un work in progress esamina italiani post-unitari citati nei verbali: membri corrispondenti come Righi (citato per l'effetto Zeeman e conferenze sull'ora), Volterra (coinvolto in riorganizzazioni post-belliche e metrologia) e Boccardi (direttore dell'Osservatorio di Torino, che richiede sussidi per effemeridi e stazioni telegrafiche). Tra 138 italiani (2,7% delle citazioni), prevalgono astronomi come Santini, Respighi, Abetti e Tacchini, menzionati per osservazioni, correzioni effemeridiche e relazioni istituzionali; temi minori includono strategie di nomine, influenze sismiche su strumenti e diplomazia, come la rete mondiale di longitudini discussa nel 1917-1923, dove "si installerà il centro geodetico a Parigi". Questi elementi illustrano il Bureau come cenacolo intimo per negoziazioni sensibili, distinto dall'Académie per il suo focus tecnico e internazionale.
//: t 25.24
Argomento numero 25: Orologi e meridiane a Padova
Un percorso geo-storico attraverso gli strumenti di misura del tempo incastonati nel tessuto urbano della città.
Il testo esplora gli orologi e le meridiane di Padova come elementi artificiali stratificati nella città, modellati dalle necessità umane e dalle innovazioni scientifiche. Ogni manufatto porta una storia di fatiche e invenzioni, rivelando tracce del passato nel presente attraverso un itinerario che trasforma palazzi, strade e torri in un palcoscenico dinamico. "La città è un luogo artificiale costruito e nel tempo stratificato, anno dopo anno, cosa sopra altre cose", e "ogni oggetto nella città è artificiale, non è lì casualmente ma è stato costruito, trasportato, voluto, pensato". Questo percorso, adatto a visite didattiche o individuali, si chiude in un anello partendo dal centro, immergendo il visitatore in un viaggio nella storia viva, dove il tempo scorre e rinnova.
L'orologio di Piazza dei Signori occupa tre piani della torre con ingranaggi e pesi motore, regolato dal temperatore che osserva il tramonto; il quadrante rappresenta un sistema tolemaico con Terra al centro, Lune, Sole e stelle in rotazione, indicando fasi lunari, età della Luna e ore in un ciclo di ventiquattro ore. "Tutta la torre, quindi, era una grande macchina del tempo e il temperatore era parte della macchina". Tre meridiane esemplificano evoluzioni: quella di via Brondolo, grande e con ore francesi corrette per il fuso CET dal 1893, mostra curve di declinazione e numeri romani; la moderna Casa del Clero, traforata al laser, proietta luci con motto "HOMINI HORA AETERNITAS DEO" ("per gli uomini i momenti, le cose effimere, brevi, passeggere; a Dio l’eterno") e lemniscate per l'equazione del tempo; ponte Sant’Agostino integra calendario zodiacale, linee orarie in romani e diagramma per l'ora civile. Motivi minori emergono nel castello, con orologio per la reclusione carceraria che segna "il tempo dell’attesa" e "l’ora d’aria", e nel Salone del Palazzo della Ragione, dove nel 1788 si adotta l'ora francese su quadrante a dodici ore affiancato da meridiana equinoziale di Toffoli.
L'orologio del Bo, dal 1440 legato all'università, subisce ampliamenti, rimozioni e parafulmine di Toaldo nel 1777, sperimentando l'ora francese nel 1788 tra resistenze popolari; ridotto nel 1914 per instabilità, resta fermo con quadrante azzurro. Il Boulevard, nato dalla rivoluzione industriale con ferrovia del 1842, collega centro e stazione attraverso viale rettifilo del primo Novecento, orologi su palazzi bancari e poste in stile Liberty segnano l'ora civile sincronizzata dal telegrafo e CET del 1893, abituando alla standardizzazione nazionale. "Con la ferrovia tutto diventava più veloce e le distanze sembravano accorciarsi". Infine, l'arredo urbano contemporaneo dissemina orologi analogici bifacciali su pali, illuminati e sincronizzati via radio, sostenendo pubblicità su tabelle traslucide, eredi di iniziative contro la "pubblicità selvaggia" post-litografia del 1796, ora spesso vuote per calo della domanda.
//: t 26.25
Argomento 26: Angelo Secchi e la fotografia astronomica pionieristica
Le prime applicazioni della fotografia alle osservazioni celesti nel XIX secolo, con focus sulle innovazioni di Angelo Secchi.
Il fondo iconografico dell'Inaf-Osservatorio Astronomico di Roma conserva le fotografie pionieristiche di Angelo Secchi, gesuita e astronomo che dal 1851 al 1860 sperimentò procedimenti come dagherrotipo, carta salata e albumina per ritrarre Sole, Luna ed eclissi, contribuendo a scoperte come la natura fisica della corona solare. Queste immagini, parte di un archivio che include documenti dal XVII al XX secolo ereditati dagli osservatori del Collegio Romano e del Campidoglio, testimoniano l'evoluzione della fotografia scientifica: "Le fotografie di Angelo Secchi nel Fondo iconografico Inaf-Osservatorio Astronomico di Roma" (8971), con ritratti di astronomi, strumenti e spedizioni ottocentesche (8975). Secchi, pioniere dopo i tentativi di Daguerre sulla Luna nel 1839 e di Draper nel 1840, catturò l'eclissi solare del 28 luglio 1851 dalla torre Calandrelli con il cannocchiale Cauchoix, producendo tre dagherrotipi che rivelarono la corona solare: "riprese il Sole eclissato, allo stesso cannocchiale di Cauchoix applicando all’oculare una camera oscura" (8991), con dettagli come "le montagne lunari proiettate sul disco solare" (8993). Contemporaneamente, Berkowski a Königsberg e Whipple negli USA ottennero immagini simili, confermando protuberanze e corona come fenomeni solari (9011).
Nel 1857-1858, Secchi collaborò con Francesco Barelli per il primo atlante lunare su carta all'albumina, sette stampe delle fasi lunari dal 4° al 14° giorno ottenute con il telescopio Merz: "Mappe fotografiche delle principali fasi lunari" (9013), presentate all'Académie des Sciences e premiate a Firenze nel 1861 (9018). L'eclissi del 18 luglio 1860 in Spagna, osservata da Las Palmas con carta salata, produsse nove negativi annotati sulle protuberanze, in parallelo alle riprese di de la Rue e Airy che confermarono la scoperta: "dal raffronto delle immagini da loro prodotte si confermò definitivamente l’appartenenza della corona al Sole come fenomeno fisico" (9039). Secchi adattò procedimenti innovativi – dagherrotipo unico e irriproducibile (9061), carta salata per stampe multiple (9067), albumina per maggiore definizione (9074) – come affermò: "La fotografia, questa bella conquista della moderna chimica, che tanti servizi ha reso allo studio delle belle arti e della fisica, non poteva restare inoperosa nelle mani degli astronomi" (9053). L'archivio include anche materiali di Wolynski sul Museo Copernicano a Villa Mellini (9077). Attualmente, si conducono revisioni conservative, catalogazioni ICCD e restauri minimi per preservare questi "portrait d’astres" (9054), con analisi di degrado chimico e biologico (9087), supportate da tirocini universitari (9089).
//: t 27.26
Argomento 27: Il Museo Enrico Fermi e le attività di divulgazione scientifica
Un luogo di memoria storica e ricerca contemporanea dedicato a Enrico Fermi, che integra museo, laboratori e progetti educativi per diffondere la scienza.
Il Museo Enrico Fermi, situato nella storica palazzina di via Panisperna a Roma, preserva l'eredità scientifica del gruppo di fisici guidato da Enrico Fermi negli anni Trenta, quando condussero esperimenti sulla radioattività indotta da neutroni che valsero a Fermi il Nobel del 1938. Nato come mostra itinerante nel 2015, ha trovato sede permanente nel 2019 dopo un restauro filologico, ospitato al piano terra del Regio Istituto di Fisica inaugurato negli anni Ottanta dell'Ottocento. Il percorso museale combina oggetti tradizionali, pannelli e tecnologie multimediali per illustrare una dozzina di tappe significative della vita e delle scoperte di Fermi, intrecciando scienza e storia del Novecento, come il primo Congresso Internazionale di Fisica Nucleare del 1931 che permise ai "ragazzi di via Panisperna" di affacciarsi al panorama internazionale. La palazzina stessa, inclusa la "Fontana dei pesci rossi" riconosciuta come sito storico dalla European Physical Society nel 2012, e la scalinata iconica del 1931, formano parte integrante del visitatore's esperienza. Riaperto nel marzo 2022 dopo la pandemia, il museo ha registrato oltre 2300 presenze da gennaio a giugno 2023, con l'80% da scuole, grazie a open day mensili e accessi settimanali per istituti scolastici.
Il Centro Studi e Ricerche ‘Enrico Fermi’ (CREF), istituito nel 1999, condivide la sede e persegue una duplice missione: ricerca interdisciplinare nello spirito di Fermi e ampia diffusione della sua eredità attraverso il museo e attività di outreach. Persuasi della centralità del concetto di ‘citizen science’, gli sforzi mirano a divulgare la scienza in modo appealing, combinando storia, didattica e ricerca, con enfasi su comunicazione, accessibilità e inclusività. Proposte formative includono cicli di conferenze su storici della scienza, presentazioni di libri e proiezioni di film sulla fisica del Novecento legata a via Panisperna, rivolte a scuole e pubblico generale. Laboratori al piano seminterrato – su beni culturali, fisica computazionale e Extreme Energy Events (E.E.E.) – estendono le visite, permettendo ai ricercatori di guidare esplorazioni su temi come ricette antiche o computer quantistici. Il Progetto E.E.E., iniziato nel 2004 al CERN, coinvolge oltre 80 scuole superiori italiane in un osservatorio di raggi cosmici con 60 telescopi MRPC, dove studenti partecipano attivamente dalla costruzione alla analisi dati, favorendo la cultura scientifica; ha esteso attività remote durante il COVID e iniziative come la Missione PolarquEEEst alle Svalbard con scuole internazionali, e misure a bordo della nave "Amerigo Vespucci". Progetti per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (P.C.T.O.) integrano E.E.E., fisica dei beni culturali e "The Smartphone Physics Challenge", che usa smartphone per misure scientifiche, stimolando riflessione e invenzione. Prospettive future prevedono ampliamenti museali, come una timeline bilingue sulla storia della palazzina dall'Unità d'Italia agli anni Trenta, reti con enti come AMSI e partnership per eventi come il Festival della Scienza di Genova o la Notte europea dei Ricercatori, puntando a un pubblico sempre più vasto di studenti per un apprendimento critico e consapevole nella società della conoscenza.
//: t 28.27
Argomento 28: Tecnologie Digitali e Atlanti Celesti nel Patrimonio Astronomico INAF
La valorizzazione del patrimonio culturale astronomico attraverso innovazioni digitali e mostre virtuali.
Il testo descrive gli avanzamenti nelle tecnologie digitali applicati alla conservazione e promozione del patrimonio culturale astronomico, con focus sui progetti INAF per la digitalizzazione e l'esposizione virtuale di atlanti celesti storici. Vengono illustrate le opportunità offerte da strumenti come realtà virtuale, tour virtuali e app per smartphone, che durante la pandemia Covid-19 hanno ampliato l'accesso a musei e osservatori, permettendo ai visitatori di "seguire il programma delle principali istituzioni culturali" comodamente da casa, come nei casi del Museo dell'Automobile di Torino o del Boijmans Museum di Rotterdam. L'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) contribuisce con tour virtuali di edifici storici, modelli 3D di strumenti astronomici e mostre virtuali, enfatizzando come queste tecnologie non sostituiscano l'esperienza reale ma "aumentino la conoscenza e migliorino la promozione del patrimonio culturale".
Un aspetto centrale è la collezione di atlanti celesti preservata negli osservatori INAF, che rappresenta un patrimonio di oltre 7000 libri rari, inclusi 19 incunabula e 30 manoscritti, oltre a 1200 strumenti dal XI secolo al 1900 e 3 milioni di documenti archivistici. Questi atlanti, opere che fondono "arte, mitologia e scienza", tracciano l'evoluzione della cartografia celeste dalla "Uranometria" di Johann Bayer (che apre l'"età dell'oro" grazie alla precisione delle posizioni stellari derivate da Tycho Brahe) ai lavori di Hevelius, Cellarius, Doppelmayer, Flamsteed e Bode, fino alle survey stellari del XIX-XX secolo che precedono le indagini satellitari moderne come Gaia e Kepler. I progetti "Cosmic Pages" e "Touch Sky" mirano a valorizzare questa collezione attraverso catalogazione sistematica, digitalizzazione innovativa e integrazione nel portale "Polvere di Stelle", rendendo accessibili globalmente volumi come il "Prodromus astronomiae" di Hevelius (1690), con dettagli come la "Costellazione della Giraffa".
La mostra virtuale "Look up!" (accessibile da PC, tablet, smartphone o Oculus) struttura un ambiente immersivo in tre sale tematiche – stelle, Luna e Sistema Solare – con atlanti su leggii, elementi centrali (globo celeste, Luna, rappresentazione di Marte) e interazioni via hotspot per sfogliare volumi, visualizzare modelli 3D (es. resto della supernova di Tycho del 1572) e video su fenomeni come gli anelli di Saturno o le fasi lunari di Hevelius. Una guida virtuale, "Lu", con voce di Luca Violini, orienta gli utenti fornendo contesto storico e scientifico. L'identità visiva include un logo con stelle, Luna e Sistema Solare, codici colore (viola per stelle, verde per Luna, arancione per Sistema Solare) e un manuale grafico.
Complementari sono i laboratori educativi, sei in totale (due per tema), condotti in partnership con Save the Children in "Punti Luce" per oltre 300 bambini dai 6 ai 15 anni in zone svantaggiate (Torino, Milano, Venezia, Roma, Napoli, Palermo, Catania), dal novembre 2023, per sensibilizzare sullo sviluppo scientifico e contrastare l'abbandono scolastico, usando il patrimonio astrofisico come "strumento di crescita" per favorire autodeterminazione e passione. Questionari pre e post-attività valutano apprendimento e soddisfazione, confermando l'interesse e la comprensione dei concetti. Il progetto si completa con un catalogo "Cosmic Pages: stellar atlases in Italian astronomical observatories" (Chinnici & Gargano 2022) e il documentario "Touch sky carte mappe atlanti stellari" trasmesso su Rai Cultura, sottolineando la continuità tra passato e ricerca contemporanea: "la rappresentazione esatta del cielo non è un'impresa scientifica conclusa nel passato: segna la ricerca contemporanea e anche il vicino futuro". Pur conclusi formalmente, i progetti proseguono con traduzioni e ampliamenti per una diffusione globale, proteggendo il patrimonio per generazioni future.
//: t 29.28
Argomento 29: La fisica come cultura nell'educazione
La fisica integra aspetti culturali per una formazione olistica, superando barriere tra disciplina e umanità.
Il testo affronta le sfide dell'insegnamento della fisica, interrogandosi su come elevare gli obiettivi formativi senza abbassare gli standard, come espresso in frasi come "Or will we, as teachers, find a way to be more effective and higher in our objectives without the need to lower the bar?". Propone profili diversificati per gli studenti, enfatizzando connessioni interdisciplinari, capacità di giudizio indipendente e abilità collaborative, con opzioni che spaziano dalla specializzazione settoriale a un profilo culturale alto legato a storia, filosofia ed epistemologia. Evidenzia la scarsa presenza della scienza nelle arti, notando che "in major theatres, it is still challenging to see scientific performances on the bill" e che opere come "Broken Symmetries" rimangono confinate al dominio scientifico, mentre manca un'arte ispirata alla fisica che tocchi il cuore, come lamentato da Feynman: "Why do the poets of the present not speak of it?". Sottolinea la simmetria del problema, con poca arte nei curricula universitari di fisica, e auspica un'interdisciplinarità autentica per una conoscenza matura. Definisce la cultura in dimensioni personali, sociali e disciplinari, criticando visioni riduttive che la vedono come dovere civico o ascensore sociale; invece, la cultura è "the pleasure of an endless exploration, a tool for understanding". La fisica contribuisce trasgredendo il pensiero comune, ponendo domande significative, come l'equivalenza tra moto e quiete o l'impatto della meccanica quantistica nel ridefinire le domande ammissibili, citando Weinberg: "it changed our idea of the questions that we are allowed to ask". Propone un Cultural Pedagogical Content Knowledge (Cultural PCK) che integra aspetti storici, filosofici ed epistemologici nell'insegnamento, evitando semplificazioni e connettendo conoscenza comune e disciplinare senza transitare per una "valle di minima conoscenza". L'università è centrale per questa rivoluzione, fornendo basi epistemologiche e sinergie con strumenti non formali, mentre la ricerca educativa supporta l'insegnamento storico e culturale, specialmente nella meccanica quantistica, utilizzando fonti primarie e secondarie per una ricostruzione educativa che attribuisca significato personale e sociale. Infine, enfatizza l'approccio "et et", rifiutando neutralità per un'integrazione attiva tra scienza e cultura, con esempi pratici come corsi dottorali e collaborazioni interdisciplinari.
//: t 30.29
Argomento numero 30: Sviluppo storico delle teorie della diffrazione
Sviluppo delle teorie della diffrazione dalla visione newtoniana all'approccio moderno con onde di bordo.
Le teorie della diffrazione si sviluppano storicamente attraverso due approcci principali. Il primo considera la diffrazione come un "effetto di bordo", dove "l'orlo agisce come una sorgente secondaria di luce e le onde dalla sorgente secondaria interferiscono con le onde non perturbate dalla sorgente originale sullo schermo di osservazione". Questo concetto precede Thomas Young, che lo attribuisce nel 1802 e 1804 nel contesto della teoria ondulatoria della luce, sebbene mostri incertezze, passando da "una specie di riflessione all'orlo" a un'atmosfera eterea intorno all'orlo. Prima di Young, De Mairan (1740) e Du Tour (1774) lo impiegano nella teoria emissiva, vedendolo come un problema di rifrazione in accordo con Newton (1730), affermando che "la Diffrazione [è] come una véritable Réfraction" e attribuendo l'ombra ingrandita a un'"atmosfera" invisibile intorno a un pelo o fibra. Young analogizza luce e suono, illustrando con schizzi in 'Table A' (Fig. 1) la propagazione da una sorgente puntiforme simile a onde sonore da una forcella.
Il secondo approccio, successivo, vede la propagazione della luce e la diffrazione come sovrapposizione di "elementari wavelet" in accordo con il principio di Huygens (1690). Augustin Fresnel inizia nel 1816 adottando l'effetto di bordo, ma passa a un trattamento sistematico della sovrapposizione di wavelet di Huygens dopo aver controllato parametri dell'orlo, ottenendo una descrizione riuscita del fenomeno. La teoria di Young decade per 80 anni a causa di attacchi personali e difficoltà matematiche, mentre il principio di Huygens diventa l'unico strumento per fenomeni diffrattivi, privo però di supporto teorico. Fresnel riceve fondamenti con la formula integrale di Helmholtz e Kirchhoff (1883), applicata alla sovrapposizione di wavelet sferiche con un fattore di obliquità per escludere propagazione negativa; questa integra wavelet sulla superficie di un'apertura in uno schermo assorbente. Maggi (1888) trasforma la formula in un integrale di linea intorno all'orlo, e Rubinowicz (1917-1966) valida direttamente la visione di Young con la teoria delle onde di bordo, convertendo l'integrale di superficie in uno lungo una linea chiusa Γ al confine dell'apertura, valido per onde sferiche e piane.
Il fenomeno di Grimaldi, il "brillante spot di luce all'orlo", emerge come evidenza empirica. Notato da Grimaldi (1665) e ignorato da Newton (1730), Young lo cita nel 1804; Sommerfeld (1954) lo analizza nella diffrazione da un semipiano conduttore, considerandolo un'"illusione ottica" poiché l'orlo non emette né assorbe energia. Esperimenti moderni con lame di rasoio illuminate da laser (Ganci 1989, 2012; Burniston Brown 1963) confermano la realtà: il brillio è visibile da tutte le direzioni senza variazioni significative di intensità, e osservato attraverso fenditure singole o doppie produce pattern di diffrazione di Fraunhofer (Figg. 3-4), con alto contrasto di frange. Questo rifuta l'illusione ottica, come dimostrato da fotografie con lente che formano immagini reali del brillio. Tali osservazioni evidenziano dubbi nell'insegnamento dell'ottica fisica, dove la sovrapposizione di wavelet di Huygens è presentata come unico approccio, lasciando studenti confusi; ad esempio, studenti chiedono "perché non vediamo i punti sorgente di Huygens dentro un'apertura?", e la risposta che sono "sorgenti virtuali" non convince. Nei testi di fisica generale, la diffrazione di Fraunhofer da fenditura singola si spiega come interferenza di punti sorgente nell'apertura, ma i minimi si giustificano ugualmente con "due sorgenti agli orli" di fase opposta in accordo con la teoria della diffrazione di bordo.
//: t 31.30
Argomento numero 31: Reinventare la scienza per le menti neurodivergenti
Reinventare la divulgazione scientifica in un mondo ipertecnologico, affrontando la disaffezione giovanile e le barriere per studenti con peculiarità neurobiologiche.
L'articolo esplora le sfide della divulgazione scientifica contemporanea, focalizzandosi su come coinvolgere le nuove generazioni, in particolare quelle neurodivergenti, attraverso storie di scienziati e metodi innovativi. Parte da una riflessione sul senso della scienza, definita anticamente come "knowledge" ma ora legata a "pragmatism, dogmatism and technological advance", e cita Galileo che nel 1623 immaginava una "widespread scientific community where everyone could make science freely". Enfatizza la necessità di combattere la "continuous loss of interest from students" e la "narrow mindset given by universities", proponendo approcci per affrontare "learning disabilities, ADHD, gifted, and autism audiences". Nel sommario, si analizzano biografie di figure come Richard Feynman, affetto da ADHD ma vincitore del Nobel nel 1965, per dimostrare che "anche queste grandi menti avevano delle peculiarità a livello neurobiologico che, nonostante le difficoltà, li ha portati a rivoluzionare letteralmente il mondo scientifico". Si critica l'esclusione scolastica, con studi che evidenziano uno "scarto importante del 50% dell'apprendimento scientifico" per studenti con bisogni speciali, dovuto a "percorsi separati" e testi inaccessibili che causano "abilismo". In Italia, si nota la lentezza dell'integrazione, con l'ultimo rapporto MIUR del 2017 e ritardi rispetto a leggi come la Basaglia del 1978, portando a "abbandono scolastico". Si propongono soluzioni ispirate a divulgatori come Carl Sagan, Stephen Hawking e Margherita Hack, che usavano "immaginazione, curiosità e fluidità del discorso" per rendere visibile una scienza "invisibile", come nella serie Cosmos del 1980. Cinque punti cardine emergono per migliorare la relazione scolastica: ironia per "creare nuove connessioni neuronali", musica come calmante per ADHD, creatività per coltivare "pensiero divergente", flipped classroom e peer to peer per favorire collaborazione, e il "Metodo Laura Bassi" che coniuga teoria e pratica di laboratorio. L'articolo conclude auspicando una comunità scientifica senza barriere, realizzando il sogno di Galileo di una scienza unita dal "piacere della scoperta". Una sezione separata descrive la collezione di libri di Corrado Bonfanti all'I.T.S. Alessandro Volta, con testi del primo Novecento su meccanica quantistica, relatività e televisione, che illuminano la storia della fisica e il suo insegnamento, come i libri di Carrelli e Persico del 1932-1936 post-scoperta del neutrone.
//: t 32.31
Argomento numero 32: Il ruolo della storia della scienza nell'insegnamento universitario di fisica e chimica
Integrazione di prospettive storiche nei testi e nelle pratiche educative per comprendere l'evoluzione dinamica della conoscenza scientifica.
Lo studio esamina l'importanza di incorporare la storia della scienza nell'educazione universitaria di fisica e chimica, attraverso l'analisi di testi storici e contemporanei. Si parte da un approccio tradizionale che presenta la scienza come statica, radicata nella visione del XX secolo, per passare a un'integrazione di insights storici che rivelano la natura dinamica della conoscenza. "Contemporary education research underscores the significance of integrating historical insights into university-level Physics and Chemistry instruction" viene tradotto come ricerca educativa contemporanea che sottolinea l'importanza di integrare insights storici nell'insegnamento universitario di fisica e chimica. Questo approccio affronta le sfide di apprendimento degli studenti, parallele alla costruzione storica del sapere, enfatizzando la metascientifica e il carattere dinamico della scienza.
Nel caso della chimica organica, si analizza l'evoluzione del concetto di struttura del benzene nei testi, dal 1874 con Armstrong al 2008, identificando narrazioni storiche come diacroniche, whig, ricorrenti o pseudo-storiche. "Textbooks usually present benzene and aromatic compounds studies using a brief historical introduction" si traduce in testi che presentano studi su benzene e composti aromatici con una breve introduzione storica. Per la termodinamica, si esaminano i testi seminali di Planck (1897) e Fermi (1936), che introducono leggi fondamentali da fatti empirici, integrando teorie cinetiche e statistiche per spiegare fenomeni macroscopici. "Max Planck and Enrico Fermi established seminal works in formulating thermodynamic laws" diventa Max Planck ed Enrico Fermi hanno stabilito opere seminali nella formulazione delle leggi termodinamiche. I risultati promuovono la lettura ricorsiva dei testi per insegnanti, arricchendo la comprensione e affrontando ostacoli educativi, con riflessioni su come la storia trasformi le pratiche didattiche senza isolare l'educazione dalla ricerca scientifica. Temi minori includono l'uso di rappresentazioni esterne come equazioni e grafici, e l'impatto su concetti come entropia e risonanza.
//: t 33.32
Argomento 33: Evoluzione storica della fisica e suo ruolo nella didattica
La transizione dalla contemplazione razionale alla ricerca sperimentale attiva, intrecciata con cambiamenti etici e culturali, per una comprensione più profonda della natura attraverso la storia.
La fisica antica, radicata in un ethos contemplativo greco, evolve con il cristianesimo e l'umanesimo verso un approccio sperimentale moderno, che integra tecniche e arti pratiche per superare i limiti della ragione pura. Questo passaggio, da Aristotele agli atomisti ripresi nella fisica moderna, riflette una relazione mutata tra uomo e natura, da distaccata a attiva e prossima, come emerge nella "rivoluzione francescana" del XII-XIII secolo, dove "l'universo era la creazione della volontà di Dio, essendo questa imperscrutabile" e né ragione né esperienza bastano a conoscerlo. L'immagine della natura, specchio di un ethos vitale, si lega a una vita attiva di cura altrui, opposta alla contemplazione imperturbabile, con Dio che "non restava imperturbabile di fronte alle sofferenze del nostro mondo, ma addirittura vi partecipava assumendo forma corporea". Con Rinascimento e Umanesimo, saperi pratici fioriscono: "si poteva usare un cannocchiale non solo per avvistare prima l'arrivo di nemici, ma anche per guardare meglio il cielo", rendendo prossime le stelle e abolendo distanze contemplative. La fisica moderna emerge così come indagine sperimentale metodica, con strumenti come telescopi e pompe che provano il vuoto, non più disputato filosoficamente ma "provabile sperimentalmente". La meccanica diviene centrale, parte di un ethos di "ricerca attiva", dove immaginazione e arti tecniche estendono la comprensione oltre i fini pratici, restituendo un'"auto-comprensione collettiva" di epoche e culture.
Nella didattica, la storia della fisica illumina percorsi non lineari, integrando ricostruzioni di esperimenti storici per una comprensione attiva. Esempi da Dante e Virgilio, che superano il centro della Terra invertendo la gravità – "’l punto al qual si traggon d’ogne parte i pesi" – collegano letteratura e scienza, con Galileo che immagina pozzi trans-terrestri per studiare il moto, accelerando fino al centro e decelerando simmetricamente. Antichi come Plutarco e Archimede concepiscono la Terra sferica per gravità intrinseca, non centralità cosmica: "la gravità è una proprietà della materia" che attrae parti affini, idea ripresa da Copernico e Keplero come "appetito naturale" per forme globulari. Ricostruzioni in classe, come il piano inclinato galileiano, dilatano la caduta per misure precise, rivelando superamenti aristotelici: un corpo "ha da natura intrinseco principio di muoversi verso ’l comun centro de i gravi, con movimento continuamente accelerato". Questo approccio, da esperimenti galileiani su attrito viscoso – "il mezzo si oppone con resistenza or minore ed or maggiore" – a principi di inerzia embrionali, favorisce riflessioni su ripetibilità e precisione, contrastando narrazioni semplificate dei manuali. In astronomia, contestualizzare scoperte con storia, da cannocchiali galileiani a spettrografi ottocenteschi, rende umana la scienza: "la scienza non segue un percorso lineare, è costellata di errori tanto quanto di intuizioni corrette". Progetti didattici su percorsi storici sperimentali, come quelli di Esposito, producono "processi reali" per apprendere praticando, mentre approcci connettivi di Holton e Galili enfatizzano storie multiple per motivare studenti, integrando storia in percorsi concettuali per un apprendimento attivo e contestualizzato.