A History of Mechanics - Lettura (21x) - René Dugas
1. Postulati e proposizioni di Archimede su equilibrio e corpi galleggianti
Trattazione dei principi meccanici e idrostatici in Archimede, con dimostrazioni e analisi critiche.
Sommario
Il blocco illustra i postulati assiomatici di Archimede sull'equilibrio dei pesi, seguiti da proposizioni dimostrate logicamente, e passa poi ai principi dei corpi galleggianti. Inizia con riferimenti testuali: la tesi di Adrasto è nota tramite "A Collection of Mathematical Knowledge useful for the Reading of Plato" di Teone di Smirne, tradotta da Peyrard nel 1807 e da Ver Eecke nel 1938. Archimede postula che "equal weights suspended at equal distances (from a fulcrum) are in equilibrium", che pesi uguali a distanze disuguali inclinano la leva verso il maggiore, e che aggiunte o sottrazioni alterino l'equilibrio di conseguenza; include anche che figure piane simili coincidono nei centri di gravità, definiti in un manoscritto perduto. Da questi fondamenti derivano proposizioni come la proporzionalità inversa tra pesi e distanze per l'equilibrio, dimostrata in Proposizione VI attraverso una reductio ad absurdum che assume il prodotto peso-distanza come misura dell'effetto, citando: "Commensurable magnitudes are in equilibrium when they are reciprocally proportional to the distances at which they are suspended". L'analisi critica nota assunzioni implicite, come il carico sul fulcro uguale alla somma dei pesi e il principio di sovrapposizione, rendendo impossibile una dimostrazione logica pura di Proposizione VI solo dai postulati. Il trattato sull'Equilibrio dei Piani determina centri di gravità per figure geometriche, culminando nel segmento di parabola (Libro II, Proposizione VIII). Si passa poi ai Corpi Galleggianti, partendo dall'ipotesi che "the nature of a fluid is such that if its parts are equivalently placed and continuous with each other, that which is the least compressed is driven along by that which is the more compressed". Proposizioni successive dimostrano che la superficie di un fluido a riposo è sferica, centrata nella Terra; che un corpo con peso uguale a volume equivalente di fluido affonda fino alla superficie senza scendere oltre, origine del Principio di Archimede, con prova che assume compressione verticale e piramidi concentriche al centro terrestre; che corpi più leggeri galleggiano parzialmente, immersi fino a eguagliare il peso del fluido displaciato; e che immersione forzata genera spinta verso l'alto pari alla differenza di pesi. Il Libro I conclude con corpi spinti verticalmente attraverso il loro centro di gravità; il Libro II modifica il principio per solidi immersi, proporzionando peso a volume sommerso, e studia l'equilibrio di un segmento retto di conoide parabolico, approssimando la superficie libera come piano e verticali come parallele per utilità pratica, simile allo scafo di una nave. Temi minori emergono nelle approssimazioni idrostatiche e nelle estensioni a n grandezze, con corollari per casi pari o dispari. Il blocco sfocia in fonti alessandrine, accennando ai Meccanici di Erone, che discute leve non rette usando il momento, in una versione araba del II secolo d.C.
Riferimenti minori
Traduzioni: Peyrard (1807), Ver Eecke (1938). Note critiche: Fourier su simmetria; Mach, Mechanics, p. 21.
2. La dottrina dell'impeto e le scienze naturali nel XIV secolo
Sviluppo della teoria dell'impeto e analisi della sfericità terrestre nella tradizione scolastica.
Il blocco di testo esamina la dottrina dell'"impeto" introdotta da Giovanni Buridano, contrapposta alla dinamica aristotelica, e le contribuzioni di Alberto di Sassonia sulla gravità e la cinematica. Buridano, rettore dell'Università di Parigi nel 1327, propone che "qualunque agente che muove un corpo gli imprime un certo impeto, una certa potenza che è capace di muovere il corpo nella direzione impressagli all'inizio", sia verso l'alto, il basso, di lato o in cerchio; questo impeto, proporzionale alla velocità iniziale, alla densità e al volume del corpo, spiega il moto dei proiettili e l'accelerazione della caduta, dove "l'esistenza dell'impeto sembra essere la causa per cui il moto naturale di caduta dei corpi accelera indefinitamente". L'impeto diminuisce per resistenza dell'aria o gravità, ma persiste indefinitamente senza ostacoli, germe del principio d'inerzia; Buridano lo applica anche ai corpi celesti, sostenendo che Dio impartì un impeto eterno alle stelle al momento della creazione, senza necessità di intelligenze motrici continue. Alberto di Sassonia, rettore nel 1353, rafforza la prova della sfericità della Terra con misurazioni di gradi di meridiano e corollari come "se due torri verticali sono costruite, più alte diventano, più si allontanano l'una dall'altra", o che un uomo sulla superficie terrestre ha la testa che si muove più velocemente dei piedi. Nella teoria della gravità, specifica che il centro di gravità di un corpo pesante tende al centro del mondo, non le singole parti, e distingue pesi potenziali da attuali; discute l'azione a distanza, negando che il peso vari con la distanza dal centro, e adotta l'impeto per l'accelerazione della caduta, limitata dalla resistenza crescente. Temi minori includono obiezioni metafisiche all'impeto come moto violento intrinseco e paradossi scolastici sulla convergenza delle verticali, che ignorano ordini di grandezza pratici.
3. Evoluzione della Meccanica nel Tardo Medioevo e Rinascimento
Tradizione scolastica medievale e contributi rinascimentali alla cinematica e statica.
Sommario
Il blocco di testo esplora le tradizioni della Scuola di Oxford e Parigi nel XIV secolo, con enfasi su concetti come velocità e accelerazione distinti da William Heytesbury nel trattato De Tribus praedicamentis, dove "distin[gue] tra la latitudo motus (velocità) e la velocitas intensionis vel remissionis motus il cui valore era l'aumento o la diminuzione della prima", corrispondente a "questa quantità [che] corrisponde all'accelerazione". Si immagina un range indefinito di velocità per un corpo che parte dal riposo, e analogamente per accelerazione o decelerazione, "secondo cui un corpo può accelerare o rallentare il suo moto con una rapidità o lentezza infinitamente variabile". Questa seconda gamma si relaziona alla velocità come questa alla distanza percorsa, anticipando vettori moderni come distanza S, velocità dS/dt e accelerazione d²S/dt². Si menziona il Liber Calculationum attribuito erroneamente a Swineshead, in realtà di Ricardus de Ghlymi Eshedi (forse William Collingham), focalizzato su teoria delle forme e discussioni sofistiche, con un estratto dal capitolo De medio uniformiter difformi che afferma: "Se il moto di un corpo è uniformemente accelerato e parte da valore zero, il corpo percorrerà tre volte più lontano nella seconda metà del tempo che nella prima", corollario della legge delle distanze in moto uniformemente variabile. A Oxford, la cinematica del moto uniformemente difforme era nota e insegnata, precisando meglio la legge delle distanze rispetto a Parigi, ma trascurando la rappresentazione di Oresme delle qualità uniformemente deformate; tuttavia, questi sviluppi non influenzarono lo studio qualitativo della caduta dei corpi.
La tradizione di Buridan e Albert di Sassonia persistette in Francia e Germania attraverso Themon e Marsile di Inghen, con quest'ultimo che modificò la dottrina dell'impeto, sostenendo che "l'impeto era inizialmente debole in quelle parti di un corpo che non erano a contatto con l'agente motore, e che si rafforzava lì man mano che l'intero impeto si distribuiva uniformemente nel corpo in movimento". Pierre d'Ailly aggiunse paradossi originali, come "Chi possiede un campo adiacente a un altro terreno, e scava la sua terra in modo che l'area della cavità rimanga costante, sta defraudando il suo vicino", o sull'acqua che assume forma emisferica su un piano passante per il centro del mondo, e paradossi di Roger Bacon. Questa tradizione durò oltre due secoli, con giochi intellettuali dei scolastici del XIV secolo. Nel XV e XVI secolo, l'Italia ereditò queste idee tramite Blasius di Parma, il cui Trattato sui Pesi lega gravitas secundum situm alla tendenza dei corpi pesanti a cadere lungo la corda piuttosto che l'arco, osservando che pesi uguali su una bilancia lontana dal centro del mondo "appaiono diventare più pesanti" per l'angolo acuto con la verticale; tuttavia, fu un critico scettico che moltiplicò obiezioni, considerando resistenze passive in modo ingenuo. Gaetan di Tiene preservò Heytesbury e il "Calculator" in Italia, enfatizzando la distinzione tra latitudo motus e latitudo intensionis motus, spiegando che "un moto uniformemente deformato corrisponde a una latitudo intensionis motus costante—cioè, a un'accelerazione costante". Bernard Torni e John di Forli continuarono, quest'ultimo refutando Burley e Oresme nel De intensione et remissione formarum, introducendo terminologia oxoniense in medicina, nonostante critiche umanistiche. A metà del Quattrocento, i maestri italiani conoscevano bene le leggi del moto uniformemente accelerato, ma nessuno le applicò alla caduta dei corpi.
Niccolò da Cusa, metafisico che negava la verità assoluta in De docta ignorantia, contribuì alla meccanica con De ludo globi sulla traiettoria di un emisfero tra spilli a spirale, e De Possest sul moto giroscopico di una trottola, dove un bambino "imp[resse] sul giocattolo la permanenza dell'idea che ha concepito" tramite "un moto delle mani che è insieme retto e obliquo, consistente simultaneamente in una pressione e una trazione", impartendo un "motivo spirito" che simula l'animazione divina, paragonabile alla creazione dell'anima. Cusa riteneva che il Creatore avesse impresso un impeto iniziale alle sfere celesti, conservato indefinitamente senza corruzione, eco della "chiquenaude" pascaliana e della dottrina di Buridan, rendendo il moto rotatorio naturale per sfere perfette. Influenzò Copernico, Keplero e Leonardo da Vinci. Quest'ultimo, amateur geniale che lesse i scolastici ma superò i loro vincoli, affrontò problemi con immaginazione audace, spesso contraddicendosi, senza sistematicità, ma diffondendo idee originali come il concetto di momento applicato a un corpo "convolutabile" ruotante su asse orizzontale, fornendo un'eco del suo torrente di idee in meccanica.
4. Concetti dinamici e idrostatici in Leonardo da Vinci
Esplorazione poetica e metafisica della forza motrice e del moto perpetuo, dal peso alla caduta dei corpi.
Il blocco analizza il concetto di impeto decomposto in un corpo in movimento, con tre tipi derivanti dal motore e dal corpo stesso: due dal motore, rettilineo e curvo, mescolati, e il terzo come moto semplice rotatorio con centro di convessità a contatto del piano. Leonardo descrive la forza come "una qualità spirituale, un potere invisibile che, mediante una violenza esterna e accidentale, è causato dal moto e introdotto, fuso, nel corpo; così che questo è attirato e costretto lontano dal suo comportamento naturale". Questa forza infonde vita attiva e magica, costringendo le cose a mutare forma e posizione, "si slancia verso la morte desiderata e si cambia secondo le circostanze"; è potente nella lentezza e debole nella velocità, nasce dalla violenza e muore nella libertà, consumandosi più rapidamente quanto più è forte, distruggendo gli ostacoli fino a perire essa stessa, e guadagnando potenza contro grandi impedimenti. Nasce da espansione di corpi tenui in densi, deformazioni o impatti, opponendosi al peso naturale che cerca stabilità e riposo, mentre la forza mira alla distruzione; un corpo pesante incorpora peso, forza, moto e impatto, con la caduta preceduta da un'ascesa accidentale, e tutto il moto derivante dalla mente. Leonardo nega il moto perpetuo poiché la forza si consuma continuamente, e il peso mira all'equilibrio e al riposo. Riguardo alla figura della Terra, influenzato da Alberto di Sassonia, afferma che "ogni corpo grave tende verso il basso, e le cose che sono in alto non vi rimarranno, ma tutte, col tempo, cadranno giù", rendendo il mondo sferico e coperto d'acqua, con la Terra inabitabile; i mari non esercitano pressione, e un corpo grave pesa di più in un mezzo più leggero, rendendo la Terra coperta d'aria più pesante di quella coperta d'acqua. Nel centro di gravità, considera torri parallele che crollerebbero verso l'interno oltre un'altezza, poiché le verticali dal centro di gravità non passano per la base, con parti più pesanti dominanti; implica il teorema del poligono di sustentazione, errando nella convergenza delle verticali, e suggerisce misurarla per dedurre il raggio terrestre. In dinamica, un corpo grave si muove verso il lato più pesante, con parti pesanti come guide nel moto in aria; su piano piano, non si ferma se il polo non è tra parti di peso uguale, come nel pattinaggio sul ghiaccio. Applicato al volo degli uccelli, un corpo si muove più velocemente se il centro di gravità è lontano dal centro di supporto, con gli uccelli che si spostano senza battere ali o vento quando i centri di gravità sono dislocati dal mezzo delle ali, dirigendo il moto su o giù. Sulla caduta dei corpi, adotta la legge v = kt, credendo moto proporzionale a velocità e errando sulla legge delle distanze: "un corpo grave che cade liberamente acquisisce un'unità di moto in ogni unità di tempo; e un'unità di velocità per ogni unità di moto", con in prima unità una di velocità, in seconda due di moto e due di velocità. In idrostatica, spiega sorgenti montane paragonandole al sangue in testa, attribuendole a vene terrestri dove "il calore della Terra, distribuito in questo corpo continuo, mantiene l'acqua sollevata in queste vene anche alle più alte cime".
Riferimenti minori
Fonti manoscritte: Ms. E, fol. 35; Ms. A, fol. 35; Ms. B, fol. 63; Ms. F, fol. 70; Ms. A, fol. 21; Ms. M, fol. 45; Ms. E, fol. 57. Citazioni da Duhem, O.S., Vol. II, p. 85.
5. Copernico, Fernel e il dibattito scolastico sul moto e la forma della Terra
Evoluzione delle teorie cosmologiche e meccaniche nel XVI secolo tra innovazioni copernicane e persistenze scolastiche.
Il sommario del blocco descrive il percorso di Copernico, che ottenne il dottorato a Cracovia e si dedicò all'astronomia a Bologna e Roma, studiando i sistemi antichi e posizionando il Sole al centro dei pianeti attraverso i moti di Mercurio e Venere, proponendo, in riferimento ai Pitagorici, che "il Sole dovrebbe essere posto al centro del Mondo". Rifiutandosi di avanzare idee senza prove, osservò i moti planetari, completando il lavoro nel 1530 ma pubblicandolo solo alla morte nel 1543; pur scartando la coincidenza tra centro della Terra e dell'Universo, contro la dottrina aristotelica, mantenne molte idee scolastiche, eliminando la distinzione tra centro di gravità e centro geometrico della Terra, come citato in De revolutionibus orbium caelestium: "La Terra è sferica perché, da tutti i lati, tende verso il centro". Estese questa proprietà di gravità a Sole, Luna e corpi celesti, criticando Alberto di Sassonia: "Non si deve prestare attenzione agli aristotelici quando affermano che il centro di gravità è separato dal centro geometrico", affermando che terra e acqua tendono a un unico centro. La sua dottrina sulla forma terrestre concordava con le osservazioni geografiche e trionfò per semplicità rispetto alle astrazioni di Alberto. Il testo contrappone ciò alla tradizione aristotelica sui quattro elementi di masse uguali e volumi inversamente proporzionali alla densità, con trasformazioni che aumentano il volume, come da Meteores di Aristotele, applicata da commentatori a terra in acqua, sostenendo che il volume dell'acqua superasse quello della terra, ripreso da Gregorio Reisch in Margarita philosophica (1496) e da Mauro di Firenze, che stimò il volume della terra chiuso dieci volte minore di quello delle acque; Copernico refutò tali tesi. Questo evidenzia le obiezioni geofisiche incontrate dal riformatore copernicano. Passa poi a John Fernel (1497-1558), medico di Enrico II, primo moderno a misurare un grado del meridiano contando le rotazioni delle ruote della carrozza tra Parigi e Amiens; nel Cosmotheoria (1528) disputò la dottrina di Alberto, optando per una superficie sferica unica per terra e acqua, immaginando la Terra immobile, globo incavato riempito d'acqua. Il blocco introduce il tomismo italiano del XVI secolo, diviso in averroisti, alessandristi e umanisti, con Agostino Nifo che schernì la scuola parigina del XIV secolo, ridicolizzando Alberto come "Albertutius o Albertus Parvus" e tornando all'esplicazione aristotelica dei proiettili, rifiutando l'impetus. Pietro Pomponazzi attaccò la scuola di Oxford, definendo William Heytesbury "il più grande dei Sofisti" contro la "chiara e grande voce di Aristotele", aderendo alla tesi di Alessandro di Afrodisia su corpi pesanti che si alleggeriscono in altezza. Gli umanisti, come Giorgio Valla, criticarono gli averroisti per linguaggio arabo e culto esclusivo di Aristotele, neglezione di Platone, definendo Averroè una "creatura primitiva emergente dal fango" e "testardo"; in dinamica, Valla riprese la quiete intermedia, assumendo una vis insita legata alla prossimità del luogo naturale. Queste polemiche non innovarono la meccanica, illustrando l'atmosfera ostile agli originali. A Parigi, la scolastica preservò Buridano e Alberto al Collegio di Montaigu con Joannes Majoris e George Lockhart, Jean Dullaert e Luiz Coronel; a Sainte-Barbe, Jean de Celaya insegnò ecletticamente seguendo Tommaso, realisti e nominalisti, ma con minor originalità, stampando le Summulae di Buridano nel 1504 e argomentando l'identità dinamica di corpi celesti e terrestri, preparando Kepler, difendendo la dialettica contro la Riforma. Dullaert insegnò l'impetus modificato dalla forma del proiettile, quiete intermedia e moto uniformemente difforme di Oresme in forma algebrica, discutendo il moto come "entità successoria veramente distinta da tutte le cose permanenti". Coronel, in Physicae Perscrutationes (1511), vide l'impetus indebolirsi gradualmente, regredendo da Buridano, immaginando quieti intermedie di ore senza obiezioni, definendolo "entità attuale" acquisita per ripetizione percettiva, come cognizione; in gravitazione, naive, propose un "indumento" per impedire il passaggio del peso attraverso la superficie terrestre, attribuendo l'impetus in caduta alla gravità o forma sostanziale, e nei proiettili a miscela di impetus decrescente e agitazione aerea con picco centrale. Celaya, in Expositio in libris Physicorum (1517), spiegò una legge d'inerzia: "dal teoria seguirebbe che un corpo proiettato si muoverebbe per sempre", ma negò l'antecedente per resistenza del mezzo, forma o ostacolo, assumendo durata indefinita dell'impetus senza tali; per i cieli, bastava un impetus impresso dalla Causa Prima, non modificato per mancanza d'inclinazione, come seconda qualità paragonata a "conoscenza e disposizioni dell'anima". Fu reticente sulla pluralità di mondi, ammettendo possibilità soprannaturali: "dal punto di vista soprannaturale, possono esistere diversi mondi, simultaneamente o successivamene, concentricamente o eccentricamente", poiché "Dio può fare tutto ciò che non implica contraddizione". Conobbe Oresme tramite tradizione italiana. Gli umanisti, allievi di Montaigu come Erasmo e Vives, proclamarono la decadenza scolastica pur preservandone elementi: Erasmo nei Colloquia (1522) discusse l'oscillazione di un corpo verso il centro della Terra, problema di Oresme, e nell'Elogio della follia (1509) attaccò i teologi "quibbler gonfiati dal vento e fumo del loro apprendimento vuoto e puramente verbale". Vives, in De prima philosophia (1531), discusse la quiete intermedia in termini scolastici, ma in De philosophiae naturae corruptione (1531) denigrò la dialettica parigina e oxfordiana per astrazioni su intensità, moto uniforme/difforme, corpi infinitamente densi/rari, dividendo ore in parti proporzionali; in De medicina criticò i giovani educati così, privi di conoscenza di piante, animali e natura, senza prudenza né giudizio, concludendo in In pseudodialecticos: "ho una grande gratitudine a Dio... che ho lasciato Parigi, emerso dalle tenebre cimmerie, uscito alla luce, scoperto gli studi veramente dignitosi dell'umanità - quelli che hanno meritato il nome di Umanità". Infine, introduce Domingo de Soto (1494-1560), che formulò correttamente le leggi dei corpi cadenti nonostante gli attacchi umanisti: nato a Segovia, studiò ad Alcalá e Parigi, insegnò teologia a Salamanca, seguì Carlo V in Germania; scolaro, respinse il nominalismo in Quaestiones (1545) su Fisica di Aristotele, adottando l'equilibrio terra-mari di Alberto. Su proiettili, insegnò l'impetus riconciliandolo con Aristotele: "un uomo o un meccanismo mette in moto l'aria quando lancia un proiettile, come l'agitazione circolare dell'acqua intorno a una pietra gettata"; "l'aria non è l'unica causa... qualunque cosa abbia lanciato il corpo è causa attraverso l'impetus impresso", evidente nei cannoni per l'esplosione d'aria, scartando l'opinione di Marsilio di Inghen.
6. Contributo di Galileo alla meccanica
Analisi delle opere di Galileo sulla statica, dinamica e moto dei proiettili, con enfasi su meccanica, caduta dei corpi e traiettorie paraboliche.
Sommario
Il blocco esamina il contributo di Galileo alla meccanica, partendo dalla sua emancipazione dalla disciplina scolastica e focalizzandosi su analisi di opere come le Meccaniche del 1634 e i Discorsi del 1638. Galileo enfatizza l'utilità delle macchine per manovrare carichi elevati senza suddividerli, notando che "le macchine sono utili per manovrare grandi carichi senza suddividerli, perché spesso c'è molto tempo e poca forza", e chi cerca di accorciare il tempo con poca forza "si ingannerà". Introduce il concetto di pesantezza come "inclinazione naturale del corpo a portarsi al centro della Terra", e il momento come inclinazione del corpo su un braccio di leva, corrispondente al greco rhopé. Studia macchine come leva, stadera, tornio, volano, gru, argano, puleggia e vite, migliorando l'analisi del piano inclinato rispetto ai predecessori, immaginando una palla su una superficie liscia dove "sulla piano orizzontale AB, la palla è indifferente al moto e al riposo, così che il vento o la più piccola forza può muoverla". Procede con dimostrazioni su pesi in equilibrio su leve, correggendo Pappus, e riduce l'effetto del peso su piani inclinati a un effetto su un braccio di leva tramite artifici geometrici, concludendo che "il rapporto del momento totale e assoluto del corpo mobile perpendicolare all'orizzonte, al momento che ha sul piano inclinato HF è lo stesso del rapporto di FH a FK".
La sezione passa alla caduta dei corpi, citando una lettera del 1604 dove Galileo postula che "le distanze percorse nel moto naturale sono in rapporto quadratico ai tempi di caduta". Inizialmente associa questa legge a una errata v = k · s, spiegata dal corpo che "aumenta in velocità nella misura in cui si separa dalla sorgente del suo moto", ma verifica entrambe tramite argomenti geometrici su parallele e triangoli, arrivando erroneamente ma concludendo correttamente s = constant × t², dove le distanze in tempi uguali sono come numeri dispari consecutivi da uno. Nei Discorsi, assume l'accelerazione uniforme, con "l'aumento della velocità è come quello del tempo", postulando che i gradi di velocità su piani inclinati di uguale altezza sono uguali, verificato con esperimenti su pendoli e palle che rimbalzano quasi alla stessa altezza, ignorando resistenze minori. Descrive esperimenti scrupolosi su un canale inclinato in una stecca di legno, con palla di bronzo e misurazioni temporali tramite acqua, confermando che "le distanze percorse erano sempre in rapporto ai quadrati dei tempi" dopo centinaia di ripetizioni. Introduce l'impetus o momento del discendere, massimo sul verticale e nullo sull'orizzontale dove il corpo "è indifferente al moto o al riposo", derivando il principio d'inerzia e completando dimostrazioni con lavoro virtuale, misurando l'impetus tramite forze statiche opposte.
Infine, affronta il moto dei proiettili, risolvendo il problema tramite inerzia e composizione dei moti indipendenti: un corpo lanciato su un piano orizzontale infinito mantiene moto uniforme, ma con gravità aggiunge discesa accelerata, generando una traiettoria parabolica. Descrive geometricamente la parabola sommando moti orizzontale uniforme e verticale accelerato, con distanze di caduta in rapporto ai quadrati dei tempi, come "le distanze EH, DF, CI sono in rapporto ai quadrati delle linee EB, DB, CB". Il dialogo tra Salviati, Sagredo e Simplicio discute obiezioni su interferenze dei moti, convergenza delle verticali e resistenza del mezzo, liquidate come approssimazioni iniziali, evidenziando l'indipendenza degli effetti delle forze.
7. Il moto dei corpi pesanti e la teoria del pendolo secondo Huyghens
Sviluppo delle idee galileane sul moto dei corpi pesanti su piani inclinati e curve, con dimostrazione dell'isocronismo del pendolo cicloidale e analisi del centro di oscillazione, fino alla forza centrifuga.
Ipotesi galileane e dimostrazioni di Huyghens
Huyghens parte dal postulato galileo sulle velocità acquisite in cadute su piani inclinati di uguale altezza, come espresso da Salviati nei Discorsi: "Le velocità acquisite da un corpo in caduta su piani diversamente inclinati sono uguali quando le altezze dei piani sono uguali". Dimostra che le durate di caduta sono proporzionali alle lunghezze dei piani, e che in un moto continuo su più piani inclinati il corpo acquisisce la stessa velocità di una caduta verticale dall'altezza data. Nel limite, estende il ragionamento al moto su una curva in piano verticale. Passa poi all'isocronismo del pendolo cicloidale, dimostrando con geometria infinitesimale che "i tempi di discesa in cui una particella parte da qualsiasi punto della curva e raggiunge il punto più basso sono uguali tra loro"; il rapporto con il tempo di caduta verticale lungo l'asse della cicloide è come il rapporto tra la metà della circonferenza e il diametro di un cerchio. Usa l'equazione differenziale per il moto di una particella pesante sulla cicloide, derivando il tempo di discesa T = π √(4R/g), equivalente al tempo di caduta libera lungo l'altezza corrispondente. Omette la parte sulle linee curve, notando lo studio dell'evoluta della cicloide per giustificarne l'uso negli orologi.
Centro di oscillazione e forza centrifuga
Nella quarta parte dell'Horologium oscillatorium, Huyghens indaga il centro di oscillazione, ispirato da Mersenne: "Da molto tempo, quando ero ancora quasi un bambino, il saggio Mersenne mi suggerì, e ad altri molti, l'indagine dei centri di oscillazione o agitazione". Definisce il pendolo composto e il centro di oscillazione come il punto sul perpendicolare all'asse attraverso il centro di gravità, distante quanto la lunghezza del pendolo semplice isocrono. Ipotesi fondamentale: "Quando un qualsiasi numero di pesi inizia a cadere, il centro comune di gravità non può salire a un'altezza maggiore di quella da cui parte". Dimostra proposizioni geometriche sulle masse, arrivando alla formula per la lunghezza del pendolo semplice: somma dei prodotti (peso × quadrato della distanza dall'asse) divisa per (somma dei pesi × distanza del centro di gravità dall'asse). Estende alla reciprocità tra asse di sospensione e centro di oscillazione, con proposizioni come la XIX: le distanze dal centro di oscillazione al centro di gravità sono inversamente proporzionali alle distanze dall'asse di sospensione al centro di gravità. La teoria poggia sulla conservazione delle forze vive, criticata ma feconda per studi successivi su moti infinitesimali. Conclude con proposizioni sulla forza centrifuga, equiparata al conatus di gravità: per una particella su una ruota rotante, il conatus è come in un moto uniformemente accelerato lungo il raggio. Proposizioni chiave: la forza centrifuga è proporzionale al quadrato della velocità per raggio dato, e uguale alla gravità quando la velocità è quella acquisita cadendo da un'altezza pari a un quarto del diametro. Estende al pendolo conico, con periodo proporzionale alla radice quadrata dell'altezza del cono, e tensioni proporzionali alla lunghezza del pendolo.
8. Il principio del minimo d'azione e il suo sviluppo storico
Estensione del principio di Maupertuis alla meccanica e contributi di Euler nella controversia scientifica.
Sommario
Il blocco di testo esamina la controversia sul principio del minimo d'azione, focalizzandosi sulle critiche di Voltaire a Maupertuis e sul sostegno di Euler. Voltaire, nella Diatribe du Dr Akakia, ironizza sul principio, riferendosi alla dimostrazione dell'equilibrio della leva mediante il principio del minimo d'azione e al rifiuto di Maupertuis delle prove metafisiche dell'esistenza di Dio, scrivendo: "Chiediamo perdono a Dio per aver finto che ci sia solo prova della sua esistenza in A + B diviso per Z, ecc.". Presenta una critica accurata sotto forma di decisione dei professori del Collegio della Saggezza, affermando: "L'asserzione che il prodotto della distanza e della velocità è sempre un minimo ci sembra falsa, poiché questo prodotto è talvolta un massimo, come credeva Leibniz e come ha dimostrato". Sottolinea che l'autore ha preso solo metà dell'idea di Leibniz, vindicandolo dall'aver compreso l'idea nella sua interezza. Riguardo a Euler, la decisione dichiara: "Diciamo che i Copernico, i Keplero, i Leibniz... sono qualcosa, e che abbiamo studiato sotto i Bernoulli, e studieremo di nuovo; e che, infine, il professor Euler, che era molto ansioso di servirci come luogotenente, è un grande geometra che ha sostenuto il nostro principio con formule che non siamo riusciti a comprendere, ma che coloro che le capiscono ci hanno assicurato essere piene di genio". Maupertuis è caricaturato in Candide e L'uomo dai quaranta scudi.
Si passa al giudizio di Euler sulla controversia, espresso in una dissertazione del 1753 su obiezioni di Koenig. Euler mostra rispetto per Maupertuis, il "nostro illustre Presidente", e omaggia la sua legge di riposo, indicando: "il meraviglioso accordo dell'equilibrio dei corpi, rigidi, flessibili, elastici o fluidi". Da ogni attrazione si deduce l'efficacia di ogni forza, con equilibrio quando la somma delle efficacie è minima. Euler ribatte a Koenig, che deduce l'equilibrio dal principio delle forze vive, affermando: "Il professor Koenig ci pone sotto l'obbligo duplice di provare che il principio del minimo d'azione è vero, e che non appartiene a Leibniz". Il "principio koenighiano" consiste nell'annientamento della forza viva in assenza di equilibrio, dove "più chiaramente della luce del giorno, che dove le forze applicate non producono forza viva, c'è equilibrio". Euler critica Koenig per nascondere che in equilibrio non c'è moto né forza viva, notando che il suo metodo sposta il sistema dall'equilibrio, calcola la forza viva e la annulla per dedurre le condizioni, il che complica i calcoli poiché "il calcolo del moto è, in generale, più difficile di quello dell'equilibrio". Koenig equipara azione e forza viva, asserendo: "È chiaramente visto che tutto l'equilibrio deriva dalla nullità della forza viva o dalla nullità dell'azione, presa correttamente, e in nessun modo dal loro Minimo o Massimo". Euler condanna questa tesi, osservando che Koenig è troppo attaccato a speculazioni metafisiche per applicare idee materiali alla meccanica.
Euler allude al suo contributo personale, verificando a posteriori che se la massa del corpo è moltiplicata per la distanza percorsa e la velocità, "la somma di tutti questi prodotti è sempre la minima". Riconosce la priorità di Maupertuis: "Poiché questa osservazione fu fatta solo dopo che il signor Maupertuis aveva presentato il suo principio, non dovrebbe implicare pregiudizio alla sua originalità". Nel lavoro del 1744 Methodus inveniendi lineas curvas maximi minimive proprietate gaudentes, Euler applica il principio al moto dei proiettili, partendo da: "Poiché tutti gli effetti della Natura obbediscono a qualche legge di massimo o minimo, non si può negare che le curve descritte dai proiettili sotto l'influenza di forze godranno della stessa proprietà di massimo o minimo". Considera inizialmente la quantità ∫ m ds √v, equivalente a ∫ v dt, collegando momenti e forze vive, verificando che è un estremo nel moto parabolico e generalizzandolo a particelle attratte da centri fissi. Mach nota: "Euler, un uomo veramente grande, prestò la sua reputazione al principio del minimo d'azione e la gloria della sua invenzione a Maupertuis; ma ne fece una cosa nuova, praticabile e utile". Euler non condanna le cause finali, cercando il significato dell'estremo in una metafisica sana: "Poiché i corpi, a causa della loro inerzia, resistono a tutti i cambiamenti di stato, obbediranno alle forze che agiscono su di loro il meno possibile se sono liberi". Lascia la dimostrazione metafisica ad altri.
In conclusione, si riassume l'evoluzione: Fermat enunciò il primo principio minimo non banale in ottica geometrica, riducendolo poi a un "piccolo aiuto geometrico" alla Natura. Nessuno accettò la sua conclusione sulla velocità relativa della luce. Maupertuis, con un argomento differenziale semplice, rese la legge newtoniana di propagazione e rifrazione un'estremo, motivato metafisicamente ma forse presentato a posteriori per indicare la saggezza del Creatore. La sua estensione alla dinamica, basata su un'analogia fragile, sopravvisse, giustificata matematicamente da Euler nel 1744 per la meccanica di una particella. Euler attribuì l'onore a Maupertuis, nonostante le critiche di Lagrange e Hamilton; il termine "minimo" è metafisico, giustificabile solo dove un massimo indicherebbe imperfezione divina. In leggi d'impatto, Maupertuis unificò corpi elastici e rigidi. Il testo sfocia nel capitolo su Euler e la meccanica dei solidi rigidi (1760), confermando principi della Mechanica (1736) e definendo il solido per la conservazione delle distanze reciproche degli elementi.
Note
Riferimenti minori includono edizioni e citazioni: dissertazione di Euler (1753, latino e francese, Berlino); opera del 1744 (Bousquet, Losanna); edizione 1790 curata dal figlio; traduzione francese di Jouguet. Temi minori: controversia su Leibniz, forze vive vs. azione; ruolo di Bernoulli e Koenig; transizione a meccanica dei solidi.
9. Contributi di d'Alembert ed Euler alla dinamica dei fluidi
Indagine sul principio di conservazione delle forze vive e sul paradosso idrodinamico.
Il blocco tratta l'applicazione del principio di d'Alembert all'equilibrio e al moto dei fluidi, estendendo il concetto di conservazione delle "forze vive" ai liquidi, come espresso in frasi come "il principio di conservazione delle forze vive si applica anche ai fluidi" (da 4724, tradotta). Si analizza il trattato di d'Alembert sui fluidi, dove emerge che "i risultati delle mie soluzioni concordano sempre con quelli del signor Daniel Bernoulli" (da 4728, tradotta), ma con eccezioni in problemi di moto improvviso, come "il problema in cui si tratta di trovare la velocità di un fluido che esce da un vaso mantenuto pieno alla stessa altezza" (da 4731, tradotta). Il testo esplora il modello meccanico per la resistenza dei fluidi, basato su collisioni con piccole sfere, arrivando a formule generali dipendenti dalle densità, e dedica spazio ai vortici, considerati "piuttosto curiosi, indipendentemente da qualsiasi applicazione al caso dei pianeti" (da 4740, tradotta). Si passa al paradosso di d'Alembert sull'Essai d'une nouvelle théorie de la résistance des fluides (1752), originato da un concorso dell'Accademia di Berlino, dove per moti piani si ottengono equazioni idrodinamiche, ma l'analisi rivela che "la resistenza dei fluidi può essere spiegata dalla teoria in modo soddisfacente" (da 4821, tradotta, con inversione per enfasi), portando a un'assenza di resistenza in certi casi, come quando il corpo è fisso e il fluido scorre parallelo, con pressioni che si annullano tra fronte e retro. Euler interviene sull'equilibrio dei fluidi (1755), generalizzando Clairaut per fluidi comprimibili o no, deducendo condizioni come "dp / q = P dx + Q dy + R dz" (da 4840, tradotta), e sulle equazioni generali dell'idrodinamica, includendo la continuità "∂q/∂t + ∂(qu)/∂x + ∂(qv)/∂y + ∂(qw)/∂z = 0" (da 4864, tradotta), e il moto irrotazionale con potenziale di velocità. Temi minori includono perdite di energia cinetica anticipate da Borda, paragonate a impatti di corpi rigidi, con lemma su "la perdita di forza viva che avviene nell'impatto" (da 4890, tradotta), applicato a flussi in tubi, concordando con esperimenti su ascese d'acqua.
Il sommario integra contributi successivi su Borda, che modifica Bernoulli e d'Alembert per perdite in sezioni contrafforte, come in ugelli rientranti dove "la sezione contrafforta è uguale alla metà di quella dell'orifizio" (da 4884, tradotta), e calcola ascese osservate di 47½ linee contro 49 calcolate, attribuendo differenze alla frizione. Si accenna a teorie newtoniane schematiche di fluidi come aggregati di particelle elastiche, con resistenze per cilindri e sfere proporzionali a pesi equivalenti, ma il focus resta su d'Alembert ed Euler come precursori di equazioni rigorose, nonostante difficoltà analitiche, preparando il terreno per approcci sperimentali del XVIII secolo.
10. Meccanica di Lazare Carnot
Principi fondamentali dell'equilibrio e del movimento nei sistemi materiali.
Definizioni e concetti di forza
Il blocco di testo esamina la meccanica di Lazare Carnot, focalizzandosi sulla forza come prodotto di massa e velocità, e sull'incompatibilità dei moti che altera la quantità di moto. Carnot definisce la forza in vari modi: "the product of a body's mass and the accelerating force" come forza motrice, forza di pressione o forza morta; la gravità è forza accelerante, il peso forza motrice. Introduce la forza viva come mv², la forza viva latente come prodotto di peso e altezza, e il momento di attività come lavoro elementare. La forza d'inerzia è "the resistance offered by a body to a change of state", coincidente con la quantità di moto persa in un urto, m(vo - v₁). La forza totale risulta dalla risultante di forza motrice e d'inerzia. Carnot critica Euler sulla "force of inertia", sostenendo che l'inerzia è proprietà non calcolabile, mentre la forza d'inerzia è "the quantity of motion this body imparts to any other body".
Postulati e moto geometrico
Carnot fonda la sua meccanica su postulati: principio d'inerzia; equilibrio di un sistema sotto forze equilibrate; decomposizione delle quantità di moto distruttive in coppie uguali e opposte; dipendenza dell'azione dall'urto dalla velocità relativa; direzione delle forze lungo fili, aste o perpendicolari al contatto; leggi di urti inelastici, elastici e parzialmente elastici. Introduce il moto geometrico: "Every motion which is imparted to a system of bodies and which does not alter the intensity of the action which they exert or could exert on each other" è moto geometrico, determinato dalla geometria delle vincoli, indipendente dalla dinamica. È un moto virtuale compatibile con i vincoli, senza azioni reciproche.
Teorema di Carnot e applicazioni
Nel secondo libro dei Principes fondamentaux, Carnot studia urti tra corpi duri, dimostrando che un urto produce moto geometrico: dopo l'urto, i corpi contigui non hanno velocità relativa lungo la linea d'azione. Decompone il moto pre-urto in moto residuo (geometrico, ricevuto senza alterazione) e moto distrutto (che mantiene equilibrio, principio di d'Alembert, limitato a corpi duri). Per urti elastici, l'indipendenza dei moti non sussiste. Deduce la legge Σ m u v cos(θ) = 0, verificata per urti di due e più corpi duri. Il teorema di Carnot afferma: "In the impact of hard bodies, the sum of the living forces before the impact is always equal to the sum of the living forces after the impact together with the sum of the living forces that each of these bodies would have if it moved freely with only the velocity which it lost in the impact". Per urti elastici, l'elasticità raddoppia il momento perso senza cambiarne direzione, conservando la forza viva. Estende a moti continui: Σ m u dV cos(u, V) - Σ m u p dt cos(p, u) = 0. Nel minimo delle forze vive perse, collega a Maupertuis ma critica le cause finali, limitandolo a elasticità uniforme. Applica a sistemi animali: un animale obbedisce all'inerzia, progredisce per attrito coi piedi, imprimendo moto opposto alla terra; parti come molle convertono forza latente in viva. Conclusione: il momento di attività consumato da agenti esterni eguaglia metà l'incremento delle forze vive nel sistema, meno metà l'incremento in moto libero sotto le stesse forze motrici, per cambiamenti impercettibili. L'originalità di Carnot ispira Laplace, Saint-Venant e Coriolis.
11. Fisica e Meccanica Classica: Da Laplace a Gauss
Sviluppo dei principi di relatività, gravitazione e vincoli in meccanica.
Sommario
Il blocco esplora concetti di relatività fisica in contrapposizione alla teoria di Laplace, dove "la massa m di una particella rimane costante e [...] è lo slancio [...] che non è più proporzionale alla velocità", mentre nella relatività "la massa M diventa una funzione della velocità mentre lo slancio rimane nella forma μMv". Si passa poi all'analisi di Laplace sulla gravitazione universale, criticando Descartes per aver sostituito "le idee intelligibili di moto, impulso e forza centrifuga alle quantità occulte degli Aristotelici", e lodando Newton per aver verificato "l'accordo perfetto tra le osservazioni e i risultati dell'analisi". Laplace considera "questa connessione analitica di fatti particolari con un fatto generale" come una teoria propriamente costituita, priva di carattere a priori dogmatico, e si interroga se "il principio della gravità universale" sia "una legge primordiale della natura, o [...] il generale effetto di una causa ignota", assumendo una propagazione istantanea dell'attrazione, con velocità finita "sette milioni di volte maggiore di quella della luce". L'atteggiamento di Laplace è moderato, con la certezza di una legge naturale che dipende da un "passaggio al limite nel senso matematico del termine".
Si introduce Fourier e il principio dei lavori virtuali (1798), basato sull'equilibrio della leva, dove il momento di una forza è il prodotto della forza con "la velocità virtuale del punto al quale è applicata". Fourier verifica che per un punto in equilibrio sotto n forze, "il momento totale di queste forze è zero per uno spostamento arbitrario del punto", estendendo l'analisi a forze uguali e opposte su una linea rigida, superfici resistenti e fluidi incomprimibili, generalizzando che "i momenti si combinano e si decompongono come le forze". Per sistemi connessi da fili inestensibili o corpi duri, il momento totale delle forze applicate è zero o positivo per spostamenti compatibili, riducendo il teorema al principio della leva tramite un sistema equivalente di leve che replica le velocità virtuali, dimostrando per reductio ad absurdum che le forze mantengono l'equilibrio. Fourier distingue vincoli bilaterali, dove "la somma dei momenti delle forze deve essere zero", da unilaterali, dove basta che non sia negativa, stabilendo "il principio dell'equivalenza dei vincoli" che preserva la mobilità elementare.
Infine, Gauss enuncia il principio del minor vincolo (1829), affermando che il moto di un sistema "avviene sempre nel più completo accordo possibile con il moto libero [...] o sotto il più debole possibile vincolo", misurato dalla somma dei prodotti "della massa di ciascuna particella con il quadrato della sua deviazione dal moto libero". Gauss deduce il principio dai noti principi di velocità virtuali e d'Alembert, minimizzando ∑m(bc)² per posizioni compatibili con i vincoli, paragonando le modifiche naturali dei moti liberi a quelle dei dati sperimentali nel metodo dei minimi quadrati. Il blocco si conclude con un cenno al ritorno al principio di Clairaut sul moto relativo.
12. Brackets di Poisson e dinamiche hamiltoniana e jacobiana
Sviluppo dei brackets di Poisson e introduzione alle dinamiche di Hamilton e Jacobi.
Sommario
Il blocco illustra l'evoluzione matematica dei brackets di Poisson, derivati da integrali di moto con costanti arbitrarie, come "(b, a) == constant where (b, a) is an expression which has become known as a 'Poisson bracket'", che rimane costante esprimendo le costanti in termini di variabili indipendenti (qi) e quantità (Ui). Poisson conclude che tale combinazione di derivate parziali è sempre costante, un risultato classico con valore estetico ma contenuto pratico limitato, poiché se il bracket è identicamente costante o funzione di integrali noti, non produce novità. Si passa ai brackets quadrati di Lagrange-Poisson, aggiungendo termini perturbanti alle equazioni di Lagrange, "(2) d/dt (∂T/∂qi) - ∂T/∂qi = ∂V/∂qi + ∂D/∂qi", integrando per ottenere costanti arbitrarie e variandole per soddisfare le equazioni perturbate, con condizioni come "da_s = 0" e "dU_i = -∂Q/∂qi dt". Questo porta a teoremi su differenziali di costanti espresse tramite derivate parziali di Q, estesi da Lagrange e Laplace agli elementi ellittici e sistemi di corpi. Il testo introduce la dinamica hamiltoniana, collegata all'ottica, con il principio di azione stazionaria, "ACTION = ∑ ∫ V_i dl", stazionario nella propagazione della luce, generalizzato all'azione variabile con differenze finite. Hamilton applica il metodo alla dinamica, riducendo il moto a una funzione caratteristica V che soddisfa equazioni in derivate parziali, "V = ∫ 2T dt", legando forza viva T e funzione di forze U tramite H, il hamiltoniano costante. Si sviluppano equazioni canoniche, "dq_i/dt = ∂H/∂p_i, dp_i/dt = -∂H/∂q_i", e la funzione principale S, con approssimazioni successive per sistemi perturbati. Jacobi critica e estende, mostrando che un integrale completo dell'equazione hamiltoniana basta per le traiettorie, trasformando V in -V per scambio di variabili, e formula il teorema fondamentale: da un integrale completo V, con relazioni "p_i = ∂V/∂q_i, β_j = ∂V/∂α_j", si ottengono le equazioni canoniche. Si discute il moltiplicatore di Jacobi M=1 per forze dipendenti solo da coordinate, e la geometrizzazione del principio di minima azione come ∫ m ds / √(2(h-U)), per traiettorie a energia costante. Temi minori emergono nella doppia interpretazione ottica (emissioni e onde), nella critica di Hamilton per complicazioni artificiali, e nell'estensione a fluidi incomprimibili con ipotesi molecolari di Navier, dove forze repulsive variano con la velocità di approccio delle molecole, "proportional to the velocity with which the molecules approach, or separate from, one another", per equilibrare pressioni e moti interni.
13. Evoluzione storica e principi della meccanica classica e moderna
Causalità, determinismo e revisioni teoriche nella fisica del Novecento.
Il blocco di testo esplora il concetto di causalità in fisica e matematica, distinguendo tra causalità ristretta come "determination of future events" e la visione di Painlevé che insiste sulla necessità di non confondere causalità con l'ipotesi del determinismo, radicando il principio nella "possibilità di una certa transference of motion in space and time". Si estende ai domini di causalità associati a gruppi di trasformazioni, come il gruppo galileiano per la meccanica classica e il gruppo di Lorentz per la relatività ristretta, con riferimenti a dimostrazioni causali che evitano "parasitical hypotheses". Passa poi alle interpretazioni di Duhem sull'evoluzione della meccanica, criticando Cartesio per materia incapace di moto e moto insufficiente per una vera meccanica, e Newton per attrazioni respinte da cartesiani e atomisti; Leibniz vede la forza come "incorporea e inexplicabile property", ma la rende metafisica con "substantial form", dannosa fino all'epoca moderna. Duhem contrappone la meccanica analitica di Lagrange, che assume azioni a distanza e vincoli, alla meccanica fisica di Poisson basata su azioni molecolari, criticando l'atomismo per contraddizioni come l'uso di integrali invece di somme discrete e difficoltà di equilibrio senza fusione delle particelle. Evidenzia la necessità di resistenze passive e critica Kirchhoff per rigore sterile che "only writes identities" e manca di "fecundity of intuition", mentre riduce Hertz a un programma dove forze sono vincoli da corpi ipotetici, giudicandolo meno dottrina che "programme of a doctrine". Conclude con una meccanica generale termodinamica che reagisce all'atomismo cartesiano tornando a principi aristotelici, profetizzando nuove teorie dalle radiazioni che rivelano effetti "strange" difficili per la termodinamica. La conclusione del capitolo sottolinea controversie novecentesche sui principi newtoniani, rivelando imperfezioni della struttura classica completata da Lagrange e necessità di revisione alla luce di dati sperimentali da ottica, elettromagnetismo e radiazioni, opposta da alcuni ma resa possibile dalle dissensions interne che mostrano gli assiomi come "contingent truths". La parte quinta introduce i principi delle teorie fisiche moderne della meccanica, confutando obiezioni sulla instabilità storica – mitigata da esperimenti come Michelson di mezzo secolo prima – e sul distacco dalla dinamica classica, ricordando profitti passati da contatti con fisica in Huyghens, Newton e Hamilton; la scienza classica nacque da esperimenti revisionabili, non da assiomi ovvi. Il capitolo uno presenta la relatività ristretta, nata da difficoltà nell'ottica dei corpi in moto, con etere come mezzo per onde luminose in Fresnel e come riferimento assoluto in Maxwell, dove velocità della luce è costante rispetto all'etere ma effetti ottici di moto assoluto appaiono solo al primo ordine in v/c, fallendo al secondo come in esperimenti di Michelson, portando alla teoria che risolve l'impasse tramite ipotesi di contrazione di Lorentz.
14. Teoria della relatività ristretta e generalizzata secondo Lorentz, Einstein e Minkowski
Principi fondamentali e trasformazioni nella relatività, con applicazioni alla gravitazione e all'elettromagnetismo.
Sommario
Il blocco illustra l'evoluzione della teoria della relatività, partendo dalle trasformazioni di Lorentz applicate alle accelerazioni e alle masse elettromagnetiche. Si deriva la relazione per le masse, m(L:) == (lp3, 1f3, IfJ) m(22'), e si considera lo slancio elettromagnetico G= ~ (If 1\ J 11) d7, che per un elettrone si riduce a Gx ::::::: - R2 {Jlv. Lorentz assume una massa longitudinale ml:::::::: - iiv·---" 6nRc2 e trasversale m, == fJI • 6nRc 2, di natura elettromagnetica, senza massa "reale". Questo porta alla contrazione relativa parallela alla direzione di moto, I _ 1, spiegando l'esperimento di Michelson e altri risultati negativi, come quello di Trouton-Noble. La teoria si accorda con le deviazioni dei raggi β di Kaufmann, confermate più tardi da Guye e Lavanchy.
Einstein introduce l'elettrodinamica dei corpi in moto, eliminando asimmetrie di Maxwell e l'etere, poiché nessun fenomeno osservabile lega al "riposo assoluto". La parte cinematica definisce la simultaneità tramite orologi locali e segnali luminosi: tA + tB = tA' + tB', con velocità della luce costante c. I principi di relatività e costanza di c implicano relatività di lunghezze e tempi; un'asta in moto appare contraffatta in l' = l √(1 - v²/c²) dal sistema fisso, mentre gli osservatori reciproci la vedono invariata nel proprio. La trasformazione delle coordinate è x' = β(x - vt), t' = β(t - vx/c²), identica a quella di Lorentz, preservando l'invarianza delle onde luminose sferiche.
Si derivano contrazioni di lunghezze, dilatazione temporale t' = t √(1 - v²/c²) e composizione di velocità w = (v + u)/(1 + vu/c²), con c come limite superiore. Le equazioni di Maxwell si trasformano covarianti, simmetriche tra sistemi inerziali, incorporando correnti di convezione. Per un elettrone accelerato lentamente, la dinamica relativistica assegna masse m_l = m_0 / (1 - v²/c²)^{3/2} e m_t = m_0 / (1 - v²/c²)^{1/2}, estendibile a particelle cariche. L'energia cinetica è T = m_0 c² (1/√(1 - v²/c²) - 1).
Minkowski interpreta lo spazio-tempo come continuo quadridimensionale, con ipersuperficie c² t² - x² - y² - z² = 1 invariante sotto trasformazioni di Lorentz, formando il gruppo G_c. Introduce coni di luce, vettori tempo-simili e spazio-simili, tempo proprio τ = ∫ √(c² dt² - dx² - dy² - dz²)/c, e definisce quantità come impulso p = m_0 v / √(1 - v²/c²) e forza. Il postulato del mondo rende le leggi fisiche invarianti sotto G_c, spiegando la contrazione come effetto geometrico.
Nell'analisi, si discute l'esperimento di Michelson come conseguenza della teoria ondulatoria, con critica all'ipotesi di Lenard di due eteri. Poincaré adotta Lorentz con una forza supplementare per la contrazione, ma suggerisce di rivedere la definizione di lunghezza. Da Lorentz a Einstein, si passa da una teoria asimmetrica (con etere) a una simmetrica, con relatività elettrodinamica. L'etere diviene superfluo, sebbene alcuni lo reinventino. La simultaneità einsteiniana usa segnali luminosi, ma è ideale; il campo di validità è limitato a sistemi galileani, dove le leggi sono covarianti sotto Lorentz. Si esplorano vie matematiche per la trasformazione, come invarianza dell'onda o rotazioni immaginarie. Pseudo-paradossi, come il viaggiatore interstellare, escono dal dominio per accelerazioni non inerziali. La composizione di velocità spiega Fizeau. La dinamica di massa variabile di Painlevé generalizza la relativistica, con m = m_0 / √(1 - v²/c²) come caso semplice. Minkowski fonde spazio-tempo, ma osservatori "tagliano" sezioni 3+1; Einstein conferma significato fisico diretto delle coordinate.
Per la relatività generalizzata, Einstein postula covarianza universale: leggi valide in qualsiasi riferimento. In un disco rotante, la geometria non è euclidea, π misurato > π. L'intervallo ds² = g_{ik} dx^i dx^k caratterizza il campo gravitazionale via tensore di Riemann. Le equazioni del moto libero sono geodetiche d²x^i / ds² + {^i_{jk}} (dx^j / ds)(dx^k / ds) = 0. Senza materia, B_{ij} = 0; con energia, G_{ij} = -k T_{ij}. Nell'approssimazione newtoniana, si recupera ∇²φ = 4π K ρ. In campi statici, lunghezze radiali si contraggono, orologi rallentano, causando redshift; raggi luminosi deviano di 1.7" * vicino al Sole. Il perielio di Mercurio si sposta di *43"/secolo. Weyl unifica gravitazione ed elettricità in geometria di vicinato, con potenziale elettromagnetico φ_i e tensore F_{ik}, ma perde integrabilità delle lunghezze. L'universo chiuso è sferico, con costante cosmologica Λ = 1/R², massa M = 4π² R / k.
15. Generalizzazione del modello di Bohr e applicazioni quantistiche
Estensione delle condizioni quantistiche ai sistemi complessi e analisi della struttura fine negli spettri atomici.
Il blocco tratta l'estensione del modello atomico di Bohr a sistemi con più gradi di libertà, integrando correzioni relativistiche e principi di corrispondenza. Si parte dal confronto degli spettri di idrogeno ed elio ionizzato, dove "the spectrum of hydrogen can be compared with that of ionised helium (E = 2e), which also contains no more than a single electron", per evidenziare serie spettrali osservate da Lyman, Fowler, Evans e Paschen. Si considera il moto del nucleo, con il fattore di correzione del costante di Rydberg che permette di determinare il rapporto massa elettrone-nucleo, "about 1/1840, in perfect agreement with Millikan's direct determination". La generalizzazione alle condizioni quantistiche per sistemi conservativi è dovuta a Wilson, che postula integrali di fase multipli di h: "the integral ... is necessarily equal to an integral multiple of Planck's constant". Si analizzano oscillatori lineari e piani, recuperando "Wilson's condition ... the phase integral (calculated over a period) is an integral multiple of Planck's constant". Per il problema di Kepler, si discute degenerazione e criteri geometrici di Epstein, applicati al modello relativistico dell'atomo di idrogeno da Sommerfeld, che introduce la costante di struttura fine α e correzioni per doublets: "the relativistic correction consists of two parts", con valori calcolati e osservati per la serie di Balmer in accordo con esperimenti di Michelson, Fabry e Buisson. Il principio di corrispondenza di Bohr collega frequenze meccaniche e ottiche per stati con grandi numeri quantici: "the optical frequency in Bohr's interpretation agrees, in the limit, with the combined frequency ... in the sense of the classical theory". Si ritorna all'origine della relazione di Planck, derivata da entropia e atomicità dell'energia ε = hv, applicata a fotoelettrico e altri fenomeni. Infine, si criticano i modelli di Bohr per antinomie con la dinamica classica, come l'assenza di radiazione in stati stazionari, e si approfondisce il teorema di Bohr su energia cinetica e potenziale, con estensioni relativistiche.
Note sui riferimenti
Riferimenti principali: Ann. der Physik (1908, 1916); Nature (1922); Phil. Mag. (1914-1917); Astrophysical Journal (1896); Zeitschr. f. Physik (1923). Autori citati: Bohr, Wilson, Sommerfeld, Epstein, Schwarzschild, Planck, Poincaré.
16. La meccanica ondulatoria e le sue origini
Sviluppo della meccanica ondulatoria da de Broglie a Schrödinger e Heisenberg.
Il blocco tratta la transizione dalla meccanica ondulatoria di Louis de Broglie alla formulazione dell'equazione di Schrödinger e all'approccio matriciale di Heisenberg. Inizia con le condizioni quantistiche di Bohr-Sommerfeld legate alla risonanza dell'onda di fase, passa alla diffrazione degli elettroni da parte della materia, confermata sperimentalmente da Davisson e Germer nel 1927 con un cristallo di nichel, dove "la lunghezza d'onda della onda associata ha il valore" comparabile a quella dei raggi X, e da Thomson con polveri cristalline che producono anelli di diffrazione. L'ipotesi di de Broglie è confermata quantitativamente entro il 2%. Schrödinger, ispirato da de Broglie, cerca una relazione tra dinamica classica e propagazione ondulatoria, partendo dall'equazione di Hamilton-Jacobi e introducendo un'analogia ottica dove le superfici di azione costante si comportano come fronti d'onda con velocità normale "ds/dt = √[2T/(U+W)]". Assume onde sinusoidali con argomento lineare in V, coefficiente 2π/h, derivando la frequenza ν = W/h e la lunghezza d'onda λ = h / √[2m(U-W)], confermando la velocità di gruppo uguale a quella del punto rappresentativo. Costruisce pacchetti d'onde per sostituire il punto, validi per lunghezze d'onda piccole rispetto alla traiettoria. L'equazione d'onda di Schrödinger, "div grad ψ + (8π²m/h²)(U + W)ψ = 0", incorpora condizioni quantistiche e determina livelli energetici come autovalori, con soluzioni uniche, finite e continue. Nell'esempio dell'oscillatore lineare, U = (1/2)mω²q², porta a energie W = (n + 1/2)hν, introducendo numeri semi-interi in accordo con Heisenberg e spettri molecolari. L'analisi delle idee guida di de Broglie unisce onde e corpuscoli ispirandosi alla radiazione del corpo nero come "gas di fotoni", estendendo la dualità luce-materia tramite analogia tra principi di Fermat e Maupertuis, dove ogni corpuscolo è associato a un'onda che "accompagna e controlla il suo moto", spiegando la quantizzazione come onda stazionaria: "il moto elettronico è quantizzato quando l'onda corrispondente è stazionaria". La meccanica quantistica di Heisenberg, del 1925, costruisce un'analoga quantistica della meccanica classica usando solo quantità osservabili come frequenze, rappresentando variabili con matrici hermitiane non commutative, dove la frequenza è associata a transizioni tra livelli energetici Wm - Wn = hνm,n. Born e Jordan formalizzano con matrici, introducendo prodotti non commutativi xy - yx = (h/2πi)[x,y] dai brackets di Poisson. Dirac riformula usando la stessa regola, estendendo alle equazioni canoniche. Temi minori includono esperimenti di Rupp su elettroni veloci e effetti come Stark e Zeeman confermati da Schrödinger.
Heisenberg applica a oscillatore armonico e rotator, ottenendo semi-quanta per spiegare strutture spettrali, con condizione quantistica "h = 4πm ∑ |a(n,n+α)|² ω(n,n+α)" derivata dal principio di corrispondenza. La formulazione matriciale di Heisenberg, Born e Jordan parte dal postulato di Bohr, rappresentando coordinate qk come matrici ∑ qk|m,n| e^{2πi νm,n t}, con equazioni di moto dq_k/dt = (2πi/h) [W q_k - q_k W]. Dirac inverte il problema, associando non-commutatività a brackets di Poisson scalati da h/2πi, definendo [ξ,η] senza variabili canoniche.
17. Formulazione algebrica e ondulatoria della teoria quantistica di Dirac e de Broglie
Presentazione dell'algebra simbolica degli stati e degli osservabili in Dirac, con transizione alla formulazione ondulatoria di de Broglie e applicazioni relativistiche.
Sommario
Il blocco descrive l'algebra degli stati quantistici secondo Dirac, dove gli stati sono rappresentati da simboli come ψ, con ψ* come coniugato immaginario, e si stabilisce che "ψψ ha un significato" mentre l'addizione di ψ e ψ no. Gli stati normalizzati soddisfano ψψ = 1, e la probabilità di accordo tra due stati normalizzati ψ_r e ψ_s è |ψ_rψ_s|^2. Gli osservabili sono simboleggiati da α, con prodotti come αψ che rappresentano stati, e si definiscono addizione e moltiplicazione non commutativa: "(α_1 α_2)ψ = α_1(α_2 ψ)". Per stati puri, αψ = aψ indica un autostato con autovalore a, e il valore medio è ψαψ. Si introducono autovalori come risultati possibili di misurazioni, con postulato di ripetibilità, e stati ortogonali se ψ_1ψ_2 = 0. Il postulato di sviluppo in serie permette di espandere ogni ψ in aut simboleggiati di un osservabile arbitrario. Per osservabili commutanti [α, β] = 0, esistono aut simboleggiati simultanei, e funzioni di essi formano un osservabile unico. La probabilità di un risultato a per α in stato ψ è data dallo sviluppo ψ = Σ c_i ψ_i, con P(a) = |c_a|^2, verificando Σ P(a) = 1. Dirac passa poi alle rappresentazioni numeriche: stati fondamentali ψ_p, con ψ = Σ a_p ψ_p, e osservabili come matrici α_pq, recuperando la regola di Heisenberg. Per indici continui, si usa la funzione δ di Dirac, con ψ = ∫ a_p ψ_p dp e αψ_q = ∫ ψ_p dp α_wp q. Si considerano rappresentazioni basate su insiemi completi di osservabili commutanti, con funzioni di trasformazione |<ξ'|η'>|^2 come ampiezza di probabilità, interpretata come "la probabilità che le ξ abbiano i valori ξ' quando si sa che le η hanno i valori η'". Il testo transita alla formulazione ondulatoria di de Broglie, con funzioni complesse f(x,y,...) normalizzate N(f) = ∫ f* f dτ = 1, prodotto scalare (f,g) = ∫ f* g dτ, e ortogonalità se (f,g) = 0. In spazio di Hilbert, ψ = Σ c_i φ_i con c_i = (φ_i, ψ), e operatori hermitiani A con matrici a_ki = ∫ φ_k* A(φ_i) dτ. L'equazione Aφ = aφ ammette autofunzioni per valori reali a, con spettro continuo trattato via δ di Dirac. I principi riducono la meccanica ondulatoria a quantizzazione (valori possibili sono autovalori) e decomposizione spettrale (probabilità |c_i|^2 o ∫ |c(a)|^2 da per intervalli continui). Infine, si affronta l'elettrone relativistico in Dirac: equazione lineare iℏ ∂ψ/∂t = c α · p ψ + β m c^2 ψ, invariante sotto Lorentz, che implica il momento magnetico e spin dell'elettrone. Soluzioni a energia negativa interpretate come positroni via principio di esclusione di Pauli, con "vuoto perfetto" come stati negativi occupati e positivi vuoti; processi di creazione e annichilazione di coppie e⁺ e⁻ da γ > 2 m c^2. Il blocco tocca temi minori come matrici hermitiane per osservabili reali, rappresentazioni ortogonali, e passaggi tra rappresentazioni via funzioni di trasformazione, culminando in conferme sperimentali del positrone da raggi cosmici e collisioni.
18. Asimmetria tra spazio e tempo nella teoria quantistica e complementarità di Bohr
Esplorazione delle limitazioni relativistiche nella meccanica quantistica e dei principi complementari per la descrizione dei fenomeni atomici.
Il blocco di testo affronta l'asimmetria tra variabili spaziali e temporali nella teoria di Dirac e nella meccanica ondulatoria, evidenziando come "the time variable plays a part which is quite different from that of the space variables" (la variabile temporale gioca un ruolo completamente diverso da quello delle variabili spaziali), rendendo le definizioni non relativistiche poiché "such definitions are not relativistic" (tale definizioni non sono relativistiche). Si propone l'uso di domini spazio-temporali per autovalori e integrali, ma ciò porterebbe a "an entirely static physics in which all evolution in time would be forbidden" (una fisica interamente statica in cui ogni evoluzione temporale sarebbe proibita), preservando il tempo come parametro evolutivo che rompe la simmetria relativistica. Si menziona la polarità dello spazio-tempo, con linee del mondo inclinate verso la direzione temporale, e si dubita di una riconciliazione tra relatività e quanti tramite uno spazio-tempo indissolubile di Minkowski. Ulteriori aspetti includono relazioni di incertezza supplementari per la componente temporale, come "ΔW · Δt > h" (ΔW · Δt > h), che esprimono incertezze minime in energia e momento, con un significato diverso per l'osservazione in intervalli temporali finiti.
Il testo passa poi alla discussione dei principi della meccanica quantistica, focalizzandosi sulla complementarità di Bohr, che limita i concetti classici dei fenomeni atomici imponendo discontinuità dal quanto di Planck, obbligando ad abbandonare descrizioni causali e spazio-temporali immediate poiché "any observation of atomic phenomena implies a finite interaction with the instrument of observation" (qualsiasi osservazione dei fenomeni atomici implica un'interazione finita con lo strumento di osservazione). I concetti di tempo e spazio perdono significato immediato senza interazioni, mentre con esse la causalità univoca svanisce; Bohr propone di vedere descrizione spazio-temporale e causalità come "complementary but mutually exclusive aspects" (aspetti complementari ma mutualmente esclusivi). Si esplora l'opposizione tra immagini corpuscolari (W, p) e ondulatorie (ν, λ) nelle equazioni fondamentali, con gruppi di onde che introducono incertezze heisenberghiane come "Δt ΔW = Δx Δpx = h/2" (Δt ΔW = Δx Δpx = h/2), simboleggianti la natura complementare. Il dilemma tra onda e particella è risolto come concezioni complementari, non contraddittorie, indispensabili per generalizzare la descrizione classica, con astrazioni come particelle libere viste come "idealizations" (idealizzazioni) per intuitività. Infine, si contrappone la "legality" classica alla "semi-legality" quantistica, definendo osservazioni massimali incomplete per non commutatività, con previsioni tramite operatori U(t) e postulati di prevedibilità e stabilità, arrivando a equazioni differenziali per l'evoluzione.
19. Discussione epistemologica sulla realtà in meccanica quantistica e differenza tra ragionamento astratto e intuitivo
La disputa tra Einstein e Bohr sulla completezza della meccanica quantistica e il ruolo dei modelli nella fisica atomica.
Sommario
Il blocco affronta la critica di Einstein alla meccanica quantistica, paragonata a un "gioco di dadi" ma con enfasi sui "pure cases" come punto di convergenza tra dottrine classiche e quantistiche, dove la certezza è di tipo classico, distinta dalla sovrapposizione di stati che modifica solo la conoscenza, come nota Heisenberg. Si distingue la certezza diretta dei casi puri da quella derivata da misurazioni multiple, arrivando a un compromesso tra probabilità pura e concezione einsteiniana, con la "realtà" quantomeccanica come complesso partecipante a entrambe. Bohr respinge il criterio di realtà di Einstein, insistendo sulla scelta libera di misurare quantità complementari come posizione o momento, che giustifica la descrizione quantistica come "utilizzazione razionale delle possibilità di interpretazione compatibili con l'interazione finita e controllabile tra oggetti e strumenti di misura". Si esplora l'epistemologia: per Einstein, esiste una rottura tra teoria e realtà oggettiva indipendente, mentre Bohr nega una distinzione netta tra fenomeno e strumento a causa della quantità finita di azione quantica; de Broglie difende l'oggettività, criticando l'uso dei termini soggettivo-oggettivo e concludendo che una descrizione della realtà indipendente dai mezzi di osservazione è "strettamente impossibile". Dirac enfatizza l'inutilità di descrizioni che uniscano onde e particelle in interazioni classiche. Emerge un compromesso tra tesi di Einstein e probabilità pura, rinunciando a cogliere simultaneamente aspetti complementari.
La sezione passa alla differenza tra ragionamento astratto e intuitivo in meccanica quantistica, con de Broglie che contrappone gli "intuitifs", che basano le teorie su rappresentazioni concrete come l'atomo come "piccola palla" o il modello planetario di Bohr, agli "abstraits", per cui la teoria è solo relazioni matematiche tra fenomeni osservabili, come le equazioni di Maxwell senza modelli. Sebbene gli astratti sembrino giustificati nel dominio atomico, dove le percezioni sensoriali non valgono, i modelli hanno giocato un ruolo prezioso nella scienza classica, come l'ipotesi molecolare per la termodinamica o l'etere di Fresnel prima di Maxwell; tuttavia, salti quantici e relazioni di incertezza di Heisenberg rendono i modelli simbolici, con l'elettrone presente in tutto l'atomo secondo una funzione d'onda. Senza l'ipotesi atomica e il modello di Bohr, la meccanica quantistica non sarebbe emersa, e il progresso scientifico richiede immagini intuitive, pur con il rischio di estrapolazioni fallaci dal macroscopico al microscopico. De Broglie conclude giustificando entrambi gli approcci: gli astratti hanno ragioni forti, ma gli intuitivi rendono il progresso possibile.
Note
Riferimenti: Physical Review, Vol. 49, 1936, p. 240; Vol. 48, 1935, p. 696; Physikalische Prinzipien der Quantentheorie; Les idées nouvelles introduites par la mécanique quantique, L'Enseignement mathématique, 1933; Continu et discontinu en physique moderne, Paris (Albin Michel), 1941, p. 91 et seq.; Theorie physique (Duhem); Principles of Quantum Mechanics (Dirac).
20. Elenco bibliografico di contributi scientifici
Riferimenti a pubblicazioni storiche e contemporanee in fisica, matematica e relatività.
Il blocco raccoglie un elenco frammentario di citazioni bibliografiche, con identificativi numerici da 9842 a 9933. Esso include riferimenti a opere di autori come Dirac, Einstein, Eddington ed Ehrenfest, focalizzati su meccanica quantistica, relatività e principi matematici. Si menzionano pubblicazioni in riviste quali Annalen der Physik e Proceedings of the Royal Society, con dettagli su volumi, pagine e edizioni, ad esempio "Zur Elektrodynamik bewegter Körper" di Einstein in Annalen der Physik, vol. 17, 1905, p. 891, che tratta la relatività speciale. Temi minori emergono in contributi su fluidi e moto, come "Principes generaux de l'etat d'equilibre des fluides" del 1755, p. 217, e su ottica con Fermat, citato in Œuvres complètes edite da Tannery e Henry. Ulteriori riferimenti storici includono Eratosthenes e Erasme, mentre testi moderni come "Can quantum mechanical description of physical reality be considered complete?" del 1935 esplorano i limiti della quantistica. Il sommario evidenzia una progressione cronologica da opere del XVII secolo a quelle del XX, con enfasi su fondamenti teorici: "Die Grundlage der allgemeinen Relativitätstheorie" in Annalen der Physik, vol. 49, 1916, p. 769, delinea la relatività generale. Non emergono suddivisioni tematiche esplicite, ma il tutto forma un indice di fonti per studi fisici.
Indice dei contenuti 21
Sviluppo della meccanica classica dal XVII al XIX secolo.
Sommario
Il blocco di testo delinea l'evoluzione storica della meccanica, partendo dalla meccanica di Descartes e Pascal nel XVII secolo, con sezioni su "Descartes' statics" (10564) e "Pascal's hydrostatics" (10569), per passare alle leggi d'impatto studiate da Wallis, Wren, Huyghens e Mariotte, come in "The laws of impact (Wallis, Wren, Huyghens, Mariotte)" (10570). Si approfondiscono i contributi di Newton, con focus su "The newtonian laws of motion" (10589) e "The universal attraction" (10596), e di Leibniz, che introduce concetti come "Living and dead forces" (10602). La Parte III organizza i principi nel XVIII secolo, trattando il principio del lavoro virtuale di Jean Bernoulli (10610) e la controversia sulle forze vive (10614), fino a Euler e d'Alembert, con "D'Alembert's principle" (10622) e il principio dell'azione minima (10626), che include obiezioni cartesiane e polemiche (10635). La Parte IV esplora sviluppi post-Lagrange, come la meccanica di Laplace (10687), il principio del vincolo minimo (10694) e la dinamica analitica di Hamilton e Jacobi (10705), con enfasi su teoremi di Coriolis (10699) ed esperimenti di Foucault (10701). Temi minori emergono in idrodinamica, con Clairaut (10643), Daniel Bernoulli (10651) e perdite di energia in fluidi (10657), e in attrito e resistenza, trattati da Coulomb (10664) e Borda (10660).